Capitolo 13

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☁️Capitolo revisionato☁️

Everything's gone to hell
We gotta stay strong,
we're gonna hold on

Anita's pov

Osservo distrattamente i tacchi delle scarpe nere della professoressa di filosofia mentre lei, seduta alla
cattedra, continua a scorrere i nomi sul registro per decidere chi chiamare alla lavagna.

«Dunque... Rossini l'ho già interrogato la settimana scorsa.
Oggi interrogo... Anita!»

Alzo gli occhi puntando lo sguardo sulla professoressa, la quale mi osserva con uno strano sorriso sulle labbra.
Credo sia un ghigno malefico.
«Io?»

La prof mi osserva esasperata prima di abbassare gli occhiali e puntarmi con i suoi occhi verdi.

«Ti sembra che ci sia qualcun altro in questa classe di nome Anita?››

Sto per risponderle che c'è Anita Garibaldi, di cui ha voluto appendere la foto vicino alla lavagna, ma vengo interrotta dal suono dell'allarme anti-incendio.
La professoressa sgrana gli occhi e balza in piedi prima di chiudere di scatto il computer, i miei compagni si alzano in piedi e cominciano a dirigersi verso la porta.
Mi alzo anche io dalla sedia, recupero il cellulare dallo zaino e raggiungo la fila.

Nel momento in cui usciamo in corridoio veniamo investiti da un'ondata di fumo nero che mi fa lacrimare gli occhi e tossire.
Non pensavo sarebbe mai successo, ma a quanto pare c'è davvero un incendio dentro la scuola.
Attorno a noi c'è il caos, studenti e professori corrono da tutte le parti coprendosi il viso con le braccia e
cercando di raggiungere l'uscita mentre l'allarme continua a suonare. Seguo i miei compagni tenendo il
braccio dentro davanti al naso e alla bocca, la vista è appannata a causa del fumo e comincio a sentire delle
gocce di sudore scivolarmi sulla fronte.

In lontananza sento una voce familiare che mi chiama, ripete il mio nome più volte e più cammino tentando di orientarmi nel corridoio più il volume della voce aumenta finché non sovrasta il rumore assordante dell'allarme.

«Anita... Anita, mi senti?»

Apro la bocca per rispondere ma un colpo di tosse mi impedisce di parlare, la voce continua a chiamarmi e
dopo qualche secondo avverto una mano scuotermi leggermente.

«Anita! Svegliati...»

Sono già sveglia.

«Anita!»

Apro gli occhi di scatto, davanti a me compaiono due occhi del colore del cielo che mi osservano.
Sbatto le palpebre un paio di volte e riesco a mettere a fuoco la figura del russo a pochi centimetri da me.

Che ci fa Ivan a scuola?

«Anita mi senti?»

Sposto lo sguardo oltre le sue spalle e riconosco la camera in cui mi tiene prigioniera da... boh, ho perso il
conto.

«Anita?»

Con gli occhi appannati dal sonno mi sollevo lentamente e osservo la stanza in cui mi trovo per poi riportare
lo sguardo sul russo.

«Non sono a scuola vero?»

Ivan mi osserva perplesso per qualche secondo prima di rispondermi.
Solo ora noto che è seduto sul letto,
vicino a me.
Troppo vicino.

«No, non sei a scuola. Siamo in Russia»

Ah già, il rapimento.

Sbadiglio facendo attenzione ad alitare in faccia ad Ivan e mi stropiccio gli occhi, trascorre ancora qualche secondo e poi il mio cervello si attiva.

«Aspetta un attimo!»

Balzo a sedere sul letto e punto un dito contro il russo, il quale mi scruta con un'espressione a metà tra il
confuso e il divertito.
Immagino che il mio aspetto non sia dei migliori, al momento.

«Se non sono a scuola vuol dire che... era un sogno!
E tu l'hai interrotto!»

Ivan è ancora confuso, tanto che non si accorge del cuscino che lo colpisce direttamente in faccia.

«Brutto disgraziato! Mi hai svegliato mentre stavo facendo un sogno bellissimo!»

Afferra il cuscino e lo lancia per terra con sguardo furente, quando riporta l'attenzione su di me noto la
voglia di uccidermi che ha nei suoi occhi.

«Ti sei permessa di lanciarmi un cuscino Anita?»

Il tono glaciale con cui pronuncia il mio nome dovrebbe farmi intuire che non è il momento adatto per
provocarlo, peccato che la mattina il mio cervello non funzioni perfettamente.

«Chissenefrega del cuscino! Chi ti ha dato il permesso di svegliarmi mentre stavo facendo il sogno più bello
della mia vita?»

L'unica volta in vita mia in cui la scuola prende fuoco, anche se solo in un sogno, lui decide di
rovinarmi il momento.
Stupido troglodita.

I miei pensieri vengono bruscamente interrotti dalla mano di Ivan che si chiude intorno alla mia gola e mi
schiaccia sul materasso.
I suoi occhi incontrano i miei e l'azzurro del cielo ha lasciato spazio a un blu scuro,
quasi nero.
L'oscurità che vi leggo dentro mi fa annodare lo stomaco dalla paura e mi rendo conto di aver di nuovamente dimenticato chi è Ivan e di che cosa potrebbe farmi.

«Non ti azzardare mai più»

Il tono basso e minaccioso con cui parla mi provoca i brividi, non oso muovere un muscolo o aprire bocca aspettando in silenzio che lui tolga la mano dalla mia gola.
Non sta stringendo abbastanza da soffocarmi ma potrebbe sempre decidere di farlo.

«Ricorda, Anita: non sei qui in vacanza, sei qui come mia prigioniera e in qualsiasi momento posso decidere di fare del male a te o alla tua amichetta»

Sento il cuore battere all'impazzata ed evidentemente lo percepisce anche lui sotto le dita perché allenta la
presa, tenendo sempre la mano poggiata sulla gola.

«Ho torturato e ucciso uomini molto più grandi di te per molto meno.
Non mi provocare»

Allontana la mano e si alza dal letto, porto istintivamente una mano sul collo e faccio dei respiri profondi
per calmarmi.
Ivan estrae dalla tasca un biglietto e lo lancia sul letto, poi mi rivolge un ultimo sguardo ed esce dalla stanza.

Ancora scossa prendo con mano tremante il pezzo di carta, leggo le scritte in cirillico ma non riesco a
comprendere la maggiorparte delle parole.
Una in particolare, però, attira la mia attenzione.

Библиотека. Biblioteca.

Non riesco a capire il motivo per cui il russo dovrebbe volermi portare in una biblioteca, però potrei
sfruttare l'occasione per chiedere aiuto a qualcuno e cercare un modo per scappare.
Ovviamente non lascerò qui Elisabetta, ma la coinvolgerò nel piano solo quando sarò sicura che funzioni.

Scendo dal letto e tiro fuori dall'armadio una felpa e un paio di pantaloni prima di correre in bagno a lavarmi.

Se Ivan crede che me starò qui prigioniera ad eseguire i suoi ordini, si sbaglia. Troverò il modo di tornare a casa e lui non potrà fermarmi.

Prima faccio pipì, però.

Un Amore Costretto...forse [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora