Dodicesimo Capitolo

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L'unica cosa che potevo fare in quel momento per non farlo precipitare insieme a me era di lasciargli la mano e di gettarmi nel vuoto, appena compii quel gesto vidi la faccia piena di sconforto e disperata di Heiji, quelli che sarebbero stati i miei ultimi istanti li passai a guardare la sua figura che lentamente diventava sempre più piccola man mano che precipitavo; in quel momento davanti ai miei occhi mi passò tutta la mia vita: da quando sono nata a quando incontrai Kazuo, da quando mi trasferii in Giappone a quando incontrai Aki e Heiji.

"Non ho avuto una vita bellissima ma almeno l'ho vissuta a pieno. Una nota positiva è che adesso rincontrerò Kazuo e gli potrò raccontare tutto ciò che mi è successo da quando lui è scomparso". Dissi al vento guardando il fondo del precipizio.

Mentre mi abbassavo di quota notai che mi stavo avvicinando sempre di più verso la parete rocciosa fino a quando non la colpii in modo violento con la testa; mi risvegliai su una piazzola di terra tra la montagna e il fiumiciattolo, in un primo momento provai ad alzarmi ma non ci riuscii. Allora provai a trascinarmi verso la parete rocciosa per sedermi ma riuscivo a muovere solo un braccio; d'istinto toccai l'altro braccio e constatai che era rotto, l'intuizione era dovuta anche al fatto che, nonostante provassi a muoverlo, non ci riuscivo e puntualmente lanciavo un urlo di dolore. La situazione critica non finiva lì , infatti iniziò a farmi male la testa e mi accorsi che mi colava del sangue sporcandomi metà viso; subito portai la mano verso la zona che faceva male e notai che avevo una profonda spaccatura, inoltre respirare mi provocava forti dolori e iniziai a pensare di avere qualche costola rotta.

Iniziai a respirare più lentamente possibile e nel frattempo mi guardavo intorno; quella zona era nuova per me, non riuscivo a ricordare nulla di quel posto o come fossi finita lì.

"Come ci sono finita qua? dove sono? Perché sono ricoperta di ferite dalla testa ai piedi? Ma la domanda più importante è: Io... chi sono?" Pensai.

Immediatamente nella mia testa iniziarono a risuonare una marea di domande ma la più frequente era quella sulla mia identità che iniziai a ripetere a bassa voce all'infinito.

Dopo un paio di minuti a ripetermi le stesse cose decisi di alzarmi,ogni movimento che facevo comportava un sacco di dolore ma ero stufa di stare sdraiata. Ad un tratto feci un grosso respiro e con grande forza di volontà mi girai e mi misi a pancia in giù, venni percorsa da forti dolori ma decisi di sopportarli, poggiai la mano del braccio sano a terra e con l'aiuto delle gambe riuscii a mettermi in piedi, subito dopo mi guardai e feci il punto della situazione: "I vestiti non sono del tutto intatti ma riescono ancora a coprirmi, perdo molto sangue dalla testa e ho ferite da colluttazione in tutto il corpo, in più ne ho anche da taglio. Penso di avere qualche costola rotta e sicuramente anche il braccio lo è. Peggio di così non può andare". Pensai, controllandomi minuziosamente.

Successivamente mi prese un fortissimo senso di nausea che mi portò al vomitare.

Finito di vomitare mi asciugai la bocca da quello che rimaneva della mia bile e notai che al mio fianco era legato un fodero di una spada senza la sua arma; inizialmente ero perplessa del perché avessi quell'oggetto attaccato al pantalone, ma dopo un pò di tempo, presa dalla curiosità, lo afferrai tra le mani e iniziai ad analizzarlo: l'oggetto era giallo ocra con delle strisce color blu che iniziavano dai lati della custodia e arrivavano ai lati della punta, le strisce si incrociavano sotto la punta color oro del fodero.

Girai e rigirai più volte l'oggetto finché non notai che al centro di esso era presente una frase in Giapponese: "Watashi wa anata no soba ni norimosu",che voleva dire: "Sarò al tuo fianco".

"Chissà perché ho questo oggetto, forse capirò meglio ritrovando la vera me stessa". Pensai mentre mettevo al suo posto il fodero. Decisi di incamminarmi seguendo il corso del fiume alla ricerca di un riparo da usare per la notte e della spada mancante nel fodero che portavo; mentre avanzavo, con l'udito prestavo attenzione al rumore dello scorrere dell'acqua e con la vista mi guardavo intorno: da quello che avevo notato mi trovavo all'interno di una valle a v molto stretta, infatti le due pareti rocciose erano abbastanza vicine tra di loro e in mezzo si trovava il fiume che, in quel momento, era l'unica mia speranza per ritornare alla civiltà.

The Magicless oneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora