Prologo: Nato dal sangue

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Silenzio.

Silenzio e tenebre.

Non c'è altro ad avvolgere quelle lande desolate: niente aria, niente mutamenti.... niente vita.

Tutto ad un tratto, un rumore: un fievole suono che si disperde tra rocce e crepacci in un oblio senza fine. Dura solo qualche istante, poi tutto cessa e ritorna allo stato precedente, per poi essere interrotto nuovamente dalla stessa anomalia in un ciclo che sembra infinito. La causa è una stalattite rossa situata in una delle caverne più profonde.

Secerne continuamente un liquido che alimenta a intervalli regolari uno specchio di acqua scarlatta sottostante. Non si sa a chi appartenga il fluido, tutto ciò che è noto è come sia l'unica variabile in un mondo morto che pare immutabile.

Le gocce cadono, continuano a cadere, poi è qualcos'altro a sollecitare la superficie piatta della pozzanghera. C'è un movimento improvviso al suo interno, poi un altro e un altro ancora facendo bollire il laghetto fino a farlo eruttare come un geyser.

L'intera cavità diviene rosso sangue, ma nonostante tutto la pozza si ricrea e qualcosa ne emerge: una mano rossa senza pelle e senza unghie che si aggrappa alla pietra per trascinare fuori una creatura bipede.

Una volta fuori e all'asciutto, l'essere si alza in piedi rivelando il suo corpo senza volto o un qualsiasi segno distintivo. Non ha neppure occhi e orecchie, ma riesce a percepire il nulla che lo circonda grazie a delle spore che lo avvolgono.

Prova a fare un passo, ma la sua gamba è priva di ossa, perciò non riesce a reggere il peso e lo riporta sul freddo pavimento roccioso dove una stalagmite appuntita gli trapassa la testa.

Un danno del genere avrebbe ucciso ogni essere vivente, eppure lui si rialza e nonostante il buco cerca di proseguire, crollando nuovamente su sé stesso.

L'individuo non si arrende e continua a tentare, finché dopo l'ennesima caduta rimane immobile ponendo definitivamente fine al chiasso che si era generato.

Tutto riprende il suo ritmo e ritorna il silenzio scosso solo dalle gocce della stalattite, poiché quel luogo non sembra volere la vita e istintivamente cerca di estinguerla prima che possa mettere su radici.

Tuttavia dopo un quasi infinito ciclo di secrezioni del liquido rosso, l'evento si ripete e un'altra creatura si trascina via dopo un potente zampillo.

Anche questa si alza in piedi e prova camminare, ma la sua carne rimane solida e a riesce a compiere dei passi nell'antro della grotta; incontra anche il precedente essere che un tempo indefinito prima ha provato ad attraversare il corridoio roccioso. Il cadavere è diventato verde e alcune parti sono mancanti, come se fossero state strappate via.

Il nuovo arrivato prosegue finché non trova una parete scalabile con ai suoi piedi innumerevoli esseri ridotti nello stesso stato del precedente, sicuramente periti nella caduta.

Nonostante il chiaro avvertimento, la creatura affronta la prova sfruttando per la prima volta i suoi muscoli e la sua mobilità, ma lo sforzo non basta e precipita, atterrando sui resti di chi ha tentato prima di lui, per poi giacere su un tappeto di morte per dei minuti contemplando il fallimento e la meta sopra di sé.

Spinto dall'istinto e dal desiderio di uscire dalla grotta, si rimette in piedi e si riaggrappa alle sporgenze per salire.

La scalata è dura e ogni sollevamento è arduo per un corpo nato da nemmeno un'ora e al suo primo vero atto fisico, però pietra dopo pietra avanza lentamente.

Continua a salire per minuti, una sporgenza alla volta, finché le forze non lo abbandonano a venti metri da terra. Da una simile altezza è impossibile sopravvivere e manca troppo poco per fermarsi proprio in quel punto, ma ormai le energie sono finite.

L'essere comincia a perdere la presa e scivolare nel baratro, ma contro ogni previsione conficca i suoi stessi arti sulle pietre più appuntite per evitare di rendere vano tutti gli sforzi compiuti. Compie delle azioni tanto disperate con una totale disinvoltura e naturalezza, come se fosse incapace di avvertire il dolore delle ferite o ne ignorasse l'esistenza.

Sacrificando la sua carne, finalmente supera la distanza rimasta e intravede in lontananza una luce arancione generata da una fiamma che pare sia emessa dal suolo.

Avendo le gambe trafitte numerose volte, quando prova a camminare verso il bagliore, si riduce in pezzi. Tuttavia deciso ora più che mai a volerlo toccare con mano, si trascina con le braccia ancora leggermente integre, avanzando però solo di pochi passi prima che anch'esse si strappino.

Senza più niente con cui muoversi, anche questa forma di vita sembra destinata ad aggiungersi al grosso mucchio di coloro che sono rimasti intrappolati per sempre nelle profondità. La resa però non è contemplata e tenta di avanzare strisciando con il suo tronco, finché non conficca ripetutamente anche la testa sui sassi pur di percorrere qualche altro centimetro.

Dopo minuti interminabili e gli atti più estremi, si avvicina alla fonte dell'illuminazione quel tanto che basta per potersi far avvolgere dal calore. Ha gli arti sia inferiori che superiori completamente distrutti o raschiati via dalle schegge, mentre del capo non resta altro che un ammasso gelatinoso, ma nonostante tutto adesso è capace di toccare il suo obbiettivo.

La creatura fa un ultimo sforzo per sentire la fiamma, e un attimo prima di riuscirci, viene perforato e avvolto da un lungo tentacolo verde che lo solleva da Terra.

<<La vostra tenacia continua a sorprendermi>>sussurra una voce

La stretta è d'acciaio e l'essere non ha più il vigore per liberarsi, pertanto il viaggio pare ormai giunto ad un triste esito, però dopo pochi secondi tutto termina e le membra andate perdute vengono rapidamente rigenerate, mentre il corpo riprende ad avere nuovamente una forma.

<<Ora... Parla>> 

Le Cellule Del Tormento Volume 1: CoscienzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora