Prologo + Capitolo 1

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A chi crede di non riuscire a rialzarsi
dopo una serie di cadute.
Il vostro sole tornerà a brillare.
















Prologo

L'estate era in assoluto la mia prima stagione dell'anno preferita. Adoravo i raggi del sole che riflettevano sulla mia pelle, facendola cambiare in una tonalità più scura. La sfumatura dei colori del mare durante il tramonto mi strappava sempre un sorriso, con esso il suono delle sue onde che emettevano tranquillità. Volevo che quel periodo dell'anno non finisse mai, era proprio quello il periodo in cui ero più felice, più spensierata, più libera.
Andare al mare con i miei due migliori amici era medicina per me, perché con loro non potevo far altro che divertirmi anche quando ero di cattivo umore. Ci schizzavamo l'acqua come se fossimo dei bambini, con le nostre risate che continuavano a fluttuare nell'aria calda e la gente che continuava a divertirsi. Le serate passate a cantare attorno al falò erano arte, proprio come la musica.
La musica era per me una fonte di liberazione perché potevo esprimere il modo in cui mi sentivo in quell'istante; insieme al disegno erano casa.
Non mi sarei mai aspettata che semplici piccolezze mi facessero stare così bene, erano così belle. Quel periodo di spensieratezza non durò molto, questo da quando Mattia entrò a far parte della mia vita, facendomi vivere momenti belli e di incertezza allo stesso tempo.




Capitolo 1

Era l'ultimo mese di liceo, ciò significava che dovevo essere contenta di non dovermi più svegliare presto per arrivare in tempo a prendere l'autobus e non dover più rivedere i professori; anche se in fondo, il pensiero dei ricordi, iniziavano già a farmi sentire la loro mancanza.

DRIIIN!

Ah dimenticavo: non avrei dovuto più sentire la sveglia al mattino presto!
Mi alzai dal letto ancora assonata, presi il cellulare, aprii WhatsApp per dare il buongiorno a Antony come ogni mattina e iniziai a prepararmi per andare a scuola consecutivamente. Ogni mattina, prima di andare a scuola, facevo colazione al bar in compagnia di Antony e poi ci spostavamo con il suo motorino verso scuola. Dopo essermi vestita con un jeans chiaro e una semplice maglietta bianca, presi lo zaino preparato la sera prima con tutto l'occorrente scolastico e scesi in cucina, dove trovai mia madre a fare colazione con il suo solito caffè alla nocciola.

«Buongiorno tesoro» disse, dandomi un bacio sulla fronte.
«Buongiorno» risposi.
Quella mattina sembrava particolarmente allegra. Chissà, magari la festa a cui era andata la sera prima insieme a papà le avrà fatto bene. «Vai, altrimenti rischi di perdere di nuovo l'autobus» mi raccomandò salutandomi con un cenno di mano.
«Corro! Ti voglio bene» risposi ricambiando il saluto.
Lei era sempre disponibile con tutti, a volte fin troppo. La sua grinta di mandare avanti la giornata nonostante qualche volta avesse dei momenti bui, il sorriso sempre presente in viso e l'amore verso la propria famiglia, erano ciò che per me la rendevano unica. Era il mio punto di riferimento, ma non costantemente.
Una volta uscita di casa guardai in fretta e furia l'orario sul display del cellulare: ero già in ritardo di dieci minuti.

"Spero che l'autobus non sia già partito", borbottai tra me e me senza smettere di correre. Arrivai alla solita fermata ma l'autobus era già lontano da dove mi trovavo io.
«Perfetto direi. Due volte in una settimana» dissi affannosamente per via del poco fiato che mi rimase a causa della corsa. La mia scuola si trovava nella mia stessa città e mi toccava prendere l'autobus per la distanza che la separava da casa mia; Catania era veramente grande.
Provavo ammirazione per essa per via di tutte le cose belle che erano situate in tutta questa imponente vastità: il verde di Villa Bellini insieme al suono della voce dei bambini che si rincorrevano gridando divertiti "ti ho preso!", l'allegria che emettevano i colori vivaci della via con gli ombrelli appesi nel cuore del centro storico, il fascino delle strutture architettoniche come quella della cattedrale di San'Agata.
Chiamai Antony per chiedergli se fosse disposto a venirmi a prendere con il motorino così da potere andare al bar senza perdere tempo. Mentre lo aspettavo mi sedetti in una panchina ad ascoltare un po' di musica con gli auricolari e a osservare le persone che passavano lungo la strada.

Osservare la gente... Notavo che ogni giorno una persona cambiava umore a seconda ciò che accadeva nel corso della giornata precedente o su ciò che succedeva nella giornata che si stava trascorrendo. E se esistesse un solo sentimento? La vita diventerebbe monotona se tutti vivessimo con lo stesso sentimento perché diventeremo tutti uguali per circa il settantacinque per cento.
Appena vidi Antony arrivare scoppiai in una piccola risata. Immaginavo già quello che mi avrebbe detto per aver perso l'autobus due volte in una settimana. «La solita ritardataria eh» disse, fermandosi con il motorino di fronte a me.
«La sveglia non è suonata» risposi ironicamente. Era la mia salvezza in tutto, era il migliore. Salii sul motorino, misi il casco nero con sopra raffigurato il disegno di una piccola fiamma rossa sul lato destro e ci dirigemmo verso il solito bar.

«Un cappuccino per favore» chiesi cortesemente al cameriere con un sorriso.
«Per me un cornetto al cioccolato e un caffè macchiato» rispose subito dopo di me Antony.
Quel bar era diventato il nostro punto d'incontro dal primo momento che, durante una mattina domenicale, l'odore dei cornetti appena sfornati penetrarono le nostre narici non appena passammo in quella via; o erano i cornetti migliori della città o qualsiasi cosa di dolce che mangiassi per me era squisito.
Aveva un arredamento vintage e i dipendenti accoglievano calorosamente i clienti non appena prendevano le ordinazioni.
Tra chiacchiere e lamentele per non voler andare a scuola come due bambini, finimmo la colazione e andammo alla cassa per pagare, per poi uscire dal bar subito dopo.
La distanza per arrivare a scuola non era molta. Strinsi fortemente Antony non appena aumentò la velocità moderata in cui andava poco prima e chiusi strettamente gli occhi per qualche secondo.

«Non osare più andare così veloce quando sono insieme a te sopra a quel coso!» pronunciai non appena arrivammo nel parcheggio della scuola. Antony sfilò il casco dal colore neutro e rispose alle mie parole con un semplice sorriso compiaciuto. Lo fissai per qualche secondo, sbuffai con un sorriso e mi incamminai verso la mia classe che si trovava al secondo piano, salutando nel mentre due ragazze di mia conoscenza.
Solitamente le ore scolastiche sembravano essere infinite, forse per le classiche lezioni noiose e il poco coinvolgimento da parte di alcuni insegnanti, ma oggi era uno di quei giorni in cui le lezioni erano stranamente interessanti da coinvolgere l'interesse di noi studenti.
Le ultime due ore erano quelle che adoravo per via del laboratorio di grafica che, a mio parere, erano molto rilassanti e distaccavano la mente dalle lezioni teoriche. Cinque minuti prima del suono della campanella finii la locandina a cui lavoravo ormai da quattro giorni.

Beh, forse quattro giorni erano tanti per la progettazione di una semplice locandina. Non cercavo di raggiungere la perfezione nei miei lavori, tenevo semplicemente alla mia piccola passione e tendevo a dare il massimo nel cercare idee originali, così schizzavo molte possibili proposte. Molto spesso non mi piacevano le idee che avevo in mente anche se mi sentivo dire il contrario da tutti i miei compagni di classe, o non mi convincevano del tutto, e questo era uno dei motivi per la quale impiegavo più tempo dato che ero abbastanza critica con i miei lavori.
Arrivai al punto di essere quasi del tutto soddisfatta del risultato finale. Il compito era quello di rielaborare una locandina già esistente delle varie mostre tenutesi presso il Castello Ursino. Ogni volta, dopo aver concluso un progetto, mi piaceva revisionare tutti i bozzetti e i passaggi fatti per arrivare al definitivo in digitale.

Misi in spalla lo zaino lasciato sul tavolo luminoso e tornai a casa con Maddy, una delle mie compagne di classe a cui tenevo particolarmente.
Era una delle poche che riusciva a farmi ridere sempre con le sue battute. A volte finivamo per litigare, ma risolvevamo l'incomprensione con delle parole e un abbraccio. Sapevamo entrambe che delle banali sciocchezze non potevano compromettere la nostra amicizia.
Aveva un anno in più di me, io ero la più piccola della classe. La lucentezza dei suoi capelli castani tendenti al biondo risaltava ancora di più i gran bei occhi color nocciola dalle lunghe ciglia scure.
«Ciao Maddy, ci vediamo domani.»
«A domani» rispose sorridendo.
Tornai a casa con gli auricolari nelle orecchie ascoltando Cin Cin di Alfa. Alla frase "mi ami o no" vidi una coppia dall'altra parte della strada darsi un bacio e sorridersi mentre aspettavano che il semaforo diventasse verde. I loro sguardi nel traffico, i loro scambi di sorrisi e la frase di quella canzone fecero intrufolare nella mia testa un unico pensiero: arriverà mai il mio vero lui? Si dice che le cose avvengono quando meno te lo aspetti, non ero alla ricerca di nessuno e tutto sommato stavo bene con me stessa, ma a volte, sentivo un vuoto che avrei voluto fosse colmato da qualcuno.

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