𝒯𝓇𝑜𝒾𝓈𝒾è𝓂𝑒

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𝒯𝓇𝑜𝒾𝓈𝒾è𝓂𝑒

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𝒯𝓇𝑜𝒾𝓈𝒾è𝓂𝑒

Il villino scelto per la giornata dedicata alla beneficienza e alla solidarietà apparteneva proprio alla famiglia Roberts, che voleva a tutti i costi integrarsi.
Esso non era né sfarzoso né pacchiano, si poteva definire all'avanguardia, vantando di dodici camere, escluse tre destinate ai domestici, cucina, retro cucina, quattro bagni ecc ecc.
Im precedenza, era appartenuto a un barone, l'ultimo discendente di una famiglia di nobili.
La signora Roberts, dal viso severo e riempito di rughe che lo rendevano arcigno e dai capelli biondo fragola brizzolati, due occhi dell'azzurro più gelido che potesse esistere e dall'imponente altezza di cui i figli erano stati privati, ebbe da progettarne solo gli interni. E lo fece in modo maniacale e per circa tre mesi, da febbraio a maggio, mentre i mesi dell'estate si dedicò all'arredamento.
Si era alzata ogni giorno dell'estate di quell'anno alle sei in punto del mattino, in maniera da sistemarsi alla perfezione ed essere nella futura dimora prima dei dipendenti medesimi, affinché potesse pensare approfonditamente e poi dettare gli ordini, senza mai lasciare nulla al caso.

Al momento, la combriccola, costituita prevalentemente da uomini di chiesa e dalle famiglie aristocratiche della città, si era riunita attorno al camino, dove la padrona di casa aveva fatto disporre tavoli imbanditi dei più gustosi antipasti.
La piccola Lilith rubò un piccolo muffin riempito di crema alla nocciola, mangiandolo in un angolino della cucina nascosta da occhi indiscreti. Non le piaceva quel tipo di serate; la madre, invece, era conosciuta come 'la regina' di esse nella vecchia città in cui abitavano.
Neanche là Lilith si aggregava agli ospiti facendo la loro conoscenza, perché tutti la mettevano in imbarazzo riempiendola di complimenti. Tuttavia, vi erano state anche volte in cui, più semplicemente, non avevano tenuto conto della sua presenza. A quel punto lei aveva preferito rifugiarsi in un posto della casa in cui era solita leggere qualche libro che il fratello si era premurato di portarle dalla biblioteca della scuola, sgranocchiando tra una pagina e l'altra i più disparati stuzzichini che avevano preparato i cuochi.

La sera della feste di beneficenza si era rifugiata di nuovo in un angolo nascosto del grande villino, dove le voci soffuse dei presenti alla festa arrivavano attutite, come se stesse osservando tutto da dietro un velo. Le dita affusolate scivolavano delicate sulle pagine ingiallite del libro di Poe, accarezzandole con la stessa cura che avrebbe riservato a un piccolo tesoro. Era il suo modo di sfuggire a quell'ambiente soffocante, dove ogni sorriso era studiato e ogni parola era una trappola.

Quando era più piccola e Adam non si occupava ancora degli affari di famiglia e non era necessario che prendesse parte a questo genere di eventi sociali, le sedeva accanto e le leggeva tutti i libri che desiderava; lei adorava che lui lo facesse, perché riusciva sempre ad interpretare ogni parola con espressione, facendola immedesimare in ogni storia.
Una volta finito il muffin, gettò la carta accanto a sé, scorrendo nel frattempo con gli occhi sulle parole. Era talmente presa dalla lettura che non si accorse dell'arrivo di qualcuno che, silenziosamente, si era abbassato per portarsi al suo livello.
Lilith, notandolo, trasalì dallo spavento.
Il nuovo arrivato immaginava il suo cuore galoppare più del normale e sentì una strana sensazione invadergli il petto. Non le diede una spiegazione, si limitò a piegare la testa e ad allungarla per sbirciare il titolo tra le dita dell'altra che, invece, si ostinavano a coprirlo.

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