Capitolo 1-Cadaveri negli armadi

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1809,Parigi,Francia

Silenzio. I grilli cantavano in quella serata estiva di luglio. S'udivan mormorii dall'interno dei cafè. L'asfalto era leggermente inumidito,come i lampioni e i tetti dei palazzi. Uno scoppio. Tutto lungo la quiete. E in lontananza il manicomio di Salpêtrière veniva lentamente corroso dalle fiamme. E proprio dinanzi ad esso...un ragazzo. Gli occhi parevan infuocati nel contemplare le fiamme roventi, che corrodevano le membra dei morti. Eppur'egli sembrava pentito. Aveva usato una donna per fuggire da lì. E ora quella era morta. Un rivolo d'argento solcò la sua gota arrossata. I suoi occhi come specchi di muschio liquido.
Gli stivali del gendarme sguazzarono nelle pozzanghere. Caricò il moschetto. Peter sorrise. «Ammirevole, Hughes...davvero ammirevole. » Disse,asciugandosi la lacrima argentea. «Divertito, Carries?»Domandò, storcendo il naso. Peter si voltò.
« A fare cosa, esattamente?»sorrise.
Jeremiah fece una smorfia «A ucciderla»avvicinò la canna del moschetto al suo animo. Peter s'accigliò «io non l'ho uccisa.»Disse. Jeremiah contorse la mascella «Ah no? Il suo corpo è ancora là dentro. »fece un cenno alle fiamme roventi «e se fosse stato un'incidente,tu non saresti qui» sentenziò, puntando la canna del moschetto contro il suo petto scheletrico. «l'amavi davvero...» sospirò «non ha più importanza»ringhiò «ti ho fatto solo un favore »rispose. Jeremiah storse il labbro «lei non ti amava, e non ti avrebbe mai amato»disse. «Volevo solo uscire da lì, e...» s'interruppe «Cosa volevi? » Domandò agitando il moschetto. Cosa voleva? Voleva tornare a casa, voleva vedere sua sorella, voleva stringerla e dirle che gli dispiaceva, per tutto. «La libertà»rispose cinico. No, non era vero. Aveva mentito. Troppo orgoglioso per mostrare la propria umanità. «Cosa volevi?»puntò la canna contro il suo petto scheletrico. « La libertà»la sua voce tremò. «NON MENTIRMI. »gridò. «Cosa volevi? »sibilò a denti stretti. Rivoli lustri e madidi, scivolarono sulle sue guance scarlatte «mia sorella »la sua voce come un verso strozzato. L'aria calda e polverosa gli seccava la gola. Il fumo penetrò attraverso le sue labbra. Poi un suono. Il castano premette il grilletto. Il proiettile sfrecciò, bucando il tessuto di pelle bianca. Il sangue schizzò, macchiando quelle vesti sudice da quel colore scarlatto. Il corpo si sbilanciò. Dopodiché l'udì. Un campanile. Un rintocco, due, tre. Poi tutto all'istante venne ovatto. Il suo mirare sfocarsi. Chiuse i cigli. Grida funeste vorticavano intorno alle sue membra. Schizzi argentei e madidi sfrecciavano sulle fiamme. Una lacrima sfuggì dal suo occhio vitreo. Uno scoppio. Il buio.

******

Il lieve bagliore della candela irradiava la stanza.
Le sue membra eran stese ,lungo il lenzuolo. Il suo respiro irregolare. I suoi cigli tetri eran chiusi. I suoi capelli corvini , le ricadevano sulla schiena. La sua espressione corrucciata. La sua pelle diafana. Poi...un suono. Il cigolio della porta,che s'apriva. Il rimbombo del tacco lustro riecheggiava per tutta la camera «Rachel,svegliati »disse una voce. «Amily»biascicò. Alzò ,pigramente,la testa. Sollevò il braccio,e toccò il vetro del telefono. L'afferrò.
La luce del display l'accecò.
                                          04:22
              Lunedì 9 settembre

Sbattè i cigli «Amily...»riprese. La biondina si voltò. «Su! Avanti,alzati o faremo tardi.»esordì. Rachel si mise a sedere sul letto. Una stoffa tetra le colpí il viso. La coperta venne smossa dal tessuto dei Jeans,che Amily aveva lanciato. La biondina la squadrò. «Be'? Che ci fai ancora lì?»alzò un sopracciglio. Rachel corrugò la fronte «Ma sono le quattro del mattino »biascicò. Amily sospirò «Alex mi ha chiamata »disse. Rachel sbatté le ciglia «Ha notizie di Takashi? » Domandò mordendosi il labbro. «No»Rispose con espressione addolorata. Un rivolo d'argento solcò la gota della Doppelgänger. La biondina si sedette sul letto. La guardò ,e con fare materno, le asciugò la lacrima. «Se fosse morto? »mormorò. Amily sorrise «se fosse morto l'avremmo già trovato » ironizzò «e come tutti sappiamo,i morti non parlano, nè camminano. » Disse. «Comunque, mi ha detto che dovremmo vederci prima di registrarci al college. E ora vestiti.» s'alzò e uscì dalla camera.
Sbuffò. S'alzò. Si sfilò i pantaloni e la maglia del pigiama. Il suo corpo era smosso dal pungente fremito del freddo. Toccò la stoffa tetra della maglia. Rimembrava i suoi capelli. La indossò. Tastò il tessuto dei jeans. Si piegò. Fece scivolare le gambe all'interno di essi. I piedi toccaron il pavimento gelido. Rabbrividì. Si mosse in direzione dell'armadio. S'abbassò. Afferrò gli stivali di pelle nera. Fece attagliare le calze cinerine ai piedi diafani. Calzò le scarpe. Alzò lo sguardo. I suoi cigli eran vuoti e densi come quelli d'una bambola. La sua pelle bianca come la carta. I suoi occhi sgranati. I capelli spettinati. Le membra delicate. L'aria ghiacciata le seccava la gola. Deglutì.
Si voltò. «averte flamma.»
mormorò. Il bagliore sfavillò, poi si soffocò.
Sospirò. Prese la stoffa del cappotto ,agguantò il manico della valigia. La trascinò fuori dalla stanza.
Chiuse la porta in legno di noce. Si mise la mano in tasca. I polpastrelli fecero contatto, con il freddo ferro della chiave. L'afferrò. La fece penetrare attraverso la serratura. La rigirò.

La mano di carta-2.La maledizione del cacciatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora