CAPITOLO IV - IL MOSTRO E IL MAESTRO

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L'oscurità venne rischiarata dalle stelle che puntellavano il cielo notturno

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L'oscurità venne rischiarata dalle stelle che puntellavano il cielo notturno. Vanni si tirò a sedere, con le articolazioni che scricchiolavano a quel movimento brusco. Lanciò un'occhiata alla sua destra e alla sua sinistra, la Fortezza era nuovamente un cumulo di macerie annerite. Alba, seduta compostamente dinanzi a lei, allungò leggermente il capo nella sua direzione. Non sembrava preoccupata.
«C-Cosa è successo?» chiese, scostandosi i capelli ancora umidicci dagli occhi.
«Shira.» replicò lei, lapidaria. Le labbra rosse che fremevano.
«Shi-che?!»
«Shira.» ripeté Alba «È la memoria insita nel sangue, uno scorcio del passato del tuo creatore. Succede a tutti noi, tesoro.» e così dicendo si levò in piedi, rivolgendo lo sguardo verso ovest.

E così non si era trattato semplicemente di un sogno, ma di veri e propri ricordi che avevano ripreso vita nell'onirico. Non avrebbe mai immaginato che il più irriducibile difensore degli strigoi un tempo fosse stato non solo un cavaliere, ma persino un guerriero a servizio del Culto. Vanni cercò nella sua testa altre memorie, ma non le ci volle molto per constatare che, a parte la visione, non v'era nient'altro sulla vita di Samael.

Si rialzò, le gambe meno rigide di quanto le ricordasse, mentre un suono di passi si faceva sempre più vicino: la Principessa Elena camminava innanzi, il portamento fiero nonostante gli abiti dimessi; mente Samael la seguiva dappresso, con l'attitudine rigida e tesa di un vecchio soldato. Elena la squadrò per un attimo, giungendo le mani sul ventre.
«Alba, ci sono importanti novità: sembra che nel Bosco Sacro vi siano stati alcuni sconvolgimenti, tali da far vacillare la loro ostinata neutralità. Convincili ad unirsi alla nostra causa.»
«L'ultima volta non mi sono sembrati troppo felici di vedermi.» obbiettò Alba, inclinando il capo.
La Principessa sbarrò gli occhi, serrando le labbra.
«Vado, vado...» sospirò esasperata, lasciando l'accampamento di gran carriera.
La donna la seguì con lo sguardo, prima di rivolgersi al Principe.
«Samael, assicurati che sia pronta. Partirete all'arrivo di Azzan.»
«Certo, Elena.» rispose lui, con un cenno del capo.
La Principessa si allontanò, fra le ombre dei ruderi: il suo sguardo si posava su quelle rocce con una punta di amarezza, Vanni poteva percepirlo. Per gli strigoi cosa significava quell'ammasso di pietre? Chissà, forse un giorno lo avrebbe scoperto... ma adesso aveva altro a cui pensare: Samael era lì in piedi con le unghie già mutate in affilati artigli neri.
La ragazza comprese l'antifona e cominciò a frugare intorno.
«Cosa sta aspettando?» le chiese, inarcando un sopracciglio.
«Cerco un'arma.» replicò Vanni, setacciando i bagagli degli Inquisitori.
«Non ne hai bisogno, sono arnesi utili solo agli umani.» la rimbeccò il Principe.
«Se sono questa formidabile macchina di morte a mani nude, immagina cosa posso fare con un pezzo di ferro in mano.» rispose lei, tendendo le labbra in un mezzo ghigno.
L'espressione dello strigoi si addolcì. «Ottima risposta, ragazza.» con un gesto del piede scostò il cadavere dell'inquisitore biondo, prendendogli l'enorme spada che non aveva avuto occasione di brandire.
«È troppo pesante per me, non riuscirei ad usarla.»
«Ne sei sicura?» esclamò Samael, lanciandogliela come fosse un comune bastone. I riflessi di Vanni scattarono in un attimo e la sua mano si serrò intorno all'elsa: l'acciaio era incredibilmente leggero; non solo riusciva a destreggiare quella lama, ma poteva farlo utilizzando una mano sola!
«Te l'ho detto,» riprese lo strigoi, compiaciuto di fronte al suo stupore «non sei più umana.»
L'eccitazione prese a pizzicarle sottopelle, riaccendendo i suoi sensi. Le sembrava passato un secolo dall'ultima volta in cui aveva fatto un po' di esercizio. Si slanciò verso Samael, calando un fendente in direzione della sua spalla, fendendo l'aria con un basso fischio; ma lo strigoi si scostò all'ultimo e tentò di artigliarle il viso. Vanni levò il braccio sinistro e si ritrasse con uno scatto fulmineo, assumendo la posizione di guardia.
«Sei agile, hai riflessi pronti,» riconobbe Samael «ma continui a sottovalutare la tua forza fisica. Devi imparare a pensare come una strigoi!» e ciò detto portò avanti il suo attacco: gli artigli le ferirono la guancia e scavarono un affondo nel suo ventre, scagliandola un paio di metri all'indietro. L'impatto con il terreno lo avvertì appena, ma le ferite – quelle sì – bruciavano, mentre i suoi tessuti si andavano rapidamente rigenerando. Si diede una spinta coi reni, ritrovandosi nuovamente eretta in un batter di ciglia.

Mentre gli scambi si alternavano e Vanni, lentamente, scopriva quanto questo nuovo corpo esaudisse ogni azione immaginata dal suo pensiero, i ricordi degli allenamenti con Titus le tornarono alla mente: i suoi movimenti spesso incauti, impacciati dall'armatura e la voce del vecchio Ianus che correggeva ogni loro errore, fendente dopo fendente, parata dopo parata. Con la testa piena di tristezza e rabbia per quei giorni ora lontani, la sua lama affondò con veemenza, passando da parte a parte Samael.
Si ritrasse, inorridita. Lo strigoi sputò un grumo di sangue scuro, prima di sfilarsi l'arma fuori dalle viscere con invidiabile non-curanza.
«S-scusa, scusa, i-io-» balbettò Vanni, alzando le mani.
«Tranquilla, ragazza.» la rassicurò, porgendole l'arma adesso intrisa di nero viscoso. La ferita sull'addome s'era già richiusa, lasciando scoperto un lembo di pelle grigia, «Credo che per stanotte possa bastare.»
Vanni rimase di stucco, abbassando la spada. Come poteva il terribile Principe delle Tenebre essere lo stesso comprensivo maestro che ora si ritrovava davanti? E, soprattutto, perché tanta gentilezza nei suoi riguardi? Non aveva dimenticato... nelle prime confuse immagini della sua nuova vita rammentava quella carezza lungo la guancia. Forse era una cosa insita nella natura degli strigoi, eppure Elena non appariva altrettanto calorosa con Alba. Fu quasi tentata di chiedergliene ragione, mentre si accoccolava vicino al fuoco e prendeva a sfogliare un vecchio tomo con le dita tornate umane. Ma poi desistette: riconosceva la natura riservata del suo signore. Inoltre quanto sarebbe parsa strana quella domanda? Ne avrebbe forse scatenato l'ira? No, non voleva rischiare.

 Inoltre quanto sarebbe parsa strana quella domanda? Ne avrebbe forse scatenato l'ira? No, non voleva rischiare

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