SETE

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Avevo fatto una festa. Avevo organizzato questa serata con tutti i miei amici e compagni di classe e ci eravamo trovati in un ristorante molto elegante.
Mi alzai da tavola con una sete improvvisa: l'acqua era finita in tavola e non volevo che i camerieri mi vedessero bere dalla borraccia.
Andai nella saletta principale del ristorante illuminata a stento da luci viola e rosse che lasciavano comunque il posto nella semi oscurità paragonato alla stanza dove stavamo cenando.
Dalle porte a vetro dell'entrata guardai fuori, il cielo ero nero e, nonostante fosse sera, il buio era quello della notte; pioveva e nella buia e vuota saletta d'ingresso riuscivo a sentire lo scroscio dell'acqua che colpiva l'asfalto della strada. Avevo sete.
Bevvi ma non bastò. Svuotai la borraccia e assaporai l'acqua ma ne volevo ancora.
Così uscii dal ristorante, rienpii la borraccia con l'acqua piovana e rientrai.
Ora la sala non era più vuota e tra le luci colorate si aggiravano dei senzatetto che, appena mi videro rientrare, mi tesero la mano in cerca di elemosina. Io aprii il portafogli e diedi a uno di loro una moneta da due euro ma poi mi accorsi che quei soldi erano finti, cartone colorato e, controllando, notai che anche le banconote erano solo fogli stampati. Mi prese il panico: come avrei fatto a pagare a tutti la cena se i soldi che avevo erano finti?
Alla fine sospirai e tornai al tavolo. Ci avrebbe pensato mio padre.

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