Capitolo 3

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Eleanor si sentì artigliare il seno non ancora del tutto sviluppato mentre l'altra mano si infilava rudemente tra le sue snelle cosce penetrandole insieme a quelle parole che le si conficcarono nel cuore facendole perdere il controllo.

Cominciò a dimenarsi disperata e a gridare, ma nulla poteva contro la brutalità e la forza di Gunter che se la caricò sulle spalle trascinandola via tra le risate sguaiate degli altri banditi, mentre i soldati di Ashara schiumavano di rabbia impotenti di fronte all'orrore e la violenza perpetrata su quella giovane che avevano giurato di proteggere.

L'uomo condusse la giovane principessa in una capanna non molto distante e la scaraventò su un pagliericcio che doveva essere il suo letto. Gli occhi colmi di terrore della ragazzina lo eccitarono enormemente. In fretta si sfilò la casacca gettandola in un angolo, Eleanor cercò di approfittare di quell'istante per cercare di scappare ma un manrovescio dell'uomo in pieno viso la fece finire nuovamente a terra con un grido di dolore.

L'uomo le fu subito sopra impedendole di riprendersi e catturò le labbra della ragazza divorandole in un bacio famelico mentre con le sue mani sporche esplorava il corpo di lei. Invano cercava di sottrarsi alla sua presa, lui la schiacciava a terra rendendola impotente.

Quando Gunter si sollevò sopra di lei e lacerò il corpetto del vestito scoprendole i seni Eleanor sentì la sua stessa anima lacerarsi. La sua mente era invasa dai pensieri brutali e violenti dell'uomo che la sovrastava.

La principessa vedeva chiaramente nella mente del predone ciò che bramava e cosa stava per farle. Sentiva le sue mani su di lei e il dolore che le provocava veniva accentuato dalle visioni di sofferenza e orrore che nella sua mente l'uomo progettava di infliggerle e che presto l'avrebbero investita in una spirale sempre crescente di brutalità.

A risvegliarla dalle visioni perverse che la mente brutale del barbaro le trasmetteva fu la pressione dolorosa di quel corpo estraneo che cercava di penetrarle le carni tra grugniti animaleschi. Un disgusto e un rifiuto carico di rabbia la pervase. Non poteva lasciarlo fare senza nemmeno tentare di reagire. Doveva dominare le visioni e la paura che la schiacciavano e usarle a suo vantaggio.

Si inarcò inducendo l'uomo a grugnire di piacere e a mollare la presa dalle sue braccia costrette immobili sopra il capo. Sentiva la sicurezza dell'uomo di averla piegata lo sentiva pronto ad infilzarla e farla urlare stringendola per i fianchi a se fino a farla sanguinare, ma questa volta non si fece piegare dal pensiero dell'uomo.

Aveva finalmente le mani libere e le alzò sopra la testa dove gli spilloni che avevano fermato alla nuca i lunghi capelli della giovane si trovavano ancora nonostante i capelli si fossero sciolti nel dimenarsi frenetico sul pagliericcio.

Afferrato con la sinistra uno dei due spilloni, quando l'uomo si chinò su di lei per preannunciarle ciò che si prefiggeva di fare a breve, glie lo conficco in un occhio.

Le grida dell'uomo non furono udite da nessuno, sommerse dalla confusione che fuori dal capanno regnava.

La ragazza sapeva che non doveva perdere un istante, sicura si mosse con la destra verso lo stivale dell'uomo estraendone il pugnale che durante il tragitto aveva scoperto l'uomo teneva lì nascosto. Afferrata l'arma la puntò dritta contro il suo aggressore che crollandole addosso se lo conficco dritto nel cuore.

Eleanor era schiacciata sotto il peso dell'uomo. Non riusciva a reagire se non tremando in preda ad un pianto isterico. La violenza subita amplificata con la connessione mentale con il suo aggressore di cui aveva sentito ogni sensazione fino alla morte le martellavano nel cervello.

Si sentiva soffocare e risucchiare in un oscuro vortice di sofferenza senza fine: la morte che aveva irretito l'uomo sembrava ora penetrare in lei e volerla ghermire trascinandola all'inferno con il suo carnefice.

Forse si sarebbe arresa lasciandosi morire lì se il miagolio di un gatto non l'avesse richiamata alla realtà che la circondava.

Quel miagolio sembrava al suo orecchio quasi il pianto di un bambino che chiedeva disperatamente aiuto. Nella mente di Eleanor si fece largo il pensiero degli uomini che avevano catturato con lei e che avevano bisogno di aiuto. Quel pensiero fu sufficiente a distrarla e a farle raccogliere le ultime forze.

Con grande fatica riuscì a spostare il corpo del uomo dal suo. Era praticamente nuda, le sue vesti completamente lacerate erano inutilizzabili. Sulla sua pelle tremante lividi bluastri cominciavano ad apparire un po' ovunque e un senso di vergogna e umiliazione l'avrebbe fatta rannicchiare piangente su se stessa, se come un mantra non si fosse ripetuta che doveva aiutare i suoi amici e fuggire da lì.

«Devo reagire, devo andarmene da qui ma come? O dei della terra vi prego aiutatemi, datemi la forza...» Prese a mormorare Elanor e come risposta alla sua preghiera il gatto le fornì la risposta.

Il felino era entrato nella capanna da alcune assi dissestate inseguendo un bel topolino di campagna che aveva cercato lì rifugio dal suo predatore. Un buco nel pavimento troppo piccolo per far passare il grosso gatto nero che lo inseguiva salvò la vita al topo lasciando il beffato felino a miagolargli contro reclamandolo come sua cena e infine rassegnato alla sconfitta, davanti allo sguardo disperato di Eleanor aveva deciso di uscire da dove era entrato indicandole così la via di fuga.

Con riluttanza, racimolate tutte le forze che le erano rimaste, la giovane estrasse il coltello dal petto dell'uomo e gli sottrasse il mantello coprendosi alla meglio legandoselo in vita con una corda trovata nella stanza. Con l'aiuto del pugnale divelse le assi già malconce aprendosi un passaggio sul retro della capanna e strisciò fuori, pregando di passare inosservata e avere la forza necessaria per raggiungere i suoi amici e liberarli.

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