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Freja dormiva su una pelliccia posata per terra. Non era un letto ma era calda e morbida, molto meglio della paglia su cui era costretta a dormire.

Il vichingo le aveva donato un abito che le arrivava quasi alle caviglie, color verde scuro. Sotto indossava dei pantaloni color cuoio, e degli stivali di pelliccia, che le scaldavano i piedi.

Ogni mattina aveva il compito di intrecciare i capelli all'uomo. Fatto questo gli sistemava i sostegni alle gambe, lo aiutava ad alzarsi poi iniziava a pulire la capanna. A volte si allontanava, persa nei suoi pensieri, e camminava per ore nella foresta o tra l'erba alta dei campi.

Ed era quello che stava facendo quando sentì dei guaiti.

Seguì i rumori e trovò una volpe imprigionata in una trappola e con una zampa ferita.

Non era molto grande e probabilmente l'avrebbero uccisa ma a Freja non importava. Avrebbe tentato di tutto pur di salvarla.

Così la liberò e la prese in braccio. Fece tutto il percorso a ritroso ed entrò nella città. Sentiva lo sguardo degli uomini e delle donne su di sé, mentre percorreva la strada. Ignorò quella sensazione, ormai era abituata.

Entrò nella capanna e posò il piccolo animale a terra. Si guardò intorno e, in un angolo, vide il suo vecchio vestito; era logoro, sporco e pieno di buchi ma sarebbe comunque servito. Ne strappò un pezzo abbastanza lungo e usò un po' dell'acqua che aveva trovato in una brocca per pulirlo.

Si avvicinò al piccolo animale e gli fasciò la zampa poi lo sollevò e lo portò con sé, andando verso un angolo della capanna, dove veniva conservato il cibo. Prese gli scarti della mattina e glieli diede.

Il piccolo animale parve gradire.

Passò l'intera giornata a pulire, fare brevi passeggiate e a curare la piccola volpe.

Era notte inoltrata quando sentì il padrone rientrare. Le passò accanto e lo sentì fermarsi proprio davanti a lei. Poi andò verso il suo letto dove si stese.

Lo sentì trafficare con delle cinghie poi lo sentì sbuffare e mugugnare qualcosa. Qualcosa di duro le colpì la testa.

La sua stampella. L'aveva lasciata cadere, in preda all'ira e l'aveva colpita.

Il vichingo, che aveva scoperto essere Ivar il Senz'ossa, figlio di Ragnarr Loðbrók, era seduto e la stava guardando, la fissava con insistenza, come un lupo studia un coniglio.

La vide alzarsi, senza emettere un suono. Si avvicinò a lui silenziosamente e iniziò a liberagli le gambe. Slacciava il cuoio o sganciava le parti metalliche, liberandolo da quella tortura.

Gli sfilò le protezioni e le vide piene di sangue. A furia di restare chiuse lì dentro si erano formate piaghe e vesciche che avevano causato ferite che gli coprivano le gambe per tutta la loro lunghezza, specialmente attorno ai piedi, alle caviglie e alle ginocchia.

Ivar la vide spalancare gli occhi. La ragazza lasciò cadere le protesi e corse fuori. A tutti avrebbe dato il voltastomaco quello spettacolo, lei non era diversa dagli altri.

Quando la vide rientrare, poco dopo, con una ciotola tra le mani rimase sorpreso. Lei si avvicinò e quando provò a spargere una strana crema sulle ferite le afferrò la mano, bloccandola a mezz'aria.

Freja allora si allontanò di qualche passo. Prese uno dei suoi coltelli, che aveva lasciato appoggiati sul tavolo e si incise il braccio.

"Sei pazza donna?!" Ivar cercò di alzarsi, inutilmente. La vide avvicinarsi fino a sedersi di fianco a lui. Con un panno pulì il sangue, prima che cadesse sulle coperte, e gli mostrò la ferita che stava riprendendo a sanguinare.

Prese allora la crema di erbe che aveva fatto quella mattina per la volpe e la spalmò sulla ferita aperta.

Strinse gli occhi per il bruciore poi, sotto sguardo attento dell'uomo, si tolse i residui della crema con i panno.

Il vichingo guardò la ferita arrossata ma il sangue aveva smesso di fluire.

Così la lasciò fare.

Lei usò della stoffa per creare delle bende, le cosparse di crema e gliele avvolse attorno alle gambe, senza stringere troppo.

Dopo il dolore iniziale Ivar trovò finalmente un po' di sollievo. Dopo anni di dolore riuscì a passare qualche ora senza stare male.

La guardò negli occhi, esprimendo quella riconoscenza che non era in grado di esprimere a voce.

La vide tornare a dormire sulla pelliccia e rimase a guardarla per molto tempo, finendo per addormentarsi. Quella ragazza non era come le altre, era speciale.

Alone I will fight for youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora