«Ma che accidenti...»
Lo sguardo gli puntò il cofano. Si volse allarmato. Il candore dei lampioni illuminava la via. La carreggiata era deserta. Non vi era nessuno. Eppure. «tutto apposto?»
Una voce gli giunse roca alle spalle. Si volse scattante verso l'albero spoglio. Annaspò. La bianchezza della luce lunare s'abbatteva contro la sagoma tetra e nobile del giovane. Era d'una bellezza crudele. I capelli neri gli ricadevano sulla nuca. La pelle diafana gli conferiva un'aspetto angusto. Il naso una freccia aristocratica. Le labbra carnose e sensuali, tinte dal sangue. Il vano filtrava attraverso gli occhi floridi. Calò il mirar. Il tessuto scolorito era macchiato dal liquido disseccato. «Chi diavolo...» chiese il ragazzo. «Mi hai distrutto il cofano, io non posso rimanere qui, diamine! » imprecò. «Mi dispiace »si scusò lo sconosciuto. «Ma stavo cercando aiuto. Il telefono non prende qui »disse il moro.
«E tutto quel sangue? » trasalì angosciato. «Stavo tornando da una festa, la mia ragazza è appena morta»
S'avvicinò. Il minore indietreggiò. «Non sembri dispiaciuto» deglutì. «Non Lo sono» ammise. Di cosa doveva essere dispiaciuto? Di una ragazza che non esisteva? Ma non doveva saperlo. «Non l'amavi? »gli domandò. Il viro sorrise. «Diciamo che non ero più interessato.» piegò il labbro malizioso. Avanzò pericolosamente. E il giovane sospirò. «Chi sei tu?»gli incalzò. «Sono Peter» Aveva un'aria famigliare. «Immagino anche tu abbia un nome, vero?»insisté. «Luis» mormorò. Girò il profilo di lato, studiando L'ammaccatura. «Luis, I ragazzi come te non dovrebbero girare per una strada in mezzo al nulla.»
Il respiro gli accarezzava l'arco delle labbra carnose. «Io...» Faccio il cazzo che voglio, avrebbe voluto rispondere. Peter era vicino. L'affluvio di sangue gli invase le narici.Corpi smembrati giacevano al suolo. Le viscere eran lacerate. Il liquido cremisio era schizzato sul vetro e il tacco dello stivale batteva incessantemente sul gozzo d'un uomo. Lo sfilzò. «Andiamo via»affermò una voce pungente. Il tessuto del muscolo striato si rigirava viscido nel palmo. «Mh, hai ragione! Del resto questo posto è un vero mortorio!»ghignò.
Trattenne il respiro, al di sotto del bancone di marmo. Uscirono dalla locanda rossa. «Peter...» gli giunse all'orecchio. E lui era lì. Ed era ancora vivo.Lo spinse via. «Stai lontano da me» affermò pungente. Peter lo guardò stralunato. «Tu hai ucciso...Io ti ho visto » si tenne la testa tra le mani. Il Moro si passò una mano tra i capelli. «Sei un sopravvissuto, bravo» lo lodò cinico. Avanzò. Luis fece un passo indietro. «Sono stupito. Ma c'è qualcosa che mi sfugge...Come hai fatto?»gli domandò. «Non mi hai visto»rivelò. «Ero sotto il bancone...»
Peter increspò le labbra. «Be' Luis, grazie. La prossima volta controllerò anche sotto il bancone dei pub.»scherzò. Gli occhi del biondo eran lucidi come sassi lisciati dal mare. «Non era mia intenzione spaventarti »
Forse solo ucciderti. Gli balneò nel suo chiuso pensiero. «Sì, lo era »si oppose Luis. «Perché tu cerchi di ironizzare anche sulla tua evidente psicopatia»lo punzecchiò. Il moro piegò l'angolo della bocca. «Hai ragione, avevo altre intenzioni venendo qui »espresse. «Ma le avevi anche tu. »proferì. Luis fece una smorfia amara. «Ah sì?»gli chiese disinteressato. «Esatto tu mi desideri. »
Cosa diamine andava dicendo? Era matto. Non vi era altra spiegazione. «Non sapevo neanche fossi qui» esclamò scocciato. «Non ho la minima idea di chi tu sia. So solo che sei mentalmente squilibrato»affermò.
«Posso essere uno psicopatico, ma non puoi negarlo la mia voce, il mio aspetto, tutto questo ti eccita»proseguì, sopravanzando. La compostezza che avevano assunto le sue membra lo avevano lasciato spiazzato. La pelle era lucente come quella di una statua di marmo. Il volto ben definito. «E adesso vuoi baciarmi. »gli sussurrò. Il cuore gli accelerò per una ragione, alla quale non seppe dare un nome. Era davvero bello, e, trasalì. Si sporse, incauto nella sua direzione. La bocca premette sulle labbra carnose. S'udì uno scatto. La portiera s'era aperta.
Peter gli mise le mani sul torace, facendolo indietreggiare. L'orecchio sfiorò l'entrata della portiere. Lo fece voltare. Giacque sul sedile posteriore. Gli mise il ginocchio destro fra le gambe, lambendogli il collo. Luis Sussultò. «Karim...»mormorò flebile. Peter inarcò un sopracciglio. Karim, aveva già udito quel nome. Gli scostò la stoffa del maglione, scoprendo la pelle, e l'orrore gli si dipinse sul volto. Una volta astrale era stata incisa sulla curva del collo. Un lupo mannaro. No, non poteva esserlo. I licantropi non si lasciavano soggiogare dai vampiri, ma non importava. Doveva ucciderlo. Fece sfilare la lama del ferro dalla manica insudiciata. Non aveva scelta. La punta infilzò il cranio del giovane. Il grido gli squarciò la gola, facendo emergere dal palato il vertice dello stilo macchiato.
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La mano di carta-2.La maledizione del cacciatore
VampireLe dita della Doppelgänger erano sui ciuffi del giovane. Lui la tenne stretta. Un sospiro abbandonò le sue labbra. Intrecciò pigramente le ciocche dei suoi capelli dorati, che sotto il suo tocco parevan caldi e vivi, proprio come...La seta. Una gocc...