Capitolo 2

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Quando si era resa conto che fosse giunto il momento di andarsene, di scappare da tutto quello, lei non l'aveva fatto.

Era rimasta, si era lasciata andare al suo tocco, alle sue parole, alle sue carezze, al suo fiato caldo e alle sue labbra affamate di desiderio.

Aveva deciso di smettere di correre, almeno per quella sera: di fermarsi di fronte all'inevitabilità della perdita, di arrendersi al tocco della vita e a tutto ciò che lui rappresentava per lei.

Perché non aveva tempo per pensare.
Non aveva più tempo per sentirsi in colpa.
Non c'era più tempo.

Quando, tuttavia, quella mattina si accorse di non essere sola, ma nuda, stretta all'uomo che quella notte le aveva strappato gemiti sommessi e sospiri lieti, si risvegliò di colpo. Il tepore dell'amplesso svanì in un attimo, polverizzandosi come la certezza di una vita ancora da vivere.

Non si voltò a guardarlo, perché sapeva che non era trasformato.

Si chiese se lui fosse già sveglio, ma poi decise di non porsi più domande: si alzò dal letto e velocemente si rivestì.

«Tikki, trasformami.»

Quella notte, forse per la prima volta, si era fidata di un uomo.


Quando si svegliò, Adrien non indugiò troppo.
Sapeva che Ladybug non sarebbe mai rimasta con lui.
Raccolse i vestiti e con calma e pazienza li indossò di nuovo.
Il volto era disteso e le membra cedevano piacevolmente alla stanchezza.

Se la sentiva ancora addosso, però: avvertiva i capezzoli della ragazza che sfregavano sul petto, le sue labbra sulla bocca, sul collo, dietro all'orecchio, sul ventre e poi in basso, sempre più in basso, ancora più in basso.

«Sei soddisfatto, ragazzo? Hai avuto quello che volevi da anni, no?»

Nessuna parola dolce aveva vinto quelle labbra rosse, quella notte: solo parole sporche, colme di passione, di cupidigia, annebbiate dal desiderio insoddisfatto, dalla voglia di unirsi a lei anche solo per una volta.

Ladybug, sei così...

Ma nessun "ti amo", nessun "amore mio".

Non dirlo, ti prego: spingi soltanto.

«No, non potrò mai essere soddisfatto.»
Perché era stato solo sesso.

Ladybug atterrò sul balcone di casa sua.
Era l'alba, ma il movimento nelle strade non si era mai placato.
Si gettò malamente sul letto, mentre pronunciava la formula di detrasformazione.
Non aveva dormito quella notte, ma non era stanca.
Così decise di farsi una doccia.

«Copriti quello, Marinette. Stasera devi cenare con gli amici.»

La ragazza si osservò allo specchio: Tikki le stava indicando un punto sulla mascella.
Spiccava un piccolo livido rosso sulla pelle pallida.
La ringraziò, lei non se ne sarebbe accorta altrimenti: non si sarebbe guardata allo specchio, altrimenti.
Si introdusse nella doccia e azionò il getto d'acqua.
Si insaponò.
Non aveva voglia di lavarsi i capelli di nuovo.
Il vapore la travolse, e quel calore e quel profumo di vaniglia le risvegliarono i sensi.

E sentì, ancora una volta, di essere viva.
Ma ancora per poco.

Continuò a strofinare con la spugna ogni angolo del corpo, talvolta con delicatezza, talvolta con veemenza scattante.

Tutto la riportava a quella notte, e più cercava di non pensarci, di non pensare affatto, più le sembrava impossibile seguitare a ingannarsi.

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