La nascita del X Ordine

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Con lo stabilizzarsi nella tana fu inaugurata da Rosso di Fuoco la nascita del X Ordine. Il suo scopo era stato ormai ben definito, restava solo da organizzare un piano per riuscire nel nobile intento. Tuttavia la certa imprevedibilità del viaggio impediva qualsiasi programma. Il pensiero quindi si diresse verso una soluzione più ragionevole: muoversi passo dopo passo cercando di aumentare i consensi e le adesioni alla causa, radunando amici o sconosciuti simpatizzanti che da anni vivevano nascosti. Il primo passo sarebbe stato liberare il Regno dei Draghi per poi fuggire e invadere l'etrar dei Goblin. Occorreva effettuare l'arruolamento raggiungendo i vari etrartori situati a spicchi attorno a un lago d'acqua dolce chiamato Nord. A ridosso della costa emergeva un isolotto, facente parte geograficamente dell'etrartorio dei Non Morti, che consentiva l'accesso al Palazzo dell'Imperatore Nero. Un'altra questione che avrebbe tenuto occupati i cinque amici era la ricerca degli oggetti contenenti l'antidoto per liberare i Re dalle influenze delle maschere. Una ricerca non facile data la vastità dei Regni e la difficoltà nel riconoscere i manufatti. Fardac confessò però di essere a conoscenza di un oggetto e della sua collocazione. Raccontò che già con il precedente Imperatore la Maschera della Distruzione era stata utilizzata per sedare gli animi violenti di alcune fazioni. Era infatti noto che la razza dei Draghi fosse volubile e che negli ultimi anni i suoi membri fossero diventati irrequieti e solitari. La loro natura, spesso belligerante, aveva già creato in passato situazioni d'instabilità. L'Imperatore Saggio aveva deciso pertanto di nominare Re del Regno dei Draghi un Umano e gli fece indossare la Maschera della Distruzione come fonte di collegamento tra il Re e il Regno. Il Sovrano, però, tradì l'Imperatore Saggio, ingerendo il Cuore dell'Imperatore Nero e mutando la sua indole in malvagia. Fardac raccontò che la Grande Guerra era iniziata proprio dal tradimento del Re dei Draghi che, divenendo oscuro, giurò fedeltà al nuovo Imperatore, soggiogando il popolo e istigandolo contro l'Imperatore Saggio. Il maestro confessò a tutti che era stato lui stesso a creare la maschera e a nascondere l'oggetto sacro chiamato la Corona di Horus. Aggiunse poi che il Re dei Draghi era ormai diventato una figura non più molto influente sulle decisioni del Regno, che era governato dai Draghi. Ad incutere terrore negli abitanti c'era inoltre la Setta dello Scorpione capeggiata da Onelev, un Goblin che cavalcava il Drago Viverno. Si trattava di una creatura rara considerata leggendaria. Lunga dieci metri, era di colore marrone con sfumature verdi e grigie, ed era munita di ali somiglianti a quelle di un pipistrello. Aveva un pungiglione identico a quello di uno scorpione, posto sull'estremità della coda. Sottospecie di Drago, si differenziava nel non possedere zampe anteriori, ma aveva enormi fauci e occhi di color rosso fuoco. La sua apertura alare gli permetteva di compiere grandi trasvolate o di scendere in picchiata per catturare le prede afferrandole con le zampe e uccidendole con la coda; era considerato portatore di pestilenze e di morte.                                                                                La Setta dello Scorpione, che aveva il suo quartier generale nel Regno dei Troll, era a tutti gli effetti il braccio armato dell'Imperatore ed era controllata dai Luminari. La Setta comprava molti fanciulli, venduti come schiavi e appartenenti indistintamente a tutte le razze, per arruolarli nel proprio esercito. Uccidere il Re sarebbe stato un forte segnale e avrebbe potuto innescare nel popolo grandi speranze. Poteva essere l'occasione per portare all'unione, alla rinascita e alla rivolta. Il popolo dei Draghi, o parte di esso, sarebbe uscito dai nascondigli per combattere, per riprendersi la dignità e la libertà. Rosso di Fuoco conosceva benissimo l'etrartorio e spiegò che per raggiungere il castello bisognava superare le Miniere del Nord; a tal proposito intervenne Fardac, dicendo: «Dobbiamo prima recuperare la Corona di Horus nel Palazzo Phersu o ciò che ne resta; una volta recuperata, potremo raggiungere il castello e distruggere il Re. Sarà importante fare tutto rapidamente e di nascosto senza farci scoprire; solo così avremo una speranza». Fu chiaro a tutti l'obiettivo: rimuovere la maschera e uccidere il Re per far capire al popolo che la situazione poteva mutare e che i potenti come l'Imperatore e i suoi seguaci erano vulnerabili. Fu proprio così che una mattina ebbe inizio la rivoluzione, varcando la soglia della caverna. In testa Rosso di Fuoco faceva strada, seguito da Blu dell'Acqua guardingo e attento ad ogni movimento. Anera e Fardac vicini l'uno all'altro impugnavano le rispettive bacchette magiche; Solo leggermente più indietro chiudeva la fila.                                                                              Non esistevano più strade né case e neppure alberi; tutto era nero e carbonizzato. Di tanto in tanto sbucavano dall'etrarreno delle rovine, macerie testimonianti un glorioso passato. Il piccolo gruppo doveva attraversare trasversalmente tutto il Regno, poi superare il Deserto di Fuoco, presidiato dal Drago Stregone Otresed, per aggirare il Castello di Horus e infine raggiungere le rovine del Palazzo Phersu. Fu così che viaggiarono di notte, nascondendosi di giorno tra rovine, grotte e anfratti, riparati dal sole e dagli occhi delle pattuglie di Luminari che perlustravano l'intero regno. L'etrartorio che attraversarono era una landa desolata e rada in cui si trovavano moltissime caverne, nelle quali viveva l'intera comunità dei Draghi, divenuti tutti carcerieri e controllori agli ordini del temibile Ediri. Quasi tutti i Draghi erano stati soggiogati e alcuni, come Rosso di Fuoco, avevano preferito rifugi solitari, lontani. Il Regno era un enorme dormitorio di schiavi e la vita aveva poco valore. Non fu difficile superare il deserto né aggirare il castello e i cinque amici riuscirono in pochi giorni a raggiungere le rovine della scuola di addestramento. Fardac aveva insegnato in quella scuola per circa cinquant'anni e non fu facile per lui vedere con i propri occhi che una buona parte della sua vita giaceva fra travi e resti bruciati. L'etrarreno era infatti ormai quasi del tutto sterile, solo qualche cespuglio aveva avuto la tenacia di crescere vicino alle rocce e alle macerie. Dopo aver assistito a quella scena, il giovane ed esuberante Anera decise di distrarre il Maestro con una serie di domande sulla storia del palazzo, su come avvenivano gli addestramenti e su chi erano stati gli insegnanti. Fardac fu molto riservato, eluse le domande liquidando il giovane apprendista con risposte vaghe ed evasive. Tutta la conversazione avvenne mentre il Maestro scrutava il suolo come se cercasse qualcosa nascosto tra le macerie. L'atteggiamento fu notato da Blu che chiese spiegazioni: «Che cosa stai cercando?». Fardac rispose che la corona era stata nascosta in una biblioteca e che per recuperarla bisognava trovare un passaggio segreto, celato sotto un mosaico raffigurante la pianta di una città chiamata Ebla. Si trattava di un'antica città dell'era del Bronzo, rifondata due volte. Il regno di Ebla, di dimensioni notevoli, era diviso in dodici distretti, due nella capitale mentre i rimanenti costituivano dieci regni. La struttura urbana della città si sviluppava entro un'ampia cinta muraria a cerchio, fortificata con possenti bastioni grandangolari che si aprivano con quattro porte disposte a croce. Il mosaico che il Maestro cercava era costruito con tasselli del colore della pietra e della sabbia del deserto. Sotto il mosaico si nascondeva l'accesso segreto per la biblioteca. Premendo sulle icone delle porte consecutivamente in senso orario, si sarebbe aperta un'entrata su una scala che portava al sottosuolo. All'improvviso Anera, entusiasta, urlò di gioia per aver ritrovato il mosaico. Fardac lo sgridò, dicendo che tutto quello non era un gioco. Il viaggio che avevano intrapreso non era un sollazzo e il discepolo avrebbe dovuto dare prova di essere un adulto. Dopo il rimprovero, Fardac premette le dita sul mosaico e un'apertura comparve ai loro piedi. Il Maestro scese per primo, giù per la scala incontaminata da ventisei anni, e varcò la soglia dell'enorme sala che traboccava di sapere. Durante la Grande Guerra la biblioteca fu depauperata di gran parte delle sue ricchezze scritte. L'Imperatore ne permise lo scempio nella speranza di ritrovare il famoso testo sacro di Oberon. Fortunatamente per il popolo, il libro non fu mai ritrovato e l'ira dell'Oscuro Signore si scatenò distruggendo l'intero palazzo. La sala, nascosta a una profondità di circa cinque metri, si presentava impolverata. I gradini della scalinata in pietra rappresentavano un ottimo appoggio per i passi intimoriti dei cinque amici. Decisero di comune accordo di incaricare Rosso di Fuoco di montare la guardia, dato che la sua natura di Drago non avrebbe destato sospetti in caso di avvistamento da parte della ronda nemica. I Draghi infatti non erano mai stati molestati o interrogati grazie agli accordi di non belligeranza con i Luminari. L'unico interesse dell'Imperatore Nero e del Re della Distruzione era l'estrazione del prezioso metallo; non erano infatti mai stati sfiorati dal pensiero di ingaggiare scontri con gli abitanti rettili. In cambio della tranquillità, il Re si era impegnato e continuava a impegnarsi a non fare schiavi appartenenti alla razza dei Draghi. Ai più forti, belligeranti e bramanti di potere era stato assegnato il ruolo di comandanti e carcerieri. Fardac appiccò il fuoco all'olio che scorreva all'interno di una canalina di onice scavata artificialmente e che correva a ridosso della parete. Pronunciò la frase: «E lucis flammas» e una scintilla generata dalla bacchetta di Legen fece infiammare l'olio. Il fuoco velocemente scivolò lungo la canalina e fece risaltare il colore opaco delle pareti, comprendente tutte le tonalità del rosso bruno e l'intera gamma di grigi fino al nero. In fondo alla scalinata giacevano due piccole balaustre dello stesso materiale che separavano la grande stanza impolverata e colma di materiali a prima vista inutili. Il Mago adulto si mosse cautamente tra le macerie e di tanto in tanto con un semplice spostamento del polso induceva la bacchetta magica a regalare sprazzi di semplice ma efficace levitazione. Gli oggetti si spostarono delicatamente attorno al grande incantatore che non esitò a dimostrare al discepolo la facile esecuzione della magia. Ogni occasione era propizia per imparare e fare esperienza. Di solito a ogni fenomeno magico corrispondeva, per la sua esecuzione, un incantesimo espresso in parole. In quel frangente Fardac insegnò al piccolo seguace come pronunciare la formula «Et fugientes», e in pochi tentativi Anera apprese pienamente, ottenendo il risultato sperato. Muovendosi tra le macerie scorsero libri e testi semidistrutti dal tempo e dalla muffa, e manufatti rotti e dimenticati. In testa al gruppo camminava Fardac che, dopo aver spostato ciò che rimaneva di un trumeau sormontato da uno specchio in bilico, scoprì completamente una parete in pietra. Spiccava al centro, all'altezza dello sguardo, un geroglifico inciso nel muro dalle sembianze di un uccello. Raffigurava la testa stilizzata di un falco di profilo; la flebile luce penetrava nei solchi della pietra. Il Maestro spolverò con il dito indice le fessure, con un gesto che ricordava un lento rituale. Percorse tutto il perimetro del freddo uccello, poi lo premette con forza: un meccanismo scattò vigorosamente e la sua eco risuonò nel silenzioso ambiente. Sotto l'effige un grande blocco di pietra rientrò verso l'interno, scomparendo e rivelando un'apertura. La flebile luce della stanza, filtrata dall'aria abbastanza rarefatta, illuminava l'interno di ciò che sembrava una scatola di pietra. Il riflesso rimbalzava in più direzioni grazie alle sfaccettature di una gemma azzurra. Infilando una mano, il maestro estrasse una corona doppia fatta di opite e tempestata di zaffiri. Il metallo si presentava con gradazioni di grigio, fino a raggiungere sfumature tendenti all'azzurro. La lavorazione e la natura del metallo ne condizionavano il colore, la temperatura, la resistenza. Fardac spiegò che per sconfiggere il Re, senza ucciderlo, era necessario fargli indossare la Corona di Horus; solo in tal modo avrebbe perso la maschera divenendo saggio. All'interno della sala non era rimasto più nulla di utile e interessante, tutto era stato rubato o distrutto. I libri e tutto ciò che serviva alla conoscenza erano stati sequestrati dai Luminari, con l'intenzione di distruggere il sapere e di coltivare l'ignoranza. Da sempre l'insipienza era nemica della libertà e dei popoli. Il X Ordine era stato fondato proprio per portare alla luce la conoscenza e per liberare Etrar dal male. Il gruppo era composto da cinque amici attivi e combattenti: due Maghi, un Non Morto Assassino, un Umano Paladino e un Drago Paladino. Le possibilità di successo sarebbero state maggiori se il gruppo avesse agito nell'ombra senza essere scorto dalle guardie. Così accadde e in pochi giorni riuscirono a raggiungere il maniero.

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