𝒬𝓊𝒶𝓉𝓇𝒾è𝓂𝑒

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Attenzione: all'interno del capitolo è trattato il tema dell'incesto (scusate questa sorta di 'spoiler', ma data l'esperienza ho preferito chiarire ), quindi se non lo gradite, semplicemente non andate oltre la lettura di questo avviso.

𝒬𝓊𝒶𝓉𝓇𝒾è𝓂𝑒

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𝒬𝓊𝒶𝓉𝓇𝒾è𝓂𝑒

Quella notte di novembre il tempo non fu dei migliori. I tuoni si udirono sempre più vicini a Villa Roberts, mentre i lampi illuminavano gli interni. Alcuna nuvola, niente luna, solo un'intensa nebbia aveva avvolto l'intera città, riducendola a qualche casa e a piccole e insignificanti luci in lontananza. La camera di Lilith si trovava immersa nel buio, illuminata a tratti da qualche funesto lampo. La piccola si agitava nel sonno, i sogni erano terribili, più incubi la scossero e la fecero ansimare, fino a quando si svegliò, urlando nel buio della notte. Le urla squarciarono l'aria, perforarono le finestre e ammutolirono la natura.

Sembrò l'urlo di una indemoniata, una posseduta, avrebbe raccontato la signora Roberts più tardi a qualche amica mentre sorseggiavano un tè caldo.

Tutto intorno a lei sembrò confuso.
Sudava, si toccò i capelli e poi il petto e avvertì il cuore battere forte. Pianse, non ricordava bene il sogno, ma una terribile e pesante sensazione di angoscia le stringeva il petto, causandole singhiozzi. Voleva liberarsene.
La porta della camera venne spalancata e la madre, ansimante, si precipitò verso il letto.

- Cosa è successo? - chiese preoccupata.
Le sfiorò il braccio, provando a confortarla.

L'altra scosse il capo, ma continuò a piangere.
I suoi occhi azzurri brillarono per via delle lacrime, scaturendo pena nella madre, che si trovò impotente di fronte a quella scena.
La figlia era solita fare incubi, ma era passato molto tempo dall'ultima volta in cui aveva reagito in una tale maniera. Si sorprese e spaventò al tempo stesso.
E quell'urlo... Quell'urlo era stato proprio disumano.
Il marito, accostatosi alla porta, assisté alla scena in rigoroso silenzio.
Fu la padrona di casa a prendere le redini della situazione.

- Logan, per piacere, potresti chiedere una tisana per la nostra Lilith? - poi si rivolse verso quest'ultima:- sì, che te ne pare? -
Lilith annuì soltanto, singhiozzando.

- Ah, caro, chiama anche Adam, così magari starà meglio! -

Così fu.

In breve tempo, il diretto interessato, ancora assonnato ma molto preoccupato, si trovò nella stanza insieme agli altri, sedendosi sul letto e sistemando la coltre sulle gambe della sorella. Le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, decidendo poi, di comune accordo, di farle una treccia, facendola ridere per la sua maldestrezza.
La scena davanti a sé la rincuorò; sperò che il loro rapporto non venisse logorato dagli anni, dai matrimoni e dai figli. Le avrebbe in parte spezzato il cuore notarli diversamente da ora, ma sapeva non li avrebbe comunque biasimati. Purtroppo, lei stessa sapeva cosa voleva dire.

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