Caleb si sedette al suo posto, dopo l'ennesima sgridata per l'ennesimo ritardo. Non gli importava. Essere puntuale non era una priorità. Lui nemmeno voleva andarci, a scuola. Non seguiva nemmeno le lezioni, preferiva disegnare scarabocchi sul banco o opere d'arte sul suo blocco da disegno. Quel blocco era tutto, per lui. Ed anche se rischiava spesso di farselo ritirare, non poteva fare a meno di disegnarci sopra quando si sentiva ispirato. Che fosse durante una lezione o durante la pausa pranzo, durante il cambio dell'ora o a casa. Se doveva disegnare, non lo fermava nessuno. Lo stesso valeva se si metteva a scrivere testi di canzoni da provare poi sulla chitarra.
Durante la pausa pranzo, si sedeva isolato dal mondo. Con lui stava solo Joe, il suo migliore amico. Joe è sempre stato tranquillo e apparentemente serio, solo Caleb sapeva che in realtà è stato più di questo. In quel preciso istante, il castano stava in silenzio a scrivere. Scriveva bene, ma a detta di Joe a volte era incomprensibile. E gli andava bene così. Chi poteva capire, avrebbe capito. Chi non poteva, non era degno di nemmeno una spiegazione. Fu proprio durante la parte più importante del suo scritto che gli passarono davanti Jude, David e un'orda di ragazzi che li seguivano e facevano casino. Caleb quasi spezzò la matita in due, irritato, mentre scorgeva tra tutti i ragazzi il viso perfetto di Jude Sharp, coperto ovviamente dai suoi occhialini. Il punk lo odiava. Non era invidioso di lui, come molti pensavano. Lo odiava perché, dopo averlo visto negli occhi solo una volta, aveva percepito di non essere solo. È stato un sollievo durato pochi attimi, quasi come se il mondo si volesse prendere gioco di lui. Come se il mondo volesse fargli capire cosa si perdeva, continuando a essere così. Si perdeva gli altri. Perdeva l'amicizia, la compagnia, l'amore e l'affetto. Dopo quel giorno, non provò più nessuna sensazione anche lontanamente simile. E per questo lo odiava. Odiava anche solo sentire il suo nome. Jude Sharp. Jude era il primo della classe, in tutte le materie. Era capitano della squadra di calcio della scuola. Era il più popolare, nonostante Caleb lo classificasse tra i nerd. Sembrava amare la scuola quasi come un rifugio. Jude, lì, era amato. E lui? Caleb andava bene in tutte le materie eccetto una, nonché la sua preferita. Matematica. A lui piaceva la materia, ma non il prof. E al prof lui non piaceva. Caleb non era entrato a scuola in modo normale. Sua madre ha dovuto fare dei "lavoretti" al preside per raggiungere la quota giusta per farlo ammettere. Al castano non andava proprio giù questa cosa. Poteva anche non andarci, a scuola. Non sarebbe di certo morto per questo. Ma sua madre voleva che avesse un futuro e, alla fine, non ha potuto non andare. Ma alcuni prof sapevano questo, alcuni lo odiava. Come il prof di matematica, che anche se faceva tutto perfetto gli metteva sempre un voto in meno in confronto a Jude. Altri prof lo guardavano con quello sguardo, lo sguardo che più odiava. Pietà. Lo guardavano come se avessero davanti qualcuno che viveva di merda con una puttana. Non era così. Caleb amava sua madre, tantissimo. Non la considerava una puttana. Per lui era semplicemente sua madre. E con lei stava bene. Ma nessuno lo capiva. Per questo non voleva nemmeno provare a farsi amici. Se qualcuno gli si avvicinava, mostrava il suo lato strafottente, da stronzo. Così allontanava tutti. Così stava meglio che con gli altri. Caleb odiava la scuola, era la sua prigione. E a scuola tutti lo odiavano o, nel migliore dei casi, lo rispettavano da lontano. Andava bene così.
Caleb non voleva pietà, né aiuto. Ma questo non gli impediva di girare per la scuola con le braccia piene di tagli rossi. Voleva che gli altri leggessero la sua storia, anche se questo comportava ricevere gli sguardi dei prof. Oh, quegli sguardi odiosi. Sguardi di chi dietro un sorriso preoccupato, nasconde disapprovazione e superiorità. Come se Caleb stesse sbagliando qualcosa. Lo guardavano come se volessero sgridarlo. Non voleva aiutarlo davvero. Per questo Caleb si rifiutava di andare dalla psicologa della scuola. Andava bene così
STAI LEGGENDO
Skin of paper
Fanfiction«La tua pelle non è carta. Non devi tagliarla» «È su questo che ti sbagli. La mia pelle è carta e la lametta è la penna. Ed è con questa che racconto i miei errori» Caleb Stonewall era un ragazzo solo. Non era solo perché non c'era nessuno con lui...