•Capitolo 4•

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"Non fare quella faccia, amico." Roy mi diede una pacca sulla spalla, per niente rassicurante, poi rivolse un cenno di saluto verso una ragazza con cui era stato nel weekend. La mora arrossì e piegò le labbra in un sorriso imbarazzato. "Vedrai che accetterà."

Il sorriso della ragazza scomparve non appena spostò gli occhi su di me. Allora, si voltò di scatto. Doveva essere la mia aria cupa ad averla spaventata.

Già, ero incazzato nero. Kimberly si sarebbe dovuta presentare nel laboratorio di biologia il giorno precedente e non lo aveva fatto. E la stessa sera Roy mi aveva telefonato per spiegarmi che lei gli aveva inviato un messaggio nel quale c'era scritto che aveva sentito tutta la nostra conversazione. Quella in cui avevo parlato da stronzo nei suoi confronti.
Quindi, era normale che al posto del sangue nelle vene mi scorresse soltanto una gran voglia di spaccare la faccia a me stesso. Non avrei dovuto dire tutte quelle cose, ma ero incazzato per la faccenda di Finch che avrebbe preso il mio posto nella squadra. E non capivo per quale cazzo di ragione era stata proprio Kimberly a proporlo. Certo, per dare manforte a Roy. Ma doveva suggerire proprio quel coglione con tutti i coglioni che c'erano?

"Certo che accetterà." Risposi con convinzione, infastidito per l'intera situazione, masticando la mia caramella al miele. Le mangiavo soltanto quando ero nervoso. E adesso lo ero particolarmente.

Alla fine, questa mattina mi ero svegliato prima per andare in segreteria e con il mio fascino ero riuscito a convincere la segretaria a dirmi quale fosse il corso della mia futura ragazza. Perché non c'era alcun dubbio che lo sarebbe diventata. Adesso non avevo più dubbi. Se volevo aiutare mia sorella Dakota, lei era la persona ideale e io, proprio per il suo bene e per quello della mia famiglia, dovevo mettere da parte i miei strani sentimenti nei suoi confronti. Dovevo darmi una fottuta mossa. Ce l'avrei fatta. Dovevo soltanto comportarmi come mi sarei comportato con qualsiasi altra ragazza. Non era difficile, no?

Non ero uno che si arrendeva, ero uno che otteneva sempre quello che voleva. E io volevo Kimberly Parker. E l'avrei avuta. Ad ogni costo.

"Ma certo." Ribattè Roy con un sospiro, proprio quando arrivammo di fronte alla porta chiusa, al di là della quale si sarebbe tenuta la lezione a cui stavo per partecipare.

Sarebbe stata proprio una lezione interessante.

Mi passai una mano sul petto, impaziente di vederla. "Vado." Dissi, cercando di non mostrare quanto in realtà fossi agitato. Non c'era motivo di preoccuparmi, era soltanto una ragazza. Una ragazza che mi attraeva particolarmente, ma niente di più. Continuai a ripetermelo qualche altro istante, sforzandomi di apparire indifferente come sempre, però mi riusciva stranamente difficile.

Mi sentivo sul punto di vomitare, lo stomaco in subbuglio e questo non faceva che mandarmi in bestia. Dovevo rimanere concentrato. Io ero Andrew Sullivan, la maggior parte delle persone mi temevano e io temevo l'incontro con una ragazza che mi arrivava più o meno alla cintura dei pantaloni? Ma che razza di problemi avevo?

"Tutto bene, amico?" Roy piegò le labbra in un sorriso, quindi lo fissai dritto negli occhi azzurri. Forse in cerca di sostegno morale. Un sostegno morale di cui di solito non avevo bisogno.

Fanculo.

E poi cosa cazzo intendeva dire? "Sì, perché?" Simulai un colpo di tosse per nascondere la mia voce incerta. Cosa cazzo era quello? Il verso di un pulcino?

Andrew, tira fuori le palle o ti ci prendo io per le palle.

"Mi sembri un po' pallido." Roy si accigliò, ma poi scosse il capo e si mise a ridere. "Rilassati, coglione sto scherzando."

Sollevai un sopracciglio, stufo marcio di queste stronzate. "Ce la farò." Non c'era esitazione nella mia voce. Ne ero fermamente convinto. Anche perché non avevo alternative.

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