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La notte era limpida e chiara.

La Luna brillava gloriosa nel cielo, illuminando con i propri raggi il quieto villaggio di Sooga.

Non c'era una nuvola in cielo ad oscurare il manto stellato, e dalla finestra soffiava una aria fresca che alleviava le gote arrossate della giovine affacciata al davanzale.

Con un braccio appoggiato a reggerle mollemente la testa, e con l'altro impegnato ad accarezzare la piccola Mia, anche lei intenta a godersi il fresco serale, Pucca osservava fuori con fare annoiato.

Ogni tanto provava a smettere di accarezzare la colonna della gattina rosa, ma la diretta interessata alzava i grandi occhioni scuri con fare offeso, miagolando infastidita per le attenzioni negate.

Era una lotta inutile, la sua.

Mia aveva sempre la meglio, e la corvina continuava a rimproverarsi di aver viziato fin troppo la micina rosa negli anni, ma non poteva farci niente; l'amava troppo, e non sarebbe mai riuscita a negare niente a quegli occhioni.

C'era una calma piatta in quella tarda serata estiva di fine luglio.

Non lo sapeva nemmeno Pucca che cosa ci stesse facendo alzata ad un orario simile. Di solito, non faceva fatica alcuna nel dormire tirata fino al mattino successivo, ma quella notte... no. C'era qualcosa che la teneva sveglia.

Non erano preoccupazioni né problemi di cuore.

Dei primi, riconosceva di essere una ragazza molto fortunata, non ne aveva di alcun tipo. Il lavoro al Goh-Rong andava egregiamente, e la vita nel piccolo villaggio di Sooga trascorreva tranquilla, un giorno dietro l'altro.

Per quanto riguardava i secondi, invece, aveva smesso di soffrirne da anni, da quando passata l'adolescenza aveva realizzato che non ne valeva più la pena insistere per un sentimento non corrisposto. Nel continuare si sarebbe solo fatta del male, ancora e ancora, senza alcuna ragione. I primi tempi erano stati duri, durissimi, non lo negava. Ma arrivata alla soglia dei ventitré anni aveva maturato la consapevolezza che quella era stata una delle scelte migliori della sua intera giovane vita.

Che senso aveva continuare a rincorrere un ragazzo che, non appena l'avvistava ad un chilometro di distanza, se la dava a gambe levate? Era un'insensata perdita di tempo.

Eppure, nonostante non ci fossero questioni a toglierle il sonno, lei era lì. Vigile e sveglia.

Si tirò appena su, per stiracchiare pigramente la schiena, e sistemarsi i lunghi capelli corvini sul lato sinistro della testa.

Aveva appena iniziato a passarvi le dita lungo tutta la lunghezza, quando accadde l'inaspettato.

All'improvviso Mia scattò su, con tutte e quattro le zampe ben dritte e rigide, e l'occhio felino sgranato all'inverosimile.

Pucca non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che la gatta balzò fuori dalla finestra, saltellando sulle tegole della tetto sottostante per poi atterrare sul terreno.

Con un verso strozzato di puro terrore, Pucca si sporse per controllare se la micia stesse bene, e quando la vide galoppare verso la foresta confinante con la villa, senza alcuna ragione, il verso di paura divenne una vera e propria imprecazione a denti stretti.






Incurante di essere in pigiama e con i capelli arruffati, Pucca si infilò rapidissima un paio di scarpe qualunque per correre all'inseguimento della gattina fuggiasca.

Moonlight || PuccaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora