Capitolo 4

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Il capitano di Ashara e i suoi uomini, rinchiusi nella gabbia, avevano smesso di lottare. Avevano fallito. La  principessa di Farastur, che avrebbero dovuto proteggere, era stata trascinata via da uno di quei barbari le cui intenzioni erano chiare come il destino a cui stavano andando incontro. 

I soldati della guarnigione del fuoco avevano accolto  con diffidenza Eleanor, ma ella aveva saputo conquistare il loro affetto. Giovane ma non avventata, coraggiosa ma non imprudente, cresciuta tra le praterie e i boschi rigogliosi delle terre selvagge del regno di Shadram, si era dimostrata una degna scudiera della guardia dell'Ultima Dimora di cui indossava con orgoglio lo stemma.

Una giovane perla rara nelle cui vene scorreva una scintilla dell'antico potere. Avrebbe dovuto essere tenuta al sicuro dietro le inespugnabili mura della capitale e trattata come un'appartenente al casato reale di Ashra e invece era stata gettata come un' esca sacrificabile in pasto a quelle bestie senza valore. 

Le loro vite non sarebbero valse più nulla dopo quella notte e si sarebbero consumate nella vendetta che in un modo o nell'altro avrebbero perseguito. Amon e i suoi uomini avrebbero votato a quello scopo il resto dei loro giorni: uccidere tutti coloro che avevano levato la loro mano contro la principessa e, se fosse sopravvissuta a quella notte, l'avrebbero cercata ovunque per salvarla.

«Capitano...» una flebile  voce  prese a risuonargli nella mente e lo richiamò dai suoi cupi pensieri alla realtà e lo fece muovere verso le sbarre della prigione. Levato lo sguardo, la vide: era avvolta in un mantello sporco e cencioso con cui si copriva alla meglio e avanzava carponi verso la gabbia cercando di passare inosservata.

Eleanor era stremata, la testa le martellava, il corpo le doleva e solo la forza di volontà la sosteneva ancora nel suo lento trascinarsi verso gli amici ancora prigionieri. C'era quasi. Se solo il capitano l'avesse vista, se solo si fosse avvicinato alle sbarre  e l'avesse scorta, era certa di poter attingere da lui la forza di cui aveva bisogno per combattere l'oscurità che si stava facendo strada in lei e rendeva ogni movimento più difficile e il desiderio di lasciarsi li a morire più intenso.

Era allo stremo ma, proprio quando stava per cedere, ecco il miracolo: il capitano l'aveva vista. Ora poteva vedere i suoi splendidi occhi grigi e in essi cercare rifugio.

Il capitano si sentì travolgere dalla disperazione di Eleanor. Non aveva mai percepito così chiaramente le emozioni di qualcuno. Era come vedere con gli occhi di lei e sentire tutto ciò che provava. Era un guerriero ma, per un istante, temette di non poter resistere. Un moto d'orgoglio lo fece però reagire e accolse la supplica della giovane che chiedeva di dargli la forza per proseguire nonostante il dolore e la paura.

Pochi istanti e  le loro mani si toccarono. Un debole sorriso illuminò il viso di lei mentre gli consegnava un lungo coltellaccio affilato e letale che avrebbe permesso a tutti loro di fuggire da lì. C'era riuscita. Una piccola vittoria che tuttavia non poteva far cessare il dolore che tornò a piegare il suo sorriso in un gemito e il mondo scomparve risucchiato in un abisso di oscurità e tormenti.

Slegati gli uomini e aperta la gabbia Amon impartì gli ordini. Dovevano evitare di far scoprire troppo presto la loro fuga. La confusione dei festeggiamenti e la sorveglianza quasi inesistente dei prigionieri avrebbe giocato a loro vantaggio. Silenziosi, uccisero alcuni barbari a cui sottrassero gli indumenti per poi rinchiuderli nella gabbia vestiti con le insegne di Ashara.

Nascosti sotto i mantelli dei nemici uccisi recuperarono parte dell' equipaggiamento, i loro cavalli e fuggirono.

Il capitano non aveva permesso a nessuno di toccare il corpo esanime di Eleanor che era caduta nell'incoscienza in preda a una forte febbre. L'aveva legata a sé durante l'estenuante corsa verso la salvezza. Dovevano raggiungere quanto prima un loro avamposto, ma le condizioni della principessa  continuavano a peggiorare. Il suo respiro era sempre più affannoso e tutto il corpo tremava in preda a una febbre che non voleva lasciarla. 

Dovevano fermarsi  e cercare di curarla, o quantomeno cercare di abbassare la febbre, se non volevano rischiare che morisse. Era necessario verificare lo stato di salute della principessa e curare le ferite con quello che erano riusciti a recuperare del loro equipaggiamento nella speranza che fosse sufficiente. Il capitano mandò a prendere dell'acqua e la fece scaldare. Prese a toglierle il mantello con cui si era coperta e che stringeva opponendo una disperata resistenza.

Amon capiva il motivo per cui la giovane lottava contro di lui, ma  era necessario per poterla curare. Non voleva tuttavia usare la forza così prese ad accarezzarle la testa dolcemente, mormorando frasi rassicuranti per farla quietare.

Lentamente la principessa, se pur preda degli incubi della febbre, allentò la presa e gli permise di vedere le sue condizioni. Sotto il mantello quello che restava dei suoi indumenti lasciava ben poco all'immaginazione, essendo stati lacerati con brutale ma precisa intenzione.

C'era molto sangue incrostato, ma tolto questo, restavano solo lividi e graffi. Nulla che spiegasse la forte febbre e lo stato di incoscienza in cui versava la principessa.

Lo stato d'animo dei guerrieri era cupo. Più il tempo passava senza miglioramenti e la disperazione prevaleva sulla rabbia, più le condizione della giovane principessa peggioravano.

Fu allora che il capitano comprese. Come posso essere stato così stupido! sbraitò irato contro sé stesso, quindi si rivolse ai suoi uomini. "Soldati, so come salvare Eleanor!"

Un moto di speranza e gioia fece accorrere gli uomini valorosi al suo comando, mentre il respiro  affaticato della ragazza sembrò migliorare un po'. Ecco la prova che cercava, la conferma ai suoi sospetti e alla sua speranza.

"Ho bisogno della vostra forza, del vostro coraggio e della vostra fiducia!"

"Sono vostri comandante non dovete nemmeno chiedere! Diteci cosa fare e lo faremo!" Fu la risposta corale dei suoi uomini

" La principessa Eleanor possiede il dono e grazie ad esso deve essere riuscita a sopraffare il suo aggressore ma, non avendo avuto alcuna istruzione sui pericoli che il suo uso comporta, credo non sia riuscita a staccarsi dalla sua mente in tempo. La morte che ha ghermito quel barbaro è penetrata in lei e la sta trascinando all'inferno e c'è solo un modo per salvarla."

"Cosa la fa pensare che abbia ucciso il suo aggressore?"

"Il dono? Ma ne è sicuro? Capitano, lei non è una Asharai..." presero a parlare tutti insieme i soldati sconvolti.

"Lo so, non ci credevo nemmeno io, ma è così. Ha chiesto il mio aiuto, l'ho sentita nella mia testa supplicarmi di darle il mio coraggio e di proteggerla permettendole di accedere ai miei pensieri per non impazzire e, quando ci ha raggiunto e salvato, ho provato il suo dolore come fosse il mio, ho visto con i suoi occhi l'orrore che la dilaniava e che ora la sta uccidendo. E sì, sono sicuro, ha ucciso quel bastardo..." al capitano si incrino appena la voce lasciandosi per un istante prendere dai ricordi di ciò che aveva visto nella mente della principessa, ma non era il momento per esitare quindi proseguì. "Dobbiamo aiutarla. Dobbiamo darle la nostra forza per sconfiggere l'ombra che la sta ghermendo: dobbiamo unirci nel cerchio di luce del sacro spirito delle Anime!"

"Ma capitano noi non siamo sacerdoti, né abbiamo il potere delle antiche casate: siamo quasi tutti figli cadetti. Non ce la faremo mai: non siamo abbastanza forti, o esperti per..."

"Perché lei lo era per affrontare tutto questo? E' quasi morta per salvarci! Dobbiamo tentare!" sbraitò irato il comandante: "O volete lasciarla morire e condannarla al tormento eterno prigioniera della brutalità del suo aguzzino che la sta trascinando con sé nel suo inferno!?"

"No, capitano, non lo permetteremo: ha il mio spirito!" Fece il più giovane tra i soldati a cui si unirono gli altri.

Belfire corrugò la fronte: il capitano Amon stava loro chiedendo di mettere a repentaglio le loro anime per quel piccolo giglio che non avevano saputo difendere con il ferro delle loro spade e che ora potevano salvare solo con la forza dei loro spiriti. Un prezzo alto da pagare, se avessero fallito, ma l'onore richiedeva di affrontare quel rischio e che il dio del fuoco desse loro la forza necessaria, perché solo un miracolo avrebbe loro impedito di sprofondare nell'oblio insieme alla principessa.  

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