6. Moto

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6. Moto

Oltrepassammo indenni anche quella parete. Mi aspettavo un altro corridoio, invece la pendenza variò bruscamente e ci ritrovammo su una rampa che accelerò oltre ogni mia immaginazione verso il basso, come una scala mobile impazzita.

La sorpresa mi sbilanciò anche perché non c'era alcun corrimano, né protezione e il vuoto incombeva attorno, una rampa mobile nel nulla. Jason lasciò la mia mano e mi afferrò giusto in tempo alla vita, stringendomi a lui prima che precipitassi. Non commentammo.

Era buio, ma poco a poco i miei occhi si abituarono e mi resi conto che attorno a noi qualcosa c'era: soppalchi su soppalchi che contenevano qualcosa, non capivo cosa però.

La discesa terminò all'improvviso, ma ero pronta e piantai per bene i miei piedi a terra per evitare di dover essere nuovamente salvata da Jason.

C'eravamo fermati non so a quale piano e come facemmo un passo una luce fioca illuminò ciò che non ero riuscita a scorgere bene prima.

In un attimo mi si chiuse lo stomaco. Era l'aggeggio di Jason, quello con il quale mi aveva quasi investito alcuni giorni prima. Ci trovavamo in un garage.

Lo guardavo attonita quando Jason parlò. "Questo è 153".

Un altro numero? Non so perché, ma provai compassione per la...moto.

Quasi mi avesse sentita, questa rombò, strappandomi un urlo spaventato.

"Ehi, buono!". Ma Jason non ammoniva me, bensì il suo mezzo, che notai con grande sconcerto si teneva in piedi sulle due enormi ruote senza cavalletto.

Era nera, lucente e davvero enorme; più alta e più lunga di qualsiasi moto avessi mai visto. Appena sotto il manubrio c'era una specie di display pieno di tasti e una semi sfera luminosa che sembrava pulsare di vita propria.

Guardai Jason perplessa. "Scusa, ma hai appena sgridato la tua moto?".

Mi sorrise imbarazzato e la indicò. "Ha un brutto carattere", si scusò come riferendosi a un cagnolino non addestrato. "E' semi senziente, programmato per riconoscermi; sai, mi è molto utile nel mio lavoro, essendo collegato al sistema centrale sa esattamente dove portarmi in caso di guasto non riparabile dal mio alloggio". Mi osservò accigliato in attesa delle mie successive domande.

Io però mi limitai ad avvicinarmi alla moto, era bella... Non capivo perché Jason si riferisse a lei come se fosse un'entità maschile. Sempre che gli oggetti potessero avere un sesso, a me sembrava palesemente femmina, bella e decisamente capricciosa.

Posai la mano sulla lucente carrozzeria e pensai a quanto sarebbe stata ancor più strepitosa se fosse stata di un bel viola cromato.

Come nel peggore dei miei incubi, o nel più fantastico dei sogni – semplici punti di vista- la moto diventò esattamente del colore che avevo immaginato.

"Ah!", ritrassi la mano come se avessi toccato una piastra bollente.

"Ma cosa...", attaccò Jason, l'espressione più esterrefatta della mia.

"Scusa...può tornare come prima... vero?". Ero mortificata.

Gli occhi di Jason, incatenati ai miei, passorono dallo stupore a qualcos'altro. Che per l'ennesima volta non capii.

"Ti riconosce", sussurrò rapito.

"Dici?", bisbigliai con fare cospiratorio.

La moto rombò.

Un ghigno entusiasta spuntò sul mio volto, la toccai nuovamente e la immaginai colorata come l'arcobaleno, come un caleidoscopio luminoso, e lei magicamente obbedì.

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