1. Un incarico molto particolare

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Data: 4124 d.s., terza deca[1]

Luogo: pianeta Raemia, sistema Mytho

Quando la giovane si svegliò, era passata da un pezzo l'ora di pranzo e il golem addetto alla cucina le preparò uno spuntino che era una via di mezzo tra una colazione e una merenda.

Una volta finito di mangiare, la ragazza lasciò la cucina e si diresse verso il bagno. Quando era tornata a casa non aveva avuto la forza di lavarsi e appena sveglia il suo desiderio più grande era stato quello di mettere qualcosa nello stomaco, adesso però non poteva più tollerare quella sensazione di scarsa pulizia dovuta ad un'intera notte passata fuori casa a bere con le amiche.

Percorse il corridoio su cui si affacciava la sala da biliardo con tanto di luci magiche per creare atmosfera, l'elegante salottino dove di tanto in tanto si intratteneva con le sue amiche, l'ampio studio con la sua scrivania occupata da un tizio basso e cicciotto, e...

Si fermò.

Chi era quel tizio basso e cicciotto?!

Tornò indietro e senza far rumore si fermò sulla soglia dello studio. Non si era sbagliata, c'era proprio qualcuno seduto sulla sua poltrona. Era giovane e tarchiato, forse si trattava di un nano. Non ne aveva mai incontrato uno, quindi non poteva esserne certa. Indossava dei bizzarri occhialoni neri e stava armeggiando con qualcosa sulla sua scrivania. Non sembrava essersi accorto di lei ­– effettivamente non erano molte le persone in grado di sentirla arrivare – quindi ebbe modo di osservarlo con calma per capire cosa stesse facendo. A prima vista non sembrava un tipo pericoloso, ma, come lei ben sapeva, questo non voleva dire nulla.

«Posso sapere cosa sta facendo sulla mia scrivania?»

Il nano sobbalzò e l'oggetto che aveva in mano gli sfuggì, cadendo a terra con un tonfo metallico. Saltò giù dalla poltrona e si affrettò a togliersi gli occhialoni. «Signorina Bellecœur[2], le sono infinitamente grato per quello che sta facendo per me!» esordì con un inchino dall'aria affrettata ma sincera.

«Chi?»

«Al momento sto costruendo qualcosa con cui ripagarla del mio debito, ma non posso dirle di più: non mi piace svelare in anticipo le mie invenzioni.»

La ragazza lo scrutò con aria diffidente. «Mi chiamo Hélene Castillon. E comunque perché si trova qui?»

L'ometto parve sinceramente stupito della domanda. «Ma come, suo zio non l'ha avvertita?»

Lentamente i ricordi della notte precedente riaffiorarono nella mente della giovane. In effetti il suo maggiordomo le aveva accennato a qualcosa a proposito di un incarico che suo zio aveva trovato per lei...

I suoi occhi si ridussero a due fessure. «Resti qui, devo parlare con mio zio.»

***

«Dovrei fare che cosa?!»

Il grido della ragazza rimbombò in tutta la casa e anche l'uomo dall'altra parte dello specchio magico fece come per portarsi le mani sulle orecchie. Si trattava di un individuo sulla cinquantina abbondante, aveva la barba nera e il sopracciglio sinistro era interrotto da una cicatrice. Indossava abiti ordinari ma ben fatti che lasciavano intuire un fisico ancora agile e allenato nonostante le rughe che attorniavano gli occhi scuri.

«Tu lo sai chi sono io, vero?!» riprese la ragazza in tono accusatorio «Lo sai! Io sono la Contessa di Genseldur, la migliore assassina di questa città, di questa nazione e probabilmente del mondo intero! Non puoi affibbiarmi un incarico del genere!»

«Michelle, non fare così, è un incarico importante. Quell'uomo è molto importante per noi, non puoi permettere che lo uccidano...»

«Quante volte te lo devo dire di non chiamarmi Michelle! Adesso sono Hélene Castillon! E comunque non posso farlo, io sono un'assassina, sai cosa vuol dire?! Io le persone le uccido, mica le proteggo!»

L'uomo barbuto sospirò. Quando sua nipote ci si metteva, sapeva essere davvero cocciuta, soprattutto se c'era di mezzo il suo orgoglio. «Non fare così, Hélene, ti ho detto che è una persona importante...»

«È per caso il fornitore di Monique?» lo interruppe la giovane «O di Brigitte? O magari di Vera?» Di colpo la sua furia si sciolse. «L'altro ieri ho visto delle scarpe davvero meravigliose nella boutique di Vera, devo sbrigarmi a comprarle altrimenti lo farà qualcun altro...»

Lo zio della ragazza fece un sospiro rassegnato. «No, non è il fornitore di una delle tue boutique preferite, e credo non ci capisca nulla di profumi o cosmetici, però...»

«Allora non mi interessa.» ribadì Hélene incrociando le braccia.

Ma l'uomo non si arrese. «Neanche se quell'uomo fosse l'ingegnere che ti fornisce tutte quelle armi introvabili sui mercati del continente? Sai, quelle che ti faccio avere di tanto in tanto e che dici sempre che te ne innamori subito...»

Quest'ultima rivelazione fece vacillare la cocciutaggine della ragazza.

«E poi mi ha detto che in questo periodo sta anche lavorando ad un nuovo tipo di fucile magico; se lo uccidessero, chi altri potrebbe fornirti un'arma a lunga gittata in grado di perforare una barriera protettiva e allo stesso tempo abbastanza precisa da risultare utile anche dalla lunga distanza...?»

Hélene rimase in silenzio qualche lungo secondo. Certo, lei amava quelle armi tanto quanto i vestiti eleganti, le scarpe, la biancheria intima costosa e i cosmetici, però chiedere ad un'assassina di proteggere qualcuno era... era inconcepibile! Si voltò ostentando un'aria di superiorità. «Adesso devo farmi un bagno, quando avrò finito ci penserò.»

Suo zio non poté fare altro che assecondarla e l'incantesimo che permetteva loro di comunicare attraverso gli specchi si dissolse.

La ragazza uscì dalla stanza e con passo deciso si diresse verso il bagno. Chiuse la porta in modo che nessuno la disturbasse e infilò due dita nell'acqua della vasca. Per fortuna di suo zio, e anche dell'ingegnere specializzato in armi, era ancora calda.

Si tolse la vestaglia e la appese all'apposito gancetto, quindi si sfilò la biancheria intima e si immerse fino al collo nella vasca. Lo strato di schiuma bianca era soffice e profumato, e la sensazione che provò chiudendo gli occhi fu di assoluto benessere. Non c'era niente di meglio di un bagno caldo per scacciare la stanchezza e i cattivi pensieri.

Dopo essere rimasta qualche minuto in ammollo decise che era arrivato il momento di considerare l'incarico che suo zio le aveva trovato. L'idea di un assassino che deve proteggere qualcuno le sembrava ancora assurda, però se quel giovane nano fosse stato ucciso avrebbe dovuto rinunciare al suo miglior fornitore di armi. E questo non le andava molto a genio.

A proposito, fintanto che era in casa sua, poteva chiedergli di riparare il congegno che portava sull'avambraccio destro. Aveva una lama estraibile nella parte inferiore e un sistema per scagliare piccoli dardi in quella superiore, quest'ultimo però doveva essersi danneggiato e non funzionava più. Se quell'ingegnere voleva continuare a vivere sotto il suo tetto, avrebbe quanto meno dovuto ripararglielo. E dato che c'era poteva chiedergli anche qualche altro piccolo favore...

Un sorrisetto soddisfatto si dipinse sulle sue labbra rosate. La sua espressione sarebbe stata a dir poco seducente se non fosse stato per i baffi di schiuma bianca.

In ogni caso doveva scoprire chi fossero le persone che avevano intenzione di uccidere l'ingegnere. Una volta tolti di mezzo loro, avrebbe risolto la questione e a quel punto avrebbe avuto di nuovo la casa tutta per sé.

Chiuse di nuovo gli occhi, abbandonandosi al piacere del bagno. Massì, tutto sommato era un incarico fattibile... E poi lei era la Contessa di Genseldur, la migliore assassina della città, della nazione e probabilmente del mondo intero, ci avrebbe messo un attimo a liquidare chiunque si fosse trovato sulla sua strada.

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[1] La sigla d.s. indica la datazione spaziale (detta anche datazione standard). L'anno spaziale ha una durata di circa 1,12 anni terrestri e si divide in 10 mesi chiamati "deche".
Le età vengono comunque indicate secondo la durata dell'anno terrestre.

[2] Alisha Bellecœur è presente in CdC - 1 - La strega e la bestia.

AoG - 1 - La Contessa di Genseldur [da revisionare]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora