Le Erbe (Notte del 20 su 21 giugno) - La massima luce

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"Ardono i sementi, scricchiola il grano, insetti azzurri cercano ombra, toccano il fresco. E a sera salgono mille stelle fresche verso il cielo cupo. Son lucciole vagabonde. Crepita senza bruciare la notte d'estate". (P.Neruda)
Il Solstizio è la massima apoteosi della Luce sulla terra di mezzo, è una notte carica di energie che provengono da secoli di tradizione, è un passaggio che ci porta dal predominio Lunare a quello Solare che sarà celebrato con la festa del Raccolto (le nozze del Sole con la Luna). Solstizio deriva dal latino solstat, "il sole si ferma". Il fenomeno del "Sole che sosta" o del "Sole che fa i salti", è sempre stato osservato e feste in questo periodo risalgono ai babilonesi.
Come tutti i giorni di cambiamento, era considerato critico, di passaggio, servivano riti per esorcizzare la paura. Inoltre proprio in questo stato fra crescita e declino solare troviamo le condizioni ideali per la divinazione. Nell'antica Grecia i due Solstizi erano chiamati Porte: porta degli Dei il solstizio invernale e porta degli uomini quello estivo. La porta degli uomini è rivolta a Borea cioè a nord, mentre la porta degli dei è volta a Noto cioè a sud: effettivamente nel solstizio estivo il sole è a nord dell'equatore celeste, nel solstizio invernale a sud.
"Due porte metton ad esso: ad Aquilon si volge l'una, e schiudesi all'uom; l'altra, che Noto guarda, ha più del divino, ed un mortale per lei non varca... ". (Odissea: XIII, 133, 137).
I solstizi, dunque, erano un confine tra il mondo spazio-tempo degli umani e l'atemporalità degli Dei. Nella tradizione romana, il Custode delle porte solstiziali era il dio Giano bifronte (oggi nel calendario troviamo al suo posto i due San Giovanni (Janus-Joannes). Era festeggiato ai due Solstizi ed era rappresentato con due volti, uno barbuto e l'altro giovanile o femminile a secondo delle interpretazioni. Giano rappresenta l'iniziatore, colui che ruotando sulla sua terza faccia invisibile, cioè l'asse del mondo, conduce alle due Porte Solstiziali, quindi suo è il compito di accompagnare il passaggio da uno stato all'altro.
Nella notte del solstizio spesso si usava innalzare un'immagine o un simbolo di Giano all'ingresso principale della casa, per metterla sotto la protezione del dio. Quella porta diveniva la Janua Foris, ovvero la porta di Giano. Sempre a proposito di porte, fino a qualche decennio fa, nelle zone di campagna era ancora diffusa l'usanza a san Giovanni (24 giugno) di mettere davanti o dietro l'entrata di casa una scopa di saggina; secondo la tradizione avrebbe tenuto lontane le streghe, le quali, per sortilegio, avrebbero dovuto contarne i fili. Da qui c'è chi avanza l'ipotesi che Janara derivi dal latino "ianua" (porta), ma personalmente siamo più convinti che derivi da "dianara", cioè seguace di Diana.
Ed era proprio nella notte del 24 Giugno che le dianare (dominae nocturnae) della Societas Dianae (compagnia, corteo di Diana) erano solite svolgere la più importante riunione dell'anno sotto le
fronde del famoso Noce di Benevento.
Nel 1749 Girolamo Tartarotti, nel suo "Congresso Notturno delle Lammie", sosteneva che "niente era più rinomato in Italia del Noce di Benevento, credendosi comunemente dal popolino che ivi ci fosse veramente il maggior concorso di Streghe". La notte di san Giovanni quindi, fin dal medioevo, è legata al noce e ai suoi frutti che in molte zone d'Italia è ancora usanza raccogliere proprio in questa data, percuotendo i rami con grosse pertiche (mai con strumenti di metallo), a piedi nudi, per beneficiare fino in fondo della miracolosa rugiada ovvero per un nocino dalle magiche virtù.
L'albero del noce, come la quercia sacra dei druidi, rappresenta la congiunzione fra cielo e terra, il ponte o la porta fra le dimensioni che nella notte del Solstizio diviene sottile e penetrabile. Ecco un esempio di come una semplice usanza popolare riveli contenere antichissime conoscenze. Questa notte di "mezza estate" è sicuramente la più ricca di leggende, di tradizioni, di rituali misteriosi, un momento straordinario per ritrovare negli antichi racconti e usanze quanto di più suggestivo ci può dare l'Anno magico. Per prevedere il futuro, sotto il guanciale venivano messe le cosiddette "erbe di San Giovanni", legate in mazzetto in numero di nove ma di qualità varianti da paese a paese. Indispensabile era l'iperico. Scrive Fattori, in "Feste Pagane": "L'usanza antica di certe donne di recarsi nude a raccogliere erbe ricorda antichi riti in cui le donne andavano nude nei campi per propiziare il raccolto, spesso compiendo danze cavalcando bastoni o manici di scopa".
Le erbe più note e ricercate della notte di San Giovanni sono l'iperico chiamato anche scacciadiavoli, considerato un anti-malocchio, l'artemisia detta anche assenzio volgare, consacrata a
Diana, la verbena simbolo di pace e di prosperità, e il ribes i cui frutti rossi proteggono dai malefici.
Se invece si desiderano molti quattrini, a mezzanotte si dovrebbe cogliere un ramo di felce e tenerlo in casa.
Altra tradizione comune a culture diverse è il "comparatico" di San Giovanni. Se ci si lega simbolicamente, anche tra persone di sesso diverso, il 24 giugno, si resta spiritualmente legati per tutta la vita: compari e comari. Questa usanza pare derivare direttamente dal culto dei "giardini di Adone",divinità della vegetazione, ed in particolare del grano. Si trattava di cestini o vasi, riempiti di terra, nei quali le donne seminavano frumento, orzo e fiori che curavano poi per otto giorni.
Grazie al calore del sole le piantine germogliavano ma non avendo messo radici altrettanto in fretta sfiorivano; i recipienti venivano così portati via con i resti del dio Adone e gettati in mare o nelle sorgenti. Anticamente questi erano incantesimi per favorire la ripresa della vegetazione, così come il grano cresceva rapidamente nei vasi sarebbe cresciuto nei campi.
In Sardegna, ci segnala l'antropologo Frazer nei primi decenni del novecento, c'era ancora l'usanza di piantare questi giardini in occasione della festa di mezz'estate. Alla fine di maggio le ragazze confezionavano vasi con la corteccia del sughero, lo riempivano di terra e vi seminavano grano oppure orzo. Le piantine venivano curate fino alla vigilia di San Giovanni, quando erano gia abbastanza alte. Il vaso, chiamato "erne" il 24 giugno veniva rotto nel mezzo della festa in cui tutti mangiavano e ballavano al suono dei flauti. Si mischiava quindi il vino in una coppa di legno che veniva fatta girare fra i presenti seduti in circolo intonando un canto: "compare e comare di San Giovanni" a suon di musica.
In altre zone d'Italia alla vigilia di questa festa si mettono ancora sulle finestre vasi di grano decorati con una bambolina o una figura priapica di pasta di pane. C'era chi, sul davanzale della finestra, esponeva un boccale di vetro colmo d'acqua in cui aveva versato una chiara d'uovo. All'alba venivano tratti gli auspici a seconda della forma che la chiara nel frattempo aveva assunto. La ragazza che voleva conoscere il futuro amoroso, riempiva la caraffa con acqua attinta da ben sette fontane. Due, e non più, le cucchiaiate di quel liquido. Le interessate, al mattino, vi potevano scorgere (attraverso la chiara d'uovo) le fattezze del futuro marito.
Il nocino, gli infusi, la rugiada, le erbe raccolte in queste notti da bruciare sui falò, sono carichi di grande energie che provengono dalla tradizione, contengono ancora le antiche virtù e queste non spariranno solo perché qualcuno ha deciso che così dovrebbe essere, poiché sono fatte di simboli autentici, di antica magia, quella ciclica che mai svanirà.
Ancora una volta quindi cammineremo scalzi sui prati perché la "guazza", rugiada della notte, era considerata un farmaco potente di purificazione e raccoglieremo 24 spighe di grano che, se custodite gelosamente, porteranno fortuna, una sorta di bagno nell'acqua odorosa di fiori di campo come camomilla, margherite, melissa o ginestre, perché in questa mirabile notte si possono trovare tesori nascosti e acque di lunga vita. Ed ora si apriranno ancora una volta le porte solstiziali, ancora oggi, come nei secoli scorsi, qualcuno apre ciò che nessuno può chiudere e chiude ciò che nessuno può aprire. Apritevi alla notte e ai misteri per riempirvi così di rugiada immortale.

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