"Cosa ti spaventa?"

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Fu quel giorno che tutta la sua relazione con Jude cambiò. Erano ormai al terzo anno di scuola superiore. Si conoscevano già da due. Hanno passato insieme l'estate. O meglio, Jude è spesso andato a casa di Caleb per non lasciarlo solo. E al punk non dava fastidio. Era una giornata autunnale quando tutto cambiò. L'anno scolastico era da poco ricominciato. I due stavano pranzando, insieme come ormai era diventata un'abitudine.
«Caleb, di cos'hai paura?»
Il punk inizialmente non rispose. Jude pensò che non avrebbe ricevuto alcuna parola dall'altro, ma alla fine Caleb parlò.
«Della vita»
Una risposta secca, chiara ma allo stesso tempo enigmatica. E Jude non capì questa risposta.
«Non dovrebbe essere la morte quella che fa paura?»
«La morte è la fine. Per questo fa paura. Ma se vivi con la paura di continuare ad andare avanti, la fine ti sembra bella»
«Quindi? La storia che hai scritto sulla tua pelle vuoi finirla?»
«Si. È per questo che scrivo. Per raggiungere la fine»
«Non raggiungerla»
E Caleb rimase in silenzio.

«Secondo te cosa c'è dopo la morte?»
La domanda di Joe fece irrigidire Caleb. Avevano 12 anni. Stavano insieme in quella stanza. Il punk seduto accanto all'amico steso. Cos'avrebbe dovuto dire? Una bugia? No. Joe non voleva una risposta per essere rassicurato. Era curioso e basta. Come sempre.
«Niente. Non penso che dopo la morte ci sia qualcosa»
«Quindi la morte è semplicemente la fine della vita?»
«Beh, non sono morto quindi non posso risponderti sai? Però si, penso che sia così»
«Mh... Caleb»
«Che vuoi ancora?»
«Non ho paura della fine»
«Eh? Perché?»
«Non pensi che la vita faccia più paura?»
«Si. L'ho sempre pensato. Ma io sono io»
«Ed io sono il tuo migliore amico per un motivo»
«Già... È vero...»

«Caleb»
Il punk osservò l'amico appeso a testa in giù sul ramo di un albero del parco.
«Cosa vuoi scimmione?»
«Sempre simpatico... Hai ancora paura della vita?»
«Si. Ho paura di scoprire come continua questa storia»
«Sicuro che sia di questo che hai paura? Del continuo?»
«Di cos'altro dovrei averne?»
«Di scoprire come continua, non del continuo»
Caleb non capì subito la differenza. La comprese solo quando, chiudendo gli occhi, tornò a rivivere quella scena.

«Caleb, non hai paura?» chiese Joe, fissando il soffitto bianco steso sul lettino, al castano ormai punk.

No. Basta. Basta tornare lì. Non ne poteva più.

«Si. Ho tanta paura Joe» ammise Caleb, che intanto era seduto accanto all'amico.

Caleb era terrorizzato. Perché continuava ad aver paura?

«Davvero?»
«Si. Se ho paura, significa che non sono abbastanza forte... Non voglio essere debole...»
Le parole del 12enne crestuto erano fiacche, deboli. Sembrava fosse svuotato da tutte le energie, come se quelle parole gli fossero letteralmente risucchiate via dal corpo.

Joe non lo trovava debole. Perché lui si sentiva debole?

«Non dire cavolate. Sei il bambino più forte del mondo!»
Joe si mise a sedere, osservando l'amico. Era accigliato, evidentemente in disaccordo con le sue parole.

Per l'amico era forte. Joe non gli mentiva. Non diceva cose che non pensava.

«Non è vero. Non lo sono. Altrimenti non avrei così tanta paura!»
Caleb inizialmente parlò piano, ma l'ultima frase quasi la urlò. Stava per alzarsi e scappare via, via da quel confronto. Ma le parole di Joe lo fecero arrabbiare.

Ma allora lo trovava davvero forte? Domanda stupida. Ovviamente lo trovava forte. Eppure...

«Avere paura non significa essere debole»
«Allora perché tu non ne hai?!»

Avere paura non vuol dire essere deboli. Ma se lui era forte pur avendo paura, perché Joe non era invincibile?

Era Joe che doveva aver paura, e invece no. Era lui quello spaventato. Quello che aveva bisogno di qualcuno su cui poggiarsi. Non era giusto.
«Perché so che va tutto bene»
«Non va tutto bene! Tu stai per-»

Perché? Perché Joe non era invincibile? Perché non poteva sopravvivere a tutto? Perché non poteva essere così forte da superare qualsiasi cosa? Se non aveva paura, perché ora non c'era?

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