6. La prima settimana

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Terzo giorno di tirocinio.

Tiro fuori dall'armadio le scarpe più eleganti che ho, con un leggero tacchetto, infilo dei pantaloni attillati che si aprono un po' sulle caviglie, e una camicia color sabbia che amo da morire. Lascio cadere i miei capelli mossi sulle spalle, tirando su solo due ciocche ai lati, in modo che non mi finiscano davanti agli occhi mentre lavoro, aumento il mascara sulle ciglia già abbastanza lunghe di per sé, e metto il gloss sulle labbra.

Ora sono pronta. Elegante e professionale. Riuscissi a essere davvero sicura di me, sarebbe il top, penso, fissandomi allo specchio.

Cerco di non notare le occhiaie abbastanza profonde sotto ai miei occhi screziati di verde, e aggiungo un paio di orecchini. Due cerchi dorati, non troppo grandi, che si abbinano perfettamente ai colori che indosso oggi.

Butto fuori l'aria dai polmoni tutto d'un colpo, e mi avvio alla fermata dell'autobus.

Arrivo in redazione, ma Cristian ancora non c'è. Saluto il mio capo di sfuggita, sempre intento a chiamare qualcuno, e scambio due parole con Emilia, la signora della portineria, che anche oggi indossa un elegante tailleur scuro.

Mi nascondo nell'ufficio di Cristian e ripongo con estrema cura gli articoli che mi erano stati affidati sulla sua scrivania. Credo di vederci doppio, dopo una giornata intera passata a cercare refusi ed errori vari. Mi sono addormentata con un vortice di parole nella testa, e mi sono svegliata ancora intontita. Non sono convinta di potercela fare anche oggi, se me ne dovessero affidare di nuovi da controllare.

Sobbalzo, quando sento la porta aprirsi. Cristian fa il suo ingresso con le mani in tasca, indossa una tuta nera e una maglietta leggera, a maniche lunghe, che gli fascia il torace.

Faccio in modo di riportare lo sguardo sugli articoli, non posso permettermi di fare la figura del pesce lesso e incantarmi ancora una volta a guardarlo.

«Ciao, Kassandra mi saluta e avanza verso di me.

«Ciao» dico, quasi in un sussurro, abbozzando un sorriso e schiarendomi la voce.

Il mio tutor mi affianca e rimane a guardare cosa sto facendo. In piedi davanti alla sua scrivania, mi sento in estremo imbarazzo. E il rossore sul mio viso aumenta, quando il suo braccio sfiora il mio per afferrare un articolo, che inizia a sfogliare.

«N-no, aspetta» lo fermo, mentre lo posa su un'altra pila di articoli, senza curarsi della classificazione che sto facendo.

«Che c'è?» Alza un sopracciglio e mi guarda a metà tra lo stupito e lo scocciato.

«Sono tutti divisi. Li ho divisi per genere, quindi messi in ordine di data e... e poi per autore» finisco la frase con la voce che trema, e mi maledico per questo.

Kas, di sicurezza ne abbiamo almeno un po' o vuoi passare per una stupida?

Cristian si prende qualche attimo per puntare i suoi occhi scuri nei miei. Cerco di reggere il suo sguardo senza sembrare intimidita. Peccato che io lo sia parecchio.

«Ti piace organizzare» sentenzia infine.

«Sì, perché? Ho sbagliato qualcosa?» mi preoccupo, e riprendo a controllare gli articoli.

Noto di sfuggita un suo sorriso, e mi batte forte il cuore.

«Non hai sbagliato nulla. Hai fatto anche troppo. Non serviva.»

«Be', non è niente...»

«Quindi hai già finito di correggere tutti gli articoli?»

Faccio cenno di sì con la testa, poi mi ricordo di un articolo in particolare sull'azienda ospedaliera della città, che però era senza il nome dell'autore.

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