Lacrime

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Eros sta preparando del tè mentre stiamo studiando per una verifica.
-Il mondo va avanti, degenerando nella follia, nella guerra e nella perversione e noi stiamo qui a cercare di sopravvivere ad uno stupido Test. - Dice spegnendo il gas per lasciare in infusione le foglie.
Io sfoglio le pagine del libro di scuola mentre aspetto che la mia tazza venga riempita.
-La mia testa è impegnata solo a pensare a Giona, mi sta venendo il vomito. - Gli rispondo cambiando discorso.
-Giona? Quel ragazzo solitario che si è appena trasferito?- Mi chiede divertito mentre si perde a guardare le foglie che galleggiano nella teiera.
La mia mente è pervasa da scariche e flash della mia memoria, di quella chiesa e di questo ragazzo dai lineamenti mascolini, sembrava disceso da quel mondo malsano di spiritualità ipnotica. Non riesco a concentrarmi.
Mi alzo di scatto.
-andiamo?.- dico.
-Che ti prende?! Mi terrorizzi, cazzo.- dice saltando sui suoi stessi passi.
Eros da poco si sta sentendo con un ragazzo lontano, che vive nella terra peccaminosa chiamata città, è più grande e serio. Avevo conosciuto il ragazzo questa estate sotto il cielo saturo e pesante del nostro paese, in mezzo all'assordante rumore delle cicale e del vento che attraversa le culture alte.
-Torna a cosa stavi facendo e dicendo, non mi servono questi particolari.- questa voce mi trapana il cervello, così forte che la lingua mi si ferma fra i denti bianchi.
Era l'arpia, bestia del governo, bestia, bestia.
Nel mentre pensavo e speravo di essermi rintanata nei miei ricordi ed invece c'è ancora questa donna davanti a me, orribile, vorrei sbranarla, vorrei che mi lasciasse in pace. Muori.
Dolcemente torno al pensiero del mio amico e cosa successe dopo il tè.
Mi alzo di colpo, il ticchettio dell'orologio.
-Sono stanca andiamo a fare una passeggiata.-
Ci alziamo e prendiamo a gironzolare senza meta nel paese.
Al fiume? Nel bosco? Nella biblioteca? Dovre potremmo andare? Penso fra me e me.
Ad un certo punto sentiamo un grido, ci dirigiamo velocemente, insieme a tutte le altre genti lì vicino, verso al grido.
Era una madre, una povera madre, era la madre di Giasone.
Giasone giace a terra in una chiazza di sangue, come in un dipinto sui sampietrini della strada, impossibile! Un vomito generale attraversa le nostre viscere, si fa strada verso i nostri corpi. Orribile, semplicemente orribile.
La madre straziata si batte il petto, una visione che nessuno dovrebbe mai vedere e ora è lì davanti ai nostri occhi, davanti agli occhi pungenti e malevoli di tutti.
L'odore del sangue penetra le mie narici pungente mente il colore del sangue così puro mi lascia paralizzata e non capisco se una malsana euforia stia nascendo nelle parti più oscure del mio cuore.
-Un vero peccato.- irrompe nella mia epifania Eros -ma forse gli sta un po' bene, è sempre stato una persona orribile.- continua.
Ha assolutamente ragione; nel nostro fondo noi odiavamo Giasone.
Lo odiavamo per molti motivi: perché era un ruffiano, un inconcludente, un malevole piccolo uomo che sarebbe diventato sicuramente un terribile grande uomo.
Tutti odiavamo Giasone.
Ci allontaniamo facendoci spazio per passare in mezzo a quelle maschere e sguardi.
-Che strano, ieri non mi sembrava che si volesse ammazzare, era un cane ma non mi sembrava così disperato. Anzi gli andava molto bene.- dico con schiettezza mentre apro il mio pacchetto nuovo di sigarette.
-Vero, è strano, è sempre stato strano qua intorno ma questo periodo è ancora più strano.- Eros risponde giocando con i propri capelli.
-Non avevo mai visto un suicidio dal vivo.- dissi.
Giasone era figlio di una famiglia ricca, avevano tutto, non aveva motivo per togliersi la vita.
Non sappiamo ancora che due giorni più tardi sarebbero stati trovati dei fiori nel suo letto e una poesia scavata nel legno del suo letto, come una maledizione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 01, 2023 ⏰

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