Capitolo 6

18 2 4
                                    


Il mattino seguente l'ordine del capitano fu eseguito e al suo risveglio Eleanor fu accolta dalla gioia festante dei soldati. Non c'era però tempo da perdere: la fuga doveva riprendere al più presto. La marcia che li attendeva era lunga e non potevano forzare il passo senza rischiare di affaticare troppo la principessa  che era ancora debole. 

Nei successivi due giorni il piccolo manipolo avanzò attraverso la boscaglia lungo sentieri poco battuti. La retrovia cancellava con cura ogni traccia del loro passaggio.

Le lunghe ore di cavalcata sfiancavano Eleanor. Le contusioni violacee, che le decoravano il busto, dolevano ad ogni movimento un po' più brusco del suo destriero, mentre le ferite ancora fresche sui piedi e le gambe finivano per riaprirsi e sanguinare. Nonostante tutto la Principessa non si lamentava, non volendo costituire un fardello più pesante di quanto già non fosse. Si sentiva in colpa: senza di lei avrebbero potuto fuggire più velocemente e, a dirla tutta, con molta probabilità non si sarebbero  mai trovati in quella situazione se non fosse stato per lei. Avrebbe dovuto ascoltare la sua dama di compagnia e fingersi malata per non partire, ma il suo stupido orgoglio, che non voleva darla vinta al principe di Ashara e a sua sorella Sibylle, l'aveva spinta contro ogni buon senso ad accettare quel folle incarico. 

Il senso di colpa si faceva ancora più pungente nel constatare con quanta cura il capitano e gli altri soldati di Ashara la trattassero. Nessuno di loro la biasimava e si prodigavano in ogni modo per aiutarla e farla sentire al sicuro. Lo stesso capitano ogni sera curava le sue ferite e cambiava le medicazioni con cura imponendosi di essere gentile, ma al contempo murando le proprie emozioni dietro un muro bianco e freddo. La stava tenendo a distanza e questo la faceva sentire sperduta. Da quando erano finiti prigionieri poter percepire i pensieri di Amon l'aveva sempre fatta sentire meglio come una calda in una notte fredda d'inverno. Avesse voluto Eleanor era quasi certa che sarebbe riuscita ad abbattere la barriera e scoprire i veri sentimenti del capitano nei suoi confronti, ma non era giusto: aveva approfittato fin troppo del suo senso del dovere che per proteggerla le aveva dato accesso ai sentimenti celati sua anima. Non lo avrebbe rifatto di nuovo. Doveva stringere i denti e comportarsi come una degna scudiera e Guardia dell'Ultima Dimora anche se questo voleva dire sentirsi così triste.   

Quando erano ormai  prossimi a raggiungere l'avamposto del generale Radish, si trovarono un nutrito manipolo di uomini armati avvolti in neri mantelli privi di insegne a sbarrargli il passo.  Non avevano vie di fuga, i loro cavalli erano stanchi e il sentiero obbligato. Erano ancora in territorio ostile e per quanto non avessero l'aspetto dei predoni che li avevano attaccati e catturati potevano benissimo appartenere ad una qualsiasi delle milizie nemiche coinvolte negli scontri che da alcuni anni insanguinavano il confine. Ritirarsi e nascondersi li avrebbe solo fatti finire di nuovo nelle mani dei predoni che li stavano inseguendo. 

Il capitano di Ashara era determinato a proteggere la principessa a qualunque costo e non esitò."Bellfire prendi la principessa e scappate. Noi li tratterremo finché possiamo." 

"No!" chiara ferma la voce della giovane si oppose "Non scapperò. Combatterò e morirò come una vera scudiera di Namhar." una volontà d'acciaio sostenuta da un antico potere serrarono intorno a lei i ranghi piegando persino la volontà del capitano che per ultimo cedette davanti al suo sguardo infuocato. 

"E sia per Ashara, Namhar, Farastur e tutti i popoli liberi non moriremo senza lottare." incoraggiò i suoi uomini che serrarono i ranghi intorno alla principessa: avrebbe combattuto al loro fianco, ma avrebbero dovuto ucciderli per arrivare a lei un'altra volta, pronti anche al gesto estremo pur di salvarla dall'essere nuovamente catturata.

Grande fu dunque la sorpresa quando, ormai pronti allo scontro, la guarnigione nemica si tolse i cappucci e levò gli stendardi: erano il re Thalion di Ashara con i suoi fedelissimi alleati scortati dalle loro truppe scelte. 

"Capitano cosa è accaduto?!" Fece re Thalion duro. Prima che il capitano Amon potesse eseguire il comando del suo signore e spiegare quanto loro accaduto  Magor, signore di Namhar,  si precipitò in avanti  esclamando: "Eleanor, per tutti gli Dei, sei davvero tu?" così dicendo smontò da cavallo per raggiungerla mentre i soldati si spostavano per cedergli il passo. Nonostante fosse vestita come un soldato aveva subito riconosciuto la nipote che per lui era come una figlia. 

Eleanor aveva cercato di tenere a bada la paura e l'ansia per l'imminente scontro e comportarsi come una vera scudiera di Namhar forte e dignitosa ma, alla vista dello zio che le tendeva le braccia, si dimenticò di ogni proposito. Scesa a sua volta dal fido destriero si gettò tra le braccia di colui che per lei era stato un padre.  Magor strinse con vigore la nipote a sé, ma il gemito di dolore che la sua nipote preferita emise lo fece allentare immediatamente la presa su di lei e scostatala appena domandò: " Cosa ci fai qui con indosso le insegne di Ashara?" Quella semplice domanda fece abbassare e riempire gli occhi  della giovane di lacrime . "Mi dispiace zio, mi hanno strappato il vessillo di scudiera di Namhar, ma ho lottato quanto ho potuto per difenderlo e rendergli onore e ho vendicato l'onta uccidendo chi si è permesso di farlo. Puoi perdonarmi?" 

Il senso di quelle parole riempì il cuore del signore dei cavalli di una profonda ira che per essere placata chiedeva il sangue di coloro che avevano osato alzare la mano sulla nipote, tuttavia frenò il suo desiderio di vendetta per darle conforto:  "Sono fiero di te piccola e l'unica cosa che conta è che sei viva. Ora vieni, cavalca al mio fianco valorosa scudiera di Namhar." 

Un debole sorriso si aprì sul volto della giovane principessa di Farastur ma qualcosa o meglio qualcuno che li osservava dall'alto della sua cavalcatura alle spalle dello zio la fece irrigidire. "Padre" disse incerta su cosa fare, sentiva il disagio del genitore per non averla riconosciuta e un sentimento simile alla gelosia per l'affetto e la complicità così palese tra lei e lo zio provenire con sorprendente chiarezza da lui. 

Eleanor non odiava il padre, ma nemmeno lo amava, semplicemente non lo conosceva  e non era mai riuscita a percepire da parte sua alcuna emozione, almeno fino ad oggi. Poter per la prima volta leggere i sentimenti di suo padre l'aveva stupita e paralizzata. Non sapeva come comportarsi. A sbloccare la situazione intervenne il capitano delle truppe speciali che suggerì:  "Qui non è sicuro, consiglio di procedere e lasciare le spiegazioni a quando saremo all'accampamento" Il re di Farastur annuì:  "Avete ragione,  rimettiamoci in marcia. Eleanor monta a cavallo e prendi posto tra me e tuo zio." 

La marcia riprese in silenzio. Il capitano e gli altri sopravvissuti della delegazione inviata dalla capitale si unirono ai loro compagni nelle retrovie. Erano sollevati di aver finalmente condotto la principessa al sicuro, ma al contempo sentivano una profonda tristezza dal doversi separare da colei che era ormai la loro principessa. 

Il RisveglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora