I Misteri

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Ai confini del nostro paese si trova una grotta, a nord, superato il campanile con la sua chiesa dall'aura inquietante, superato un insidioso boschetto, che in inverno diventava totalmente privo di vita.
Quella grotta era divenuta il punto di ritrovo dei giovani del paese, lontano da quel mondo fatto di occhi e orecchie pronti scrutare ogni tuo passo fino alle viscere. Eravamo soliti festeggiare con musica alta, tant'è vero che alcuni ragazzi avevano creato un circuito elettrico appeso al soffitto così che potessimo assistere a giochi di luce durante le danze. Eracle e Aiace, due fratelli, erano i principali ospiti delle feste e con l'aiuto di Giasone, un ragazzo che si era stabilito in città per poco tempo prima di tornare perché aveva finito i soldi per viverci, sapevano incantarci.
Avevamo soprannominato la caverna Dioniso per non far sospettare i vecchi del paese che tutto vedono. Dioniso era l'unico posto dove potevamo sentirci noi stessi: luci ad intermittenza, la musica che penetrava e pulsava nella testa, bicchieri rubati contenenti ogni sorta di miscuglio alcolico e infine quella che chiamavamo la "cosa" che viene della città.
Eros si accosta vicino all'entrata aspettando la prima ondata di clienti.
In raduni come questi, che si tenevano normalmente ogni due sabati, indossava sempre una grande giacca di pelle rubata a suo nonno, jeans strappati e degli anfibi neri. Tutti sapevano chi era.
Elena si sta accorciando il vestito nero  fuori con Circe, la sua migliore amica. Anche Circe era molto conosciuta nel nostro piccolo mondo, il suo vero nome non era Circe, ma bensì Enea, Circe lo era solo ogni due sabati.
-Che cazzo, ma ti sembra che io debba truccarmi in mezzo ad un bosco per avere un poco di divertimento? - Esclama scazzata Circe dipingendosi le labbra di un rosa delicato per poi schioccarle.
Nel frattempo io sto facendo un filtro con mosse meticolose delle dita, di colpo sento un profumo di rose, so chi profuma di quei fiori con le spine, Callisto. Oh Callisto. Era la ragazza che aveva rapito il mio cuore da anni, occhi grandi dalle ciglia lunghe, capelli setosi e lunghi e un corpo tonico ed elastico come quello di un cigno. La cosa che più mi attirava di lei era il suo fare da santarellina con i suoi genitori, ma in realtà era una vera bestia, dava il meglio di lei sulla pista da ballo, esisteva solo lei e si innalzava sopra tutti come quando un pavone spiega la sua coda, sapeva chiaramente di essere bella.
-Che cretina, guardate come scuote il culo quando cammina, ma poi in chiesa è la prima sempre in fila...- Dice Circe socchiudendo gli occhi come un gatto.
-Dai fai la brava Circe! Rimetti gli artigli apposto. - Ridacchia Elena schiaffeggiandole il culo.
-Tu cosa ne pensi? Mmmhn..? - Si rivolge a me Eros con un sorriso sornione.
Arrossisco immediatamente a quella domanda e gli spingo via il viso sorridendo.
-Sei un deficiente! Fatti un po' i cazzi tuoi. Fatti bello che stanno arrivando Ares e Paride!-
Mi tiro indietro i capelli con la mano e butto uno sguardo ancora a Callisto, lei ricambia lo sguardo sorridendo compiaciuta, compare un ghigno sulle mie labbra.
-Callisto è una dei primi ragazzi ritrovati morti- Mi riporta al presente la signora De Luca.
La guardo attraverso le mie ciglia mentre si avvicina un fascicolo di fogli al viso.
-È stata ritrovata impiccata ad un ramo con in bocca dei fiori. - Legge sistemandosi gli occhiali neri che tiene sul naso.
-In che rapporti eravate? -
La mia relazione con lei non era proprio una "relazione".
Mi trovo sopra Callisto, le sto baciando il collo per poi passare alle sue labbra rosse di eccitazione, mi ferma dopo qualche secondo, scherzosa.
-Dobbiamo andare! - Ridacchia spingendomi via.
-Non è vero -  Le blocco le mani.
-Si! È domenica, dobbiamo andare in chiesa! - Sibila lei.
Ogni domenica c'era sempre la chiesa.
Dopo una dolce lotta fra il grano ci alziamo spolverandoci i vestiti da chiesa. Arriviamo davanti alla porta dell'edificio, sembra quasi inghiottirci, dopo una lunga corsa.
Padre Davide, per fortuna, non ha notato la nostra assenza. Ci accomodiamo ai nostri banchi in fondo e ci inginocchiamo.
La chiesa era considerata la roccaforte degli anziani. Era piccola ma vertiginosa, sul soffitto erano illustrate le pene raccapriccianti dei santi incorniciate da stucchi smangiati, le colonne erano lisce e l'oro che decorava i capitelli sembrava grattato via, in fondo si trovata l'abside che costudiva una grande croce in legno malandato. A differenza delle altre chiese questa non aveva decori che guardavano all'antichità, erano stati tolti tutti e rimpiazzati con oggetti che osannavano fino alla pazzia il cristianesimo, era priva anche di magnifiche vetrate variopinte, tutto era triste, serio e cupo, anche Callisto perdeva la sua luce.
D'un tratto vidi un ragazzo che riusciva a brillare in quella trappola, Giona.

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