Capitolo 6 JONATHAN

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« Il corso sulla sicurezza del lavoro sui cantieri vi verrà offerto, non appena finirete di costruire il fabbricato, siete undici uomini ed esigo un lavoro perfetto.» gridò frustrato il capo .

Erano sei giorni che lavoravo per questa azienda e al contrario di ciò che avevo previsto non mi dispiaceva affatto, certo rispetto a San Diego questo paese non aveva niente a che fare.

Avevo una paga bassissima però questo lavoro mi teneva impegnato dieci ore al giorno , ma dopo aver finito le ore di lavoro torno a casa da solo e non riesco a non pensare alla mia vita perfetta , all'università di Medicina , al mio sogno distrutto e a ciò che non avrei mai ottenuto e che avevo sperato di ottenere e mi ero impegnato per raggiungere.

« Ragazzo stai facendo un ottimo lavoro, avevi già lavorato come costruttore prima?»

« No mai prima dora.» risposi credo ad un sorvegliante della sicurezza che interruppe i miei pensieri.

« Vieni dall'Inghilterra? Hai un accento straniero» chiese l'uomo che probabilmente non era nemmeno mai andato in Inghilterra.

« Vengo da San Diego , sono nato in California .» risposi aspettandomi una valanga di domande subito dopo.

« Come ti trovi qui allora?» domandò curioso lui.

La risposta era uguale per tutti quelli che me lo domandavano, non mentivo mai sulle mie origini perché sarebbe stato molto facile per qualcuno riuscire a scoprire la verità, dato che mia madre per molto tempo è stata una cittadina italiana.

« Sono qui perché dovevo venire a trovare dei parenti ed è stata un occasione per staccare un po' dalla vita piena e trafficata in California.» risposi in modo tranquillo e pacato facendo attenzione ai momenti che facevo. Indispensabile quando si mente è non dare a chi hai di fronte chiari segni di agitazione che potrebbe facilmente notare dal tuo corpo e i tuoi movimenti.

« Io darei di tutto per scappare da qui e cè chi ci viene a lavorare, la vita è fottutamente strana.» rispose l'uomo con chiari segni di dubbio e ciò voleva dire che non mi stava credendo e dovevo rimediare.

« Ma io sono molto legato alla vostra terra , sono nato qui e i miei genitori parlavano l'Italiano e il pugliese anche. » risposi sicuro del fatto che ora mi avrebbe creduto.

« L'avevo immaginato parli quasi perfettamente l'italiano. Comunque per oggi hai finito, domani bellamericano presentati qui alle otto. » rispose sorridendomi .

« Sarò puntuale, posso fare la doccia dentro?» chiesi asciugandomi il sudore che aveva impregnato tutti i miei vestiti e la mia fronte.

Questo posto e San Diego avevano due cose in comune il caldo anche quando non dovrebbe essercene e il mare che in ogni parte del mondo era bello ugualmente.

Tutte le docce erano libere ad eccezione di un ragazzo che occupava la prima , io e lui facevamo straordinari tutti i giorni e probabilmente era uno che aveva troppi pensieri che lo stavano uccidendo come me per accettare di lavorare così tanto.

« Jonathan dopo andiamo a farci una birra?» chiese quest'ultimo che avrebbe dovuto chiamarsi Marco.

Non volevo avere amici né conoscere e dare confidenza ad estranei sarebbe stato un rischio in più, ma non potevo nemmeno fare leremita perché prima o poi avrei destato sospetti.

« Si andiamo ,ma qui non cè nessuna festa , o discoteca? » chiesi pensando allalcol che molte volte mi riusciva a far sentire leggero .

« Ti porto io in un posto, niente birra , dopo una giornata di lavoro non basta.» rispose Marco accennandomi un sorriso.

Era un ragazzo dai tipici tratti pugliesi occhi e capelli scuri , aveva un fisico possente come il mio e anche laltezza era la mia. Ci differenziava il fatto che i miei occhi erano chiari , ma quelli li avevo presi da mia madre.

Gettai a terra le robe sporche sfilandomi anche i boxer , raggiunsi lacqua che era fredda come piaceva a me.

Lacqua fredda mi rilassava e mi faceva sentire un ragazzo normale in una doccia normale con dei pensieri normali.

Portai la testa allindietro e mi appoggiai ai mattoni ghiacciati della doccia , nonostante avessi gli occhi chiusi le immagini nella mia testa si presentavano ogni volta che li aprivo e da tempo anche quando li chiudevo e cercavo di non pensarci.

Ero perso , vivevo e lavoravo senza essermi realizzato e non sapevo fare nemmeno una dannata lavatrice, pensai guardando le robe sporche che avevo gettato a terra.

Non volevo buttare quella maglia era un suo ricordo e io lavevo messa per sudare , facevo solo cazzate .

Tirai un pugno al muro , cominciando a respirare faticosamente ne tirai altri e altri ancora per sfogare la mia adrenalina.

Gridai cercando di fermare le terribili immagini di sempre: la mia vendetta e i suoi occhi che rimanevano aperti senza più la luce di sempre , non cera più battito e attorno a mia madre una pozza immensa di sangue.

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