L'espediente

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Per evitare di essere scoperti dai Luminari, era necessario trovare un modo per distrarre il guardiano del ponte. Tuttavia l'impresa sembrava molto rischiosa e, se avessero fallito, Eroret avrebbe potuto dare l'allarme e i cinque amici si sarebbero trovati circondati dai nemici su entrambi i versanti. Pensarono perciò ad una soluzione alternativa. Rosso di Fuoco propose di distogliere l'attenzione di Otresed e Onelev con le pattuglie della Setta dal confine, lasciando libero il passaggio. Suggerì quindi di riunire un gruppo di Draghi simpatizzanti, nascosti nelle caverne della zona, per attaccare un paio di avamposti. Sicuramente la Setta dello Scorpione, con entrambi i comandanti, si sarebbe diretta verso i luoghi degli attentati abbandonando per qualche tempo i confini e sperando di catturare il X Ordine. Su tutta la linea del canyon erano erette costruzioni di vedetta e di offesa simili a torri in pietra, ciascuna alta circa dieci metri e dotata di una balconata perimetrale. Su tutto il tronco erano disposte delle feritoie per gli arcieri. Ogni torre distava dalla vicina cinquecento metri, e ciascuna era affiancata da trabucchi e catapulte, due armi da distanza capaci di lanciare palle esplosive oltre l'orrido, fino all'etrartorio dei Goblin. Il trabucco era un'arma molto pesante e veniva utilizzata prevalentemente per azioni di assedio. Il principio per il suo funzionamento verteva sulla flessibilità ed elasticità del legno, che spesso era di sambuco o di bosso; il lungo tronco diritto veniva fissato asimmetricamente su un perno collegato alla struttura portante. Alla estremità più corta alloggiava una grossa frombola capace di accogliere grandi macigni e materiale all'occorrenza infiammabile. Durante la fase di ricarica l'estremità più sottile dell'asta veniva abbassata e ancorata a una leva di rilascio. Al sentir pronunciare la parola "fuoco" l'armaiolo attivava la leva che scattando, per effetto del contrappeso, scagliava il proiettile. Per ogni trabucco erano impiegati tre serventi, due addetti alla ricarica e uno al lancio. Riuscendo a scagliare gli ordigni infuocati a una distanza di circa trecento metri, gli Illuminari controllavano l'intero confine. Tutti gli avamposti erano collegati fra loro da una cinta muraria che serviva, oltre alla difesa, anche come camminamento per i soldati e come basamento per le armi da lancio. Il magazzino dei proiettili era posto a cielo aperto ed era facilmente raggiungibile anche dagli Errot, progenie dei Troll impiegati dall'Imperatore Nero come artiglieri. Gli Errot, provenienti da un villaggio ubicato a ridosso della costa nel IX Regno, erano creature impressionanti, molto grandi e forti. Possedevano braccia possenti, terminanti con mani a tre dita, e indossavano un'armatura che proteggeva il loro torso. Il loro compito era dunque quello di occuparsi delle armi d'assedio; da soli erano in grado di trasformare una catapulta in un'arma a ripetizione caricando e rilasciando manualmente la forza elastica dell'arma stessa. Le catapulte, costruite in legno e in opite, erano sistemate al fianco degli edifici lungo il camminatoio. Si trattava di una macchina da assedio capace di scagliare con tiro curvo grossi massi, dardi o frecce. Come il trabucco, agiva sull'elasticità del legno e sul principio del contrappeso. Era dotata di una cucchiara che fungeva da contenitore, dove l'Errot preposto vi disponeva materiali pesanti capaci di scatenare una vera e propria mitraglia. Se usata da Umani, Elfi o razze meno possenti dei Troll, per far agire la macchina con precisione era sufficiente abbassare il braccio orizzontalmente e rilasciarlo. A differenza del trabucco le catapulte erano impiegate al fine di eseguire tiri di precisione più che di potenza. I proiettili utilizzati erano frecce e dardi relativamente leggeri, considerando che i telai delle macchine stesse erano per lo più sottili, quindi più leggeri di quelli delle baliste. L'impiego di creature come i Troll consentiva di scagliare direttamente senza l'utilizzo dello scatto ogni sorta di punta e oggetto, a una velocità di ricarica doppia rispetto a un utilizzo tradizionale con il lavoro di tre soldati. Consci della pericolosità di queste armi e della presenza di un numeroso esercito, il X Ordine era convinto della necessità di creare un diversivo o di simulare un attacco. Rosso di Fuoco, insieme a Blu dell'Acqua, pensò che riunendo alcuni fedeli ex combattenti si poteva dare il via alla rivolta, assalendo un paio di avamposti situati al confine all'estremo nord. La sera stessa Rosso si recò da alcuni amici alati tra cui un certo Aserp detto il Sabotatore, un Drago Assassino che padroneggiava l'arte del mimetismo. Simile a un camaleonte per peculiarità, aveva una pelle ricoperta di squame che riusciva ad assorbire la luce colorandosi come l'ambiente circostante. Questa sua caratteristica gli aveva permesso negli anni di avvicinarsi ad obiettivi strategici e sensibili senza essere visto. Il verde scuro colorava il suo vero aspetto, comprese le robuste ali dotate di artigli, mentre la pancia era di una tonalità leggermente più chiara. La testa era attrezzata di corna e di orecchie prospicienti, relativamente grandi, che consentivano di percepire anche piccole vibrazioni, come se fossero delle antenne. Comandante degli Elementidi, si era distinto durante la Grande Guerra al fianco dei quattro luogotenenti Paladini degli Elementi; di questi, due erano certamente sopravvissuti, Rosso del Fuoco e Blu dell'Acqua, mentre degli altri non si avevano più da anni notizie. L'esercito, prima numeroso, si era sciolto dopo essersi ridotto a una decina di elementi, le forze su cui Rosso di Fuoco avrebbe potuto contare. Il Drago fece così radunare tutti nella propria caverna, per prepararsi all'attacco al confine. La notte seguente partirono in volo. In testa al gruppo si collocò Rosso seguito, come a formare uno stormo triangolare, da una squadriglia di dieci seguaci, al cui centro si pose Aserp. Giunti a circa un chilometro dall'obiettivo, lo stormo si fermò lasciando l'iniziativa al Drago mimetizzatore che, separandosi, sparì dall'interno del gruppo. La sua capacità mimetica lo aiutò a raggiungere indisturbato la torre di guardia; furtivamente e con un caldo soffio appiccò l'incendio. Rapidamente la costruzione si trasformò in un enorme rogo, bruciando tutto ciò che si trovava all'interno. Urla strazianti destarono i vicini che si allarmarono. Arcieri e soldati immediatamente fuggirono dalle fiamme. Il fumo offuscava la vista e alcuni, colmi di panico, si gettarono giù dalla rupe. Il Drago mimetizzato, libratosi in volo, divenne quasi invisibile; solo un occhio attento avrebbe notato una leggera sovrapposizione di colori. Aserp venne subito raggiunto dagli altri dieci combattenti che avanzavano minacciosi, costringendo gli Illuminati al contrattacco. Un olifante di sezione triangolare, un corno leggermente ricurvo probabilmente appartenuto a un grosso caprone, echeggiò come allarme. Furono immediatamente annunciate le misure di difesa; il Drago Stregone Otresed uscì per valutare la situazione e, visibilmente preoccupato, attivò le sfere trasportatrici; apparvero dopo qualche istante trenta guerrieri scorpioni coordinati dal comandante Onelev. Quando apparvero i due comandanti, Rosso di Fuoco e tutta la sua squadra sabotatrice ebbero conferma che il piano stava funzionando. Solo, Anera, Blu e Fardac s'incamminarono verso il ponte per affrontare Eroret. Gli Elementidi, dopo l'attacco a sorpresa, sapevano di non avere molto tempo; appena giunti i rinforzi avrebbero dovuto contrastare le armi da lancio comandate dai Troll, dagli Umani e dagli Elfi arcieri appartenenti all'esercito dei Luminari. Si sarebbero dovuti occupare anche dell'esercito degli scorpioni e di molti Draghi Guerrieri fedeli all'Imperatore. L'iniziale vantaggio aereo si sarebbe completamente azzerato, il potenziale bellico degli Elementidi sarebbe diventato nettamente inferiore. I dieci Draghi Guerrieri si contraddistinsero all'inizio dello scontro in modo impeccabile, riuscendo a distruggere interamente due avamposti grazie alla sorpresa. L'esercito dell'Imperatore era stato infatti completamente colto alla sprovvista, grazie ai ventisei anni di non belligeranza. Le catapulte e gli arcieri sembravano addormentati e la loro disattenzione costò la vita a molti Luminari. L'attacco era stato talmente fulmineo e coordinato che, appena giunsero i rinforzi inviati dal Drago Stregone tramite le sfere, gli assalitori inscenarono la fuga verso l'entroetrar richiamando e allontanando il nemico dal confine. La direzione intrapresa per la fuga portava alle grotte nelle quali viveva quasi l'intera comunità dei Draghi, che fino a quel momento non si erano schierati né a favore né contro l'Imperatore. L'intrepida azione riecheggiò in tutto il Regno e diede lo stimolo per l'innesco delle prime sommosse. Le rivolte nacquero dapprima in luoghi più critici, dove le tensioni accumulate da ventisei anni esplosero ben presto, poi alcune scintille si presentarono anche tra gli schiavi delle miniere che cominciarono a nutrire la speranza. Dopo l'assalto al confine del Regno dei Draghi, il X Ordine perse uno dei suoi fondatori. Rosso di Fuoco decise di intraprendere la via della rivolta coordinando il X Ordine dall'etrar dei Draghi. Convinse numerosi ex compagni a imbracciare nuovamente le armi e prese le redini della rivolta divenendone uno dei protagonisti. Tramite le idee incarnate dalla Corona di Horus, come simbolo di luce, ispirò la lotta per la libertà. Il Regno dei Draghi, che era stato il primo a cadere nella Grande Guerra, fu anche il primo a reagire. La differenza rispetto a ventisei anni prima, quando l'Imperatore Saggio era stato tradito, era la presenza di un chiaro punto di riferimento per i popoli, il X Ordine, che avrebbe unito tutte le razze per uno scopo unitario. Rosso di Fuoco salutò i suoi quattro amici con la promessa che si sarebbero incontrati di nuovo. Durante il tempo della lontananza, avrebbero potuto comunicare tra loro grazie alle doti intellettive del Maestro Fardac, in grado di collegare le menti con un incantesimo vecchio di secoli tipico dei grandi Maghi e Stregoni Luminari.                                                                                              Il piccolo gruppetto, giunto a ridosso del ponte, si nascose dietro alcune rocce vicine all'ingresso, ma a una distanza sufficiente per tenere sotto controllo il passaggio. Eroret era guardingo, spinto dalla professionalità del soldato cavaliere. Passeggiava avanti e indietro per tutta la lunghezza della passerella di legno che lo sospendeva nel vuoto. A volte scendeva da cavallo per farlo riposare e per controllare il precipizio, una routine che si ripeteva costantemente, interrotta solo dal passaggio di venditori di schiavi o carovane trasportanti rifornimenti di cibo o materiali vari. Al suo seguito prestavano servizio cinque soldati che si alternavano nel percorso. Avevano costruito una capanna di legno grezzo che dava loro ospitalità nelle ore di riposo. Stretto ed esteso, il ponte non era facilmente attraversabile se non in fila indiana. Il tempo a disposizione di Solo e compagni scarseggiava e l'alba si avvicinava frettolosamente; era necessario agire in fretta e silenziosamente, perché il giorno seguente probabilmente il ponte sarebbe stato oggetto d'ispezione da parte dei Draghi attaccati agli avamposti e ormai depistati dai ribelli. Occorreva distrarre l'unica sentinella presidiante il ponte, cercando di non svegliare gli altri cinque commilitoni che dormivano profondamente. Erano certi che di lì a poco gli sguardi si sarebbero rivolti verso i bagliori di luce avvistabili in lontananza. Non era possibile vedere distintamente il fuoco del rogo, ma i suoi remoti bagliori avrebbero potuto destare sospetti. Fu Solo ad avanzare per primo, sfruttando le sue doti di invisibilità e cercando di sorprendere il cavaliere ossuto alle spalle. Bastarono pochi passi a tradire la sua presenza, nel preciso istante in cui il suo piede calpestò una debole asse di legno che scricchiolò e precipitò nel vuoto. Non fu visto, ma quel rumore destò subito l'attenzione di Eroret che si avvicinò al punto in cui l'asse era caduta. Tuttavia un altro rumore più avanti, verso il centro del ponte, attirò l'attenzione del destriero che, girando di scatto il testone, convinse il padrone a seguire quella pista. Fermatosi a osservare, voltò le spalle a Solo che con una rapida mossa disarcionò Eroret tagliando la gola all'animale. Il cavaliere cadde al suolo privo di sensi, dopo aver battuto il capo su uno dei montanti che mantenevano stabile il corrimano. L'agguato era riuscito perfettamente: legarono il capoposto a uno dei sostegni del mancorrente e gettarono di sotto la carcassa dell'animale. Imbavagliato e reso inoffensivo, Eroret non poté dare l'allarme sino al mattino, quando venne liberato dai suoi sottoposti. Il X Ordine riuscì a espatriare lasciando sul ponte l'inerme prigioniero. La Guerra per il primo Regno era appena cominciata. Una volta varcato il confine, Blu dell'Acqua depose la veste di fuggiasco nascosto nell'ombra, liberando la propria indole di Paladino; mosso da giustizia e devozione al bene comune, poté dimostrare fin da subito l'uomo che era. Attraversato il viadotto sospeso tra i due Regni, il gruppo iniziò la discesa dal Picco Alto, inoltrandosi nell'etrar dei Goblin. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 25, 2020 ⏰

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