Era il Marzo del 2004, una mattina come le altre, tra il ventuno e il ventitré Marzo.
Quella mattina mi svegliai presto come facevo ogni giorno per andare a scuola. Feci colazione, mi preparai e andai a scuola, accompagnato da mia mamma.
Dopo la fine della ricreazione dovevamo fare lezione di ginnastica, e prima di iniziare chiedi alla maestra se potevo andare in bagno, lei mi chiese se era urgente e io gli risposi di si. Se potessi tornare indietro non gli avrei mai chiesto di andarci.
Uscì dalla classe e andai in bagno. Entrai e dietro di me c'era un ragazzo che chiuse la porta e mi spinse mettendomi con le spalle al muro.
Dalla tasca estrasse un coltellino e me lo puntò quasi vicino al viso. Non potete immaginare la paura che stavo provando in quel momento, e pensate che per me era la prima volta che provavo una paura di quel genere. Quando si è bambini le paure sono quelle delle punture, del dentista, degli incubi, e dei mostri sotto il letto, ma vedere un ragazzo che ti punta il coltello è diverso.
Mi iniziò a dire che gli dovevo dare quello che avevo nelle tasche, ma nelle tasche avevo un piccolo giocattolo e nulla più.
Poi mi guardò dritto negli occhi e mi chiese di abbassarmi i pantaloni, feci di no con la testa, lui me lo richiese e io gli feci di nuovo no con la testa. All'epoca non capivo perché mi dovessi abbassare i pantaloni, poi crescendo capii.
Dopo un po' si mise a ridere e disse che stava scherzando, io rimasi lo stesso con le spalle al muro, la paura mi aveva bloccato completamente. Poi lui mi toccò sulla spalla e mi disse che potevo andarmene. Mi scappava la pipì, e mentre la stavo facendo vedevo le mie mani tremare e iniziai a piangere, avevo il corpo invaso dalla paura.
Uscì dal bagno piangendo e tornai in classe, la maestra mi chiese perché stavo piangendo e io non gli dissi la verità, perché lui mi aveva detto che se dicevo a qualcuno di quello che era successo poteva far succedere cose brutte alla mia famiglia, così restai in silenzio.
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Tornai finalmente a casa, che per me è sempre stato e lo è ancora, un posto sicuro dove niente mi può succedere.
Mia madre per pranzo preparò pasta al sugo e polpette, quindi potete immaginare la mia felicità di fronte a tutta quella bontà.
Mi sedetti a capo tavola e iniziai a mangiare, ma mentre mangiavo sentivo qualcosa che non andava, non riuscivo a masticare bene, ed era la prima volta che mi succedeva una cosa del genere.
Mia madre pensava che stessi facendo i capricci perché non avevo fame, ma non era così, perché fame ne avevo ma non riuscivo a masticare.
Così chiesi di avere le polpette. Me le diede e diedi un morso, ma stava succedendo la stessa cosa, non riuscivo lo stesso a masticare.
A quel punto vedevo i miei genitori preoccupati, e così mia madre provò a fare l'ultimo tentativo. Mi fece la pastina, sperando che andasse meglio, ma la speranza che aveva svanì subito.
Di notte invece iniziai a sentirmi male, avevo la febbre molto alta e purtroppo ricordo molto poco di quella notte. Ricordo soltanto che ogni tanto aprivo gli occhi e vedevo seduti vicino a me i miei genitori.
Quella notte le cose sarebbero cambiate, non sarei più stato lo stesso di prima, mi aspettava una vita difficile, di dolori, e di altre paure.
Quella notte il piccolo Cristian che c'era in me è morto, la spensieratezza, la gioia, la felicità, stavano per svanire.
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Spazio Autore.
Scrivere questo capitolo non è stato facile, come non lo sarà con gli altri, ma ho deciso di portare avanti questa mia storia.
Purtroppo la vita non è sempre tutta rose e fiori, certe volte ti si presentano situazioni più grandi di te. E non è sempre facile affrontarle e andare avanti.
Lasciate una stellina e un commento se vi va. ❤️