NON DESIDERARE LA ROBA D'ALTRI
Marco's pov
Gelo.
Solo questo è rimasto ormai tra me e Anna dopo la mia ultima bugia.
Ho tirato troppo la corda, ho rischiato... troppo. Stavolta consapevolmente, e l'ho pagata ancora più cara.
Sono rimasto solo.
È meglio restare se stessi, anche a costo di rimanere soli.
Non so se sia la cosa più giusta, questa. L'unica cosa sicura è che sono rimasto l'uomo innamorato di Anna di sempre, quello che per lei farebbe qualsiasi cosa, anche farsi da parte.
E se è questo ciò che lei vuole, non farò più nulla per andar contro il suo volere.
Ma non passerà giorno in cui la sua felicità non sarà il mio unico obiettivo.
E sarà meglio per Sergio rigare dritto.
Sono in caserma.
Anna è appena entrata senza rispondere al mio saluto, senza degnarmi di uno sguardo.
"Ammazza, oh, manco uno sguardo..." commenta il maresciallo. "Come se fosse morto! Questa volta è morto veramente..."
Ma grazie, Cecchini.
"E allora...!" lo rimbecco. Non c'è bisogno della battuta, lo so già quello che ho fatto, stavolta è colpa mia al cento per cento, senza mettere in mezzo sbornie e omissioni di incarichi.
E in parte è anche colpa del maresciallo, che da un lato mi fa sperare inutilmente, dall'altro fa solo danni su danni.
Sento che Anna riceve una telefonata, e ti pareva che non fosse lui.
Il suo tono allarmato però mette tutti sull'attenti.
Ha trovato il cadavere di una donna.
Ci rechiamo tutti sul luogo del delitto.
Appena arrivati, Anna va immediatamente ad abbracciare Sergio.
D'accordo, è scosso, e ci sta che lei lo consoli, ma la gelosia monta in me comunque.
Io mio limito a un cenno.
Anna magari sarà già riuscita a dimenticare tutto quello che c'è stato tra noi, ma io no.
Ci ho messo mesi a superare il tradimento di Federica, nonostante a mente fredda si fosse rivelato già un rapporto deteriorato prima delle nozze, e solo grazie ad Anna.
Ora invece è per lei che soffro.
So che non posso evitarlo. Forse col tempo me ne farò una ragione, ma adesso no.
L'aria è tesa.
Sto cercando di mantenere dei rapporti civili con Sergio per il bene di Anna e Ines, ma non potremmo mai essere amici. Per il semplice motivo che non mi fido di lui, e mai lo farò.
Perché se abbassassi la guardia e scoprissi di non essermi accorto del potenziale pericolo che lui aveva sempre rappresentato, non me lo perdonerei mai. Non posso rischiare che faccia male alle mie donne. Rimarranno per sempre tali, anche se non avrò più un ruolo rilevante nella loro vita.
Sergio ci spiega chi sia la donna e perché lui si trovasse lì, e nel frattempo arriva anche il compagno della vittima, amico di Sergio.
Convochiamo entrambi in caserma.
Una volta in ufficio, Sergio e Cicogna ribadiscono la loro versione dei fatti.
A me però non convincono, c'è qualcosa di strano in questa storia.
Anna, naturalmente, difende Sergio.
È inevitabile che sia coinvolta, visto che stanno insieme, ma io non sono da meno: ho davanti l'uomo che mi sta portando via la donna che amo, anche grazie al mio aiuto più o meno volontario.
Apprezzo la sincerità, ma c'è poco da girarci intorno: Sergio e Cicogna si conoscono in quanto vecchi compagni di cella, e tanto mi basta. Senza contare che Sergio era sul luogo del delitto.
"Mi dispiace, ma sei in stato di fermo."
Le mie parole scatenano il caos.
"Chi, io? Ma non ho fatto nulla!"
"Cosa?!" è l'esclamazione di Anna.
"Ma è matto!" osa anche dirle lui.
"Ehi, ehi, piano con le parole." lo avverto. Potrei sbatterlo dentro per molto meno.
Anna mi chiede di parlarne fuori, agitata.
Sapevo che l'avrebbe fatto, ma so anche che non può nulla. E lei ne è perfettamente consapevole.
Ma questo non cambia lo stato delle cose: io sto solo facendo il mio lavoro, quello che succede fuori dalla caserma non c'entra nulla, e la mia Anna sarebbe certamente d'accordo.
La mia, non quella seduta alla scrivania, oggi, che sembra non vedere nulla oltre quella barriera che si è costruita intorno.
Anna's pov
Marco ha appena messo in stato di fermo Sergio.
Ma questa non la passa liscia, ho capito cosa sta cercando di fare.
Quello che c'è tra noi, qui, non deve c'entrare.
Se è per questo, nemmeno ciò che c'è tra te e Sergio dovrebbe interferire col tuo lavoro, o no? Mormora la vocina nella mia testa, ultimamente fin troppo presente.
Sergio definisce Marco matto, ma non è una grandissima idea per una lunga serie di motivi. Lui infatti lo avverte di andarci piano, e io ne approfitto per chiedergli di seguirmi all'esterno del mio ufficio prima che la situazione peggiori ulteriormente.
"Non starai esagerando?" mormoro, una volta fuori dalla porta.
"È un pregiudicato ed era sul luogo del delitto. La persona che sta difendendo è un altro pregiudicato. Scusami, non posso lasciarlo a piede libero, no?" mi fa notare, una leggera nota sarcastica nella voce.
È maledettamente bravo, in questo momento, a non lasciar trasparire emozioni. Ciò che mi ha esposto è la prassi, e so che ha ragione, anche se odio doverlo ammettere.
Ma qualcosa posso ancora tentarla.
"Va bene, ma almeno i domiciliari!" gli chiedo.
"In una roulotte? Non mi fido."
"La canonica, va bene? Ti fidi di Don Matteo?" insisto.
Dal suo sguardo, capisco che sta pensando a Ines.
Saresti un padre fantastico.
Marco ama quella bambina come fosse sua figlia.
Ne ho avuto la conferma quel giorno davanti alla scuola elementare, quando Sergio è arrivato portandosela via, insieme a me.
Risbattere Sergio in carcere significherebbe allontanarli di nuovo, e so che nemmeno lui lo vuole.
Oltre al fatto che potrebbe davvero essere innocente, forse era solo al posto sbagliato al momento sbagliato, ma si tratta di una misura cautelare che è necessario prendere per legge.
Marco cede alla mia richiesta, probabilmente proprio perché sono stata io a chiederglielo, che per il bene di Ines.
Don Matteo, come me, non esita ad appoggiare Sergio, garantendo per lui e accettando di ospitarlo in canonica per i domiciliari.
Non posso fare a meno di pensare a quanto Marco sia cambiato, negli ultimi mesi. Probabilmente più di quanto abbia fatto fino ad ora da quando ci conosciamo.
È maturato, questo lo devo riconoscere.
E ne sono sorpresa.
Certo, quel giorno mi ha chiesto di poter avere la possibilità di dimostrarmi di poter essere un uomo migliore, e io gliela avevo negata, quella e ogni altra occasione per noi due, ma lo vedo.
La cosa che più mi sconvolge è che non provo nient'altro se non stupore.
Non sono arrabbiata, non sono triste, ma nemmeno felice di questo suo cambiamento.
Mi sento solo... vuota.
E solo ora, nel momento esatto in cui realizzo questo vuoto, in me, sento una delle innumerevoli ferite del mio cuore, tenuto malamente insieme dal nastro adesivo, riaprirsi.
Sergio va via con il prete, quando Cicogna mi si avvicina.
"Mi aspettavo fosse una persona diversa," mi dice, lasciandomi interdetta.
"In che senso?"
"Sergio mi ha detto che Lei non si lascia condizionare da quella divisa, e considera le persone senza pregiudizi. Evidentemente si sbagliava." mi spiega, prima di andare via.
Le sue parole mi scuotono nel profondo.
Adesso anche Sergio la penserà così, probabilmente.
Ma io sto solo facendo il mio lavoro, non si tratta di pregiudizi ma di procedure, e poi Marco è il PM, è il mio superiore, e io non posso farci nulla.
E da quando ti importa il giudizio dei profani su come fai il tuo lavoro? Da quando ti lasci condizionare? Dall'osservazione di quello che rimane un pregiudicato, comunque. Dov'è finita la donna forte che valuta la situazione, i fatti? Perché quella donna, ora, non avrebbe dubbi su ciò che sta facendo, ovvero solo e soltanto il suo lavoro.
Dannata vocina! Taci!
Sergio non è colpevole, ne sono certa, l'ho letto nel suo sguardo, e lo dimostrerò.
È cambiato, anche grazie a me, e per sua figlia.
Sì, sì, okay, solo un'ultima cosa, per il momento, cara la mia Anna: come funziona, questa cosa del cuore? No, fa preferenze? Perché non sto capendo, visto che, a quanto pare, per qualcuno non vale proprio così, mh? A Sergio concedi sempre il beneficio del dubbio, nonostante tutto. Perché non lo fai con chi lo meriterebbe allo stesso modo?
Quella ferita al cuore si dilata un po' di più.
La sera, faccio una passeggiata a piedi.
Avevo bisogno di riflettere su quello che è successo stamattina.
Sono sempre più confusa.
Ogni volta che penso di aver ritrovato l'equilibrio dopo una caduta, ecco che torno a inciampare, e a porre un nuovo ostacolo sulla mia via è sempre Marco.
Ma tra noi è finita, di questo sono sicura. Ha tradito la mia fiducia troppe volte per poter ricucire quello strappo che ha lacerato definitivamente il mio cuore quando mi ha mentito per la seconda volta nel giro di pochi mesi.
Proprio lui, che di me amava soprattutto quello, insieme all'onestà, e il mettere tutta me stessa in amore.
Anche se so bene che non riuscirà mai ad essermi indifferente, e non solo per via del lavoro, anche se la menzogna sul suo stato di salute non gliela perdonerò mai, quello che gli ho detto lo penso ancora.
Ci sarò sempre, per te.
Perché prima di essere Anna e Marco, eravamo amici. Migliori amici. E quel Marco forse mi manca più di tutto il resto.
Lui era il diario a cui confidavo tutti i miei segreti, anche quelli più intimi, quelli che nemmeno mia sorella conosceva, e proprio per questo sono sempre stata un libro aperto, per Marco.
Me ne rendo conto tutt'ora: ogni volta che avverto il suo sguardo su di me, so che sta leggendo quelle righe invisibili che ho aggiunto al mio racconto, quelle che non gli ho più confessato a voce alta, ma che lui vede benissimo.
Vorrei solo ricevere un segno, qualsiasi cosa, per poter capire se questa confusione in me rappresenta un nuovo salto nel vuoto da compiere, dopo averlo già fatto con Sergio.
Forse la vocina nella mia testa ha ragione, sto facendo figli e figliastri. Perfino sul lavoro sto dando - forse ingiustamente - fiducia a due ex detenuti e non all'uomo che ho amato moltissimo.
E tu sei sicura? Che lui sia qualcuno che hai amato? Non è che gli stai impedendo di riscattarsi, anche come amico, perché hai paura? Perché fa più male fidarsi di nuovo di chi ami, col rischio di ricaderci, e non di chi non conosci affatto e quindi non può davvero deluderti?
È proprio per questo che ho bisogno di quel segnale, mi dico. Per capire...
Scendo le scale della piazza.
Trovo Sergio appoggiato al muretto fuori dalla canonica, intento a fumare.
Quando mi avvicino, mi rivolge uno sguardo infastidito.
"Cos'è, sei venuta a controllarmi? Tranquilla, stavo rientrando." dice, arrabbiato.
Non potrebbe stare qui fuori, questo lo sai, vero Anna? Com'è che non gli dici niente? Tu, che non hai mai ammesso errori...
Ignoro la vocina.
"Lo sai che non dipende da me, vero?" tento di spiegare. "Lo sai." ripeto, quando lui mi fa eco, sarcastico.
Voglio che capisca che ho tutte le intenzioni di aiutarlo, ma per poterlo fare ho bisogno che mi racconti di più sul suo rapporto con Cicogna.
Sergio continua a dubitare di sé, lo percepisco. Cerco di rassicurarlo anche se lui fa un po' la vittima, insistendo che non importa chi sei diventato, sarai sempre giudicato per chi sei stato.
"Non è vero," lo contraddico. "Guarda te e Ines! Ti vuole bene! Don Matteo, Natalina... ti vogliono bene! Tutti ti vogliono bene. E... anch'io ti voglio bene."
Ahhh, frase molto interessante. Quindi gli vuoi bene... non lo ami? E io che pensavo che ci stessi insieme per questo. Che sciocca. Mica si sta insieme a una persona perché la si ama.
In effetti, non ci hai messo mesi e mesi per definire e accettare i sentimenti per qualcun altro, prima di iniziare una storia con lui. E solo dopo che gli avevi confessato di essertene innamorata. No no.
Non eri tu, quella assolutamente certa di essere follemente innamorata di lui.
Ma questa vocina non ce l'ha un tasto on/off, accidenti?!
Prima che Sergio vada via, leggermente più convinto, riesco a rubargli un bacio.
Io credo in lui, non è un assassino, e lo dimostrerò.
E mi piace questa sensazione. Come se stessi saltando dall'elicottero, con il mio paracadute sulle spalle.
Non vedo l'ora di essere all'altezza giusta per poterlo aprire e godermi il volo.
Marco's pov
Sono in caserma, intento a osservare Anna. Da lontano, come ormai devo limitarmi a fare.
Dopo quella botta di adrenalina e quel bacio - l'ultimo - il colpo che ho preso è stato tremendo.
Non posso far altro che accettare ciò che la vita ha deciso per me, tanto ormai sono abituato a non controllare le mie azioni, e l'unica volta in cui l'ho fatto, ho provocato un danno irreparabile.
Forse è meglio così.
Cecchini arriva tutto trafelato, chiedendomi dove ho messo l'abito da sposa di Anna.
Gli spiego che l'ho donato alle suore, e lui sembra sconvolto.
"Ma come, non avevamo detto che finché c'è l'abito, c'è speranza?"
"Sì, però... speranza... fine." ammetto, sconsolato. Almeno so che a qualcuno quel vestito servirà.
Lui è sempre più nel panico, e se inizialmente credevo che fosse solo per bene mio, scopro fin troppo presto che all'interno aveva nascosto un assegno da cinquecentomila euro.
Ma come accidenti gli è venuto in mente? Ci sarà un motivo se esistono le casseforti, no?
Come ci sono finito in un convento di suore con Cecchini non lo so nemmeno io,
La cosa certa è che devo al più presto trovarmi una casa, perché vivere con il maresciallo non mi farà di certo diventare Don come alcune vecchie conoscenze, ma di sicuro alla neuro ci finisco.
Anche se avrei preferito andarci quella volta, vestito da Babbo Natale... ma non è questo il momento dei ricordi.
Il piano di Cecchini, l'ennesimo, ha preso vita trascinando dentro anche me, e come previsto la prima parte è fallita.
Di solito i suoi piani hanno effetti al terzo, quarto tentativo.
E per effetti non intendo che vadano bene, anzi.
Comunque, rientriamo in caserma senza assegno, dopo che ho passato tutto il viaggio di ritorno trattenendomi dallo strozzare Cecchini.
Gli voglio bene, ma è esasperante! Non ha fatto altro che ripetermi come sia colpa mia, di tutto! Anche lui ora mi va contro! Ma c'è qualcuno ancora a Spoleto che stia dalla mia parte?
No, domanda retorica, perché se questa è l'aria che tira, allora mi sa che è meglio iniziare a valutare un lavoro altrove. Lontano, possibilmente. Tipo a settemila chilometri, in Pakistan.
No, ho sbagliato decisamente esempio, la compagnia di Cecchini mi fa malissimo.
Il nostro battibecco comunque è interrotto da Sara, che mi chiede perché io abbia richiesto un supplemento di indagine.
Quale supplemento?
Anna's pov
Intervengo nella conversazione dei miei colleghi, spiegando che il supplemento l'ho chiesto io, e anche il motivo, ossia che Sergio è innocente e la donna era morta già la sera prima, mentre lui era in canonica.
Inutile che Sara faccia quel sorrisetto insinuante, lo so cosa pensa.
Come Marco, crede che io mi stia lasciando condizionare, ma non è così. Sergio è cambiato, e devono farsene una ragione, non mi interessa di cosa pensino.
Perché il vero assassino è ancora a piede libero, soprattutto.
Interroghiamo anche la sorella della vittima, ma stavolta è Sara, e non Marco, a decidere della sua sorte: la donna viene rilasciata, per valutare la sua posizione.
Non ci posso credere! Aveva un ottimo movente e l'hanno lasciata andare! Sono sconcertata, e nemmeno Marco ha contestato. Ma sono impazziti tutti?
Quindi avevo ragione! Sergio continua ad essere giudicato solo per il suo passato, e Marco si sta comportando come quella volta con Simone, il suo ex migliore amico, e anch'io quella volta ero coinvolta.
Certo, loro però sono tutti obbiettivi. Come no!
Una volta in piazza, Cicogna si avvicina a noi, seguito da Sergio.
Ci accusa di non essere stati imparziali, e io sono d'accordo, anche se non posso dirlo apertamente, perché so che c'è una prassi da seguire e non la decido io.
Spero solo che Sergio l'abbia capito, quando i nostri sguardi si sono incrociati.
Uhm, Anna, stai facendo confusione. Non è Marco. Quella cosa del dialogo visivo funziona solo con lui, non con Sergio. Lo sai bene, non cercare scuse.
Ancora, ignoro la vocina.
Sara e Marco dovrebbero dare ascolto non solo al cervello, ogni tanto, che male non fa.
Marco aveva iniziato a provare, ma il suo silenzio dopo ogni sentenza sputata da Sara ha ormai spazzato via ogni dubbio.
Non è cambiato, è sempre quello che ho conosciuto in piazza poco dopo il mio arrivo a Spoleto.
E dire che ci stavo ricascando.
Marco's pov
So cosa Anna pensa di me, lo capisco. Non sono nato ieri, l'ho letto nel suo sguardo. Nei suoi gesti, e lei lo sa. Per me è un libro aperto, e so che non le piacerà nemmeno quello che sto andando a dirle, ma è lavoro, e ho il dovere di farlo.
Busso, anche se la porta è aperta.
"Posso parlarti?"
Lei non alza nemmeno lo sguardo dai documenti.
"Se proprio devi... non credo che abbiamo ancora qualcosa da dirci," mi dice, tagliente.
Io però ho deciso. Passerò sopra ogni sua frecciatina, e sono fermamente convinto a mantenere la calma anche se lei cercherà lo scontro.
"Questo l'ho capito, perfettamente. Devo parlarti del caso. Questi sono i tabulati di Sergio."
"Davvero?!"
"Sì. E la prima chiamata che fa, dopo che ha scoperto il corpo, è a Cicogna." la informo.
"Sono molto legati, non mi sembra niente di strano." ribatte.
"No, non è strano," confermo, "però prima di chiamare te e denunciare l'omicidio, passano cinque minuti."
"Grazie, Marco," si limita a commentare, infastidita, ignorando volontariamente il problema. "Però vorrei ricordarti anche che Sergio è innocente e che abbiamo un sospettato."
"Sì, però poi chiedigli cos'ha fatto con un cadavere in casa. Cinque minuti sono tanti-"
"Marco, com'è che ogni volta che non ti torna qualcosa, devi tirare in ballo Sergio?" sbotta lei, senza che ciò mi sorprenda più di tanto. "Non è per colpa sua che ci siamo lasciati, lo capisci?"
Io resto impassibile.
"Sì, questo concetto l'ho capito, fin troppo bene," rispondo soltanto. Perché davvero in questo caso la nostra storia non c'entra nulla, sto solo esponendo i fatti, e una cosa che mi risulta strana nelle indagini. "Tu chiediglielo." aggiungo semplicemente, in tono estremamente calmo.
Chiudo così la conversazione, lasciandola lì a pensare.
Non riesco a credere che la Anna con cui sto lavorando adesso sia la stessa che stavo per sposare. Perché quella, all'amore avrebbe anteposto il lavoro, mentre alla Anna seduta dietro quella maledetta scrivania, della divisa sembra non importare più niente.
E non so cosa sia stato a farle cambiare così radicalmente idea, ma fa male.
Perché l'unica cosa che riesco a dedurne è che un uomo che conosce appena da qualche mese è diventato più importante della carriera, quella stessa carriera davanti alla quale io sono stato buttato da parte.
Come se in quei due anni insieme, io fossi stato per Anna soltanto un ostacolo, e se è vero che quella notte l'ho tradita, seppur perché dilaniato dal dolore di averla persa, adesso, di nuovo, mi sento più tradito io. Preso in giro più di quanto non abbia confessato al barman. Perché quella donna che avevo sempre pensato che quando ama, ama fino in fondo, adesso sembra non avermi mai amato davvero.
Non quanto l'amo io.
Il suo tono accusatorio di poco fa mi ha straziato, perché io stavo solo cercando di fare il mio lavoro, di esporle un dubbio, e non c'era nessun bisogno che mi attaccasse in quel modo.
Quella dietro la scrivania non è la donna che amo, e vorrei tanto sapere che fine ha fatto.
Anche solo per farle capire che so benissimo cosa significhi essere coinvolti in un caso, e che, se solo mi permettesse di parlarle davvero per due minuti, potrei aiutarla a non mandare all'aria tutto ciò in cui ha sempre creduto. Solo per il suo bene, senza alcun tornaconto personale.
Ho perso la partita, non potrebbe essere più evidente, e l'ho accettato, ma, nonostante io stia soffrendo, forse più di lei, da bravo masochista, sto ancora lottando perché non soffra lei.
Anna's pov
Marco ha voluto parlare con me di lavoro.
È stato calmissimo durante tutta la conversazione, esponendomi cosa secondo lui non torna.
E tanto per cambiare, nei suoi dubbi c'è Sergio. Ma è fissato!
Gli ho ripetuto per l'ennesima volta che il matrimonio saltato non è stata colpa sua, e la deve smettere con questo suo atteggiamento!
Ma mentre il mio tono di voce aumenta inesorabile, continuando a ribadire come Sergio non abbia niente a che fare con la nostra storia, Marco mi risponde colpo su colpo, parlandomi pacatamente solo del caso, prima di andarsene.
La stanza piomba nel silenzio.
E un déjà-vu si fa strada nella mia memoria.
Simone, l'università, il calcetto.
Quindi tu pensi che io l'abbia messo in stato di fermo per una questione personale?
No, sto solo dicendo che forse questo è un caso che ti coinvolge un po' troppo.
Io so distinguere i fatti dalla vita privata, e sei tu quella che si lascia coinvolgere.
Si, forse, ma io cerco la giustizia e la verità... tu che cerchi?
Come quel giorno, Marco ha lasciato l'ufficio lasciandomi da sola con i miei pensieri, ma al contrario di allora non ha sbattuto la porta, non era arrabbiato, non ha dato in escandescenze.
Sono io quella che ha perso la testa.
Sembra tutto così surreale.
Ma davvero mi sto lasciando condizionare? Mancando di obiettività?
La mano al petto, un dolore lancinante.
La ferita è tornata ad aprirsi.
Afferro il fascicolo che Marco mi ha lasciato.
Chiamo Sergio, che però non mi risponde.
In realtà non so se sia stato un male, perché... cosa avrei dovuto chiedergli? 'Ciao, sai, Marco mi ha fatto venire un dubbio... perché hai aspettato cinque minuti prima di avvisarmi del cadavere?'
Sì, certo.
Certo, certo. Chiaro. Ma... non è che ciò che ti dà fastidio è il fatto che Marco sia rimasto totalmente impassibile alle tue accuse? Perché a me sembra chiaro che non stia affatto cercando vendetta. Te lo ha detto anche, si è arreso all'evidenza, finalmente. Tra voi è finita. Dovresti essere contenta, no?
Niente più Marco nella tua vita.
E questo ti rende più serena, vero?
... Anna?
Marco's pov
"Senta, se non trova una soluzione, Lei finisce nei guai, eh," mi accusa Cecchini, entrando in caserma.
"Lo so," rispondo, pensieroso. "Se Sergio fosse coinvolto nell'omicidio, per Anna sarebbe davvero un bel problema." Niente da fare, la mia testa è sempre rivolta lì.
Non dovrebbe importarmene, è stata lei stessa a dirmi che devo starne fuori, che della sua carriera non mi interessa, e invece sto tutto il giorno a indagare per scoprire se Sergio sia colpevole o coinvolto, solo ed esclusivamente per il bene di Anna.
Sarò il primo ad essere felice, se risultasse che lui non c'entra niente.
Se Sergio non è colpevole, Anna sarà libera di rischiare la sua divisa come vuole, perché sta frequentando un ex galeotto. Sarà una sua scelta, sa perfettamente a cosa sta andando incontro. Ma se Sergio è coinvolto e salta fuori che lei ha dirottato le indagini credendo nella sua innocenza, avrà rischiato per una cosa che si può evitare. Se solo abbassasse quel dannato muro di protezione per dieci secondi, capirebbe.
Ma è testarda. Lo è sempre stata. Non ammetterà mai di stare sbagliando.
Devo trovare un modo, ma non so più cosa inventarmi, per arrivare ad Anna - quella vera - e parlarle.
Cecchini però mi dice che si tratta del vestito, e mentre cerco di tirarmi fuori da questa ennesima situazione che finirà male, mi avvicino alla finestra, e per poco non mi prende un infarto.
La sposa di cui parlava il fattorino, prima, in piazza, indossa l'abito di Anna!
Io e il maresciallo scendiamo di corsa, ma la situazione degenera senza che capisca bene come. Finisce quasi in rissa, in cui mi sento pure dare del maniaco senza aver fatto niente, quando una voce blocca tutto: Anna.
E ti pareva.
Bene, ma non benissimo.
Lei ovviamente riconosce subito il vestito, e Cecchini che cerca di dissuaderla peggiora le cose.
Maresciallo, vuole che non sappia che è il suo? L'ha scelto, cercato e voluto, proprio quello. Probabilmente sa anche a memoria ogni dettaglio del corpetto (anche io, in realtà, ma non mi sembra un buon momento per farlo notare. Già mi hanno dato del maniaco, ci manca che aggiungano ossessionato e pazzo).
Le spieghiamo il perché del trambusto, ed è lei stessa a tentare di recuperare un assegno che non c'è.
Che situazione imbarazzante.
Osservo la sposa andare verso il duomo per il suo matrimonio, sospirando affranto.
Anna mi si avvicina.
Me lo aspettavo, fin da quando ha riconosciuto il suo abito.
"Quindi alla fine l'hai dato via," mormora in tono che sembra quasi...deluso?
Ecco, ogni tanto la mia Anna torna, c'è ancora...
"Ho sperato fino all'ultimo che mi perdonassi..." riesco solo a dire, però.
"Sono contenta che ce l'abbia lei. Le sta molto bene," commenta soltanto Anna, prima di allontanarsi.
Non riesco a trattenermi.
"Anche a te..."
La mia voce si rompe.
Lei torna indietro.
"Marco..."
Se avessi avuto ancora un minimo di speranza, ciò che mi dice dopo con un filo di voce mette definitivamente la parola 'fine' all'amore che c'è stato tra noi. Senza rabbia, appena un sussurro.
"Io ti ho già perdonato."
La sua mano, che per un istante aveva stretto la mia, mi lascia mentre lei torna in caserma senza più voltarsi indietro.
Siamo colleghi, no? Colleghi, al massimo amici...
Beh, è più di quanto avessi osato sperare dopo l'altro giorno.
Ho commesso molti errori, e tutto quello che è successo è stata una conseguenza di quella notte.
Lei ha voltato pagina, e per quanto ci abbia provato, io non ho potuto impedirlo.
Solo una cosa mi resta da fare, prima di chiudere anch'io quel libro scritto assieme: rimediare al mio errore, permettendole di essere felice.
Devo scoprire la verità su Sergio, poi la lascerò andare, stavolta per sempre.
Anna's pov
Ghisoni ha richiesto il mio intervento in piazza per una rissa, si parla di un maniaco, ma che...?!
Marco?!
"Ma quello è il mio vestito?!" esclamo, sconvolta.
Cecchini e Marco mi spiegano l'ennesimo guaio in cui si sono cacciati, per cui mi ritrovo, in divisa, a dover ispezionare il corpetto della sposa, in cui sarebbe nascosto un assegno da cinquecentomila euro. Ma perché, perché?!
Non trovo nulla, quindi mi tocca pure scusarmi e augurare un felice matrimonio alla sposa.
Di sicuro se lo ricorderà.
Non come ricordo io il mio...
Prima di rientrare in caserma, però, ho bisogno di capire.
Mi avvicino a Marco, che ha gli occhi fissi sulla ragazza.
"Quindi alla fine l'hai dato via," constato, col tono di voce più fermo che mi riesce.
Scusa, Anna, ma che te ne frega? Non hai detto che non te ne importava più nulla, di quel vestito? Lo volevi fare a striscioline, mi pare. Ricordo chiaramente un paio di forbici. Lo sai che si è arreso, no? Quella sera ti ha detto che finché c'era il vestito, c'era la speranza, e se ha deciso di disfarsene, alla fine, significa che non ci crede più nemmeno lui. Sei stata molto chiara, tra voi è finita, e lui se n'è fatto una ragione.
Cos'hai, Anna? Cos'è questo strano nodo in gola che sento, sono lacrime quelle che stai trattenendo? Ammettilo, che non volevi. Che ti ha fatto male, constatare che Marco abbia desistito.
Ammettilo, che sei un'egoista, perché pensavi almeno lui non si sarebbe arreso.
Zitta, dannata vocina, zitta! Non c'entra nulla, questo!
Marco mi spiega che non avrebbe avuto senso tenerlo ancora, il tono rassegnato della sera in cui ci siamo lasciati, o dell'altra volta, quando ci siamo baciati.
Dopo essere riuscita solo a commentare come alla sposa stia bene il mio vestito, sto andando via quando la sua voce mi blocca.
"Anche a te..."
Un altro déjà-vu.
E comunque il vestito ti stava bene... bene, bene, bene, bene.
Sei bellissima...
Torno indietro.
So che non devo ringraziarlo per il complimento, non ce n'è bisogno. Sa che ho capito, così come il fatto che io l'abbia perdonato, ma glielo dico comunque, perché almeno questo merita di saperlo con certezza.
Quando me ne vado, avverto le nostre mani sciogliersi con estrema difficoltà.
Nemmeno mi ero accorta di aver stretto la sua.
Le nostre dita ormai lontane, un senso di vuoto, lo stomaco che sembra precipitare.
Un'altra fitta al petto.
Capitano Anna Olivieri.
Marco Nardi, Pubblico Ministero.
È finito tutto.
Dolore.
La ferita torna a sanguinare più di prima, il nastro adesivo che tira i brandelli straziati del mio cuore, e mi provoca un male terribile. Più di quanto ne abbia provato finora.
Anche se non lo ammetterò mai.
Sergio continua a non rispondere alle mie chiamate, e se Maometto non va alla montagna...
Eccomi qui, a bussare alla porta della sua roulotte.
Adesso è finalmente libero, e io sono felice.
Lui mi ringrazia, mettendomi in imbarazzo.
Non amo i complimenti, e comunque non ce n'è bisogno, ho solo fatto il mio lavoro.
Sapevo che sarei stata in grado di essere razionale, e senza pregiudizi.
Se uno ha commesso degli errori, non vuol dire che li rifarà!
Non solo lui, però... ancora due pesi e due misure?
Non capisco come gli altri facciano a non accorgersi che Sergio è cambiato, per la sua bambina, e un po' anche per merito mio. Di questo sono orgogliosa.
Sono tante le cose che ha iniziato a fare, per me.
Certo, la strada è lunga, ma...
Sarebbe un padre fantastico.
Attenta, Anna, l'hai già detto a qualcun altro.
Sembra aver trovato il suo posto nel mondo, finalmente.
Anche questo l'hai già detto a qualcun altro.
È pronto a cambiare, insieme a me.
Già visto, già fatto... insomma, un po' di originalità no, eh?
E comunque è stato più bello la volta precedente. Le farfalle allo stomaco io non le sento, tu sì?
No, perché quando hai detto tutte queste belle cose la prima volta, a un certo 'qualcun altro', c'erano. Tantissime, pure. Ma ora... toc toc, c'è nessuno? Mh. Eh no, mi sa che sono uscite. In vacanza.
Mi fermo solo un istante a soppesare cosa dice la vocina, prima di reprimerla.
Prima di andare via, però, ne approfitto per chiedere a Sergio una cosa.
Non che dubiti di lui, anzi, sono convinta della sua innocenza. Insomma, è così dispiaciuto all'idea di mandarmi via, però io sono pur sempre un Carabiniere e lui ha trovato un cadavere, devo chiedergli di quei famosi cinque minuti.
Scema io.
Perché è ovvio che quel lasso di tempo fosse dovuto al panico, voglio dire... si è trovato il cadavere di una donna che conosceva, davanti, chiunque al suo posto ne sarebbe rimasto sconvolto, soprattutto dopo aver avvertito Cicogna, il compagno di lei.
Stupida io ad aver dato ascolto ai dubbi di Marco.
Quand'è che imparerò a non ascoltarlo? È chiaro che sia geloso, lo è sempre quando c'è Sergio in mezzo.
Spero questo caso lo chiudiamo in fretta, o finirò alla neuro.
Che dici, andiamo o ci facciamo ricoverare alla neuro, direttamente?
Per un attimo, al posto della mia auto sembra materializzarsi una slitta, circondata da una miriade di lucine natalizie, quelle voci in testa che mi confondono, come le immagini dei due uomini.
Sergio, poi Marco.
Chiudo gli occhi.
Il ricordo svanisce, torno al presente.
Ma il mio cuore batte impazzito, la mia mano sul petto.
Crac.
Ancora.
Un'altra corda del cuore ha ceduto.
Marco's pov
Ieri Cecchini mi ha portato con sé in canonica per spiegare meglio del caso a Don Matteo.
Sì, sì, lo so, non si fa. Ma per una volta, ho accettato di uscire fuori dalle righe per il semplice fatto che la storiella che ci ha propinato Sergio mi puzza, solo che non riesco a capire dove sta il problema, e Anna rischia grosso.
Don Matteo, a tal proposito, mi ha suggerito di controllare una cosa ben precisa, e ho tutta l'intenzione di farlo.
Ragion per cui, stamattina, stiamo facendo un nuovo sopralluogo a casa di Cicogna. Non troviamo nulla, e devo sorbirmi in silenzio lo sguardo di rimprovero di Anna, però... se do un'occhiata a ciò che ha detto Don Matteo...
Ah.
Una mappa di Spoleto.
Quel prete ha sbagliato mestiere, ne sono convinto. Altrimenti non si spiega.
Ciò che si spiega benissimo, invece, è proprio la precisione del dettaglio che Anna riconosce nello sgamare Cecchini, perché fa lo stesso con me.
Ma interrompe sul nascere la sua ramanzina perché nota una donna - già incrociata la mattina del ritrovamento del cadavere - che porta al collo un particolare foulard.
L'arma del delitto.
Oh, bene.
Si spiega anche perché Anna sia un Capitano dei Carabinieri.
No, perché negli ultimi tempi qualche dubbio mi era venuto.
Però il foulard è da donna, e ora chi la smuove più dalla convinzione che Sergio sia innocente?
Non ce la farò mai.
Però... però è bello, vederla di nuovo così. Determinata, pronta, recettiva.
Questa è la mia Anna.
Anche se sta buttando via tutto, e non riesco a darmi pace.
Nel pomeriggio, arrivano i risultati della scientifica sui rilevamenti del secondo sopralluogo, relativi in particolare alla mappa, e il volume in cui si trovava.
Le impronte di Sergio sono solo lì, è evidente che lui in questa storia c'entri eccome, e che anche Cigogna sia coinvolto nell'omicidio, anche se non riesco a beccare il tassello di congiunzione.
So che probabilmente sarà inutile e mi si ritorcerà contro, ma devo provare a parlarne con Anna.
La raggiungo in ufficio.
"Ci sono anche le impronte di Sergio sulla mappa," le dico, ma lei non solleva nemmeno lo sguardo, continuando a fissare il cellulare che tiene in mano, seduta sul bordo della scrivania.
"Quindi? È molto amico del Cicogna, potrebbe aver tranquillamente toccato quel libro." commenta, indifferente.
Mh, sì, Sergio in effetti mi sembra un grande amante e conoscitore dell'anatomia umana, ha proprio l'aria da professore di medicina.
In ogni caso, io conosco Anna abbastanza bene da sapere come provocarla, e al momento questo mi serve.
"Solo quello? Perché le impronte sono solo su quel libro, su 'Anatomia 4, viscere e intestino'. Un best seller, capisco che-"
"Vedi di fare poco lo spiritoso!" reagisce infatti lei. Brava, Anna, così ti voglio.
Avrà anche cancellato e calpestato il passato che ci legava, ma io so ancora come fare ad ottenere una sua reazione, e il sarcasmo funziona sempre.
"Non sto facendo lo spiritoso, Anna, ti sto dicendo i fatti c-"
"Abbiamo l'arma del delitto, è confermato che è la sciarpa di Astrid, che ha movente e opportunità." alza però i toni lei, facendo immediatamente degenerare tutto nell'ennesimo litigio.
Io però non mi lascio fermare, perché lei deve ragionare. Deve!
"E abbiamo questa!" insisto, posando la cartina sulla sua scrivania.
"Questa! Cos'è, una piantina dove c'è un segno che forse ci indica un punto su una strada deserta e un numero che non sappiamo neanche che cosa sia! Che cos'è?" spara a raffica, nel suo tono l'accusa e il disprezzo nei miei confronti che mi feriscono più delle altre volte.
Devo trattenermi dall'urlarle contro. Non so nemmeno io come ci riesco, ma mantengo la calma fino alla fine.
"Speravo potessi aiutarmi tu a capirlo," dico soltanto, allargando le braccia. "No, perché di solito sei brava nel tuo lavoro." concludo, tagliente.
Un ultimo sguardo di sfida, ricambiato dal suo che si fa improvvisamente incerto, e sono fuori da quella stanza che ormai mi soffoca soltanto.
Sono a dir poco devastato da quello che è appena successo.
Ho provato inutilmente a chiedere aiuto alla Anna che ho imparato a conoscere e che amo, ma che sembra svanita nel nulla.
Annullata, e so che è così.
Perché? Perché anch'io mi ero annullato per qualcun altro, scoprendo troppo tardi che per molto tempo ero stato ingannato e umiliato, volontariamente: Federica.
So che l'ultima battuta l'ha ferita nell'orgoglio, ma era l'ultima carta che potevo giocarmi. Forse è l'unico modo per convincerla a rientrare davvero in gioco, a far chiarezza su quei dubbi che so anche lei nutre pur non ammettendolo. A prestare attenzione ai contorni sfumati fuori dal tema su cui si è focalizzata.
Spero che le cose prendano la piega giusta, non sono in grado di lottare da solo per lei, se lei non lotta per se stessa.
Ma anche a costo di metterci una vita intera, farò di tutto per scoprire la verità.
Anna's pov
Marco è appena uscito dal mio ufficio.
Abbiamo litigato, per l'ennesima volta.
Perché è così fissato con Sergio? Si è arreso, perché continua a cercare lo scontro sempre sullo stesso terreno?
Capisco la sua gelosia, sarebbe ipocrita da parte mia negare l'evidenza. So che Marco mi ama ancora, profondamente, me lo ha confessato e dimostrato più volte, ma è inutile. Non tornerò sui miei passi.
Non voglio più soffrire.
Scusa, ma chi è che ha mai detto che Marco ti ferirà di nuovo?
L'ha già fatto più volte, può commettere ancora gli errori già fatti.
Giusto. Ma anche Sergio può farlo, lo sai questo, vero?
Mi blocco.
È la prima volta che le domande nella mia testa si susseguono direttamente con un nesso logico e con i nomi, chiari e distinti, all'interno.
Brava, sono contenta, ora sì che iniziamo a ragionare. A saperlo, ci avrei messo i nomi prima. Magari facciamo anche un disegnino, se ti viene più semplice.
Scuoto la testa.
Appoggio la cartina di nuovo sulla scrivania.
Quell'uomo impossibile che è uscito poco fa dalla porta del mio ufficio si sta di nuovo comportando come tale. Sta provocando in me terremoti su terremoti, destabilizzandomi.
Lei dovrebbe essere orgogliosa di avere una figlia come Anna, una figlia che ogni giorno viene a lavorare con passione, e che sa ascoltare le persone... come fa a non rendersene conto? Io sono solo un collega, eppure l'ho capito subito...
Lavorare con passione...
E da quando ti interessa la mia carriera?
Torno a fissare la porta.
Sospiro a fondo.
Okay, gli importa, e anche da un sacco di tempo.
Da ben prima che ci fosse un noi.
Un'altra volta quel dolore al petto.
La ferita continua a dilatarsi.
È quasi la fine del mio turno serale, quando arriva Sergio in ufficio.
Vuole farsi perdonare per come si è comportato negli ultimi giorni, proponendomi un'uscita solo noi due.
Accetto, e scendiamo giù quando lui si accorge di aver dimenticato la giacca.
Va a prenderla, mentre io mi ritrovo incastrata in una strana conversazione, con Cecchini che tenta di convincermi a parlar male di Don Matteo a un cardinale.
Devo essermi persa dei passaggi, sicuramente, e sarà uno di quei suoi piani strampalati, ma non ho tempo da perdere, perché Sergio non scende.
Torno su per controllare che non sia successo niente, e lo trovo a trafficare attorno al mio pc, ma nemmeno gli do peso, probabilmente ha fatto cadere qualche penna o uno dei fermacarte, mentre prendeva la giacca che sta appoggiata alla sedia.
Non so, non ho voglia di tirare fuori la vecchia Anna sempre sospettosa, non adesso, ho bisogno di distrarmi e scollegare il cervello.
Ti dirò, non mi sembra di aver lavorato tanto, quassù, ultimamente.
Zitta!
Mi cambio in fretta, e condividiamo quella che ormai è la nostra cena distintiva: pizza e chinotto. Sul mio maggiolino, nello stesso posto in cui mi ha portato la sera che siamo scappati dal matrimonio di Elisabetta.
Mi piacciono queste serate spensierate, molto.
Certo, ogni tanto sarebbe bene mangiare in modo più salutare, magari cucinando a casa, invece di stare sempre fuori.
Pardon, ti disturbo solo per dire che potreste anche farlo, ma forse cucinare ti ricorda qualcuno e quindi hai evitato, di metterti ai fornelli per, e con Sergio? No, però, sul serio... hai fatto seratona, vedo!
Zitta, zitta, zitta!
Iniziamo a parlare, e gli dico di quella casa per la quale ho visto un annuncio qualche giorno fa, che per lui e Ines sarebbe perfetta, secondo me.
Caspita quante cose avete in comune, stellina. Parlate sempre di Ines, non so se ci hai fatto caso. Lei, e la tua infanzia interrotta. Altri argomenti no, eh? Rigirate sempre su questi. Strano, con qualcun altro non c'era una sera che non tiravate fuori un discorso diverso, però ok. Amavi parlarci, ricordi? Anche di stupidaggini, ma non c'era mai un istante che fosse vuoto. Anche senza parlare, il silenzio diceva tantissimo. Con quest'altro, cosa ami fare? 'spe'... lo ami...? Ah, già, non mi pare tu glielo abbia mai detto. Ho sentito un 'ti voglio bene', ma nient'altro. Neanche le farfalle.
Basta!
No, ehi, sta' buona. Basta lo dico io.
Lui contesta che ha comunque la roulotte, con vista mare, montagna, bosco, dipende da dove la metti. Quasi come fosse sempre in viaggio.
Un'ultima cosa e poi ti lascio alla tua 'seratona', forse. In tema di viaggio, che ne dici se andiamo al drive-in? Bello, no? Le luci, le auto d'epoca, un pm che da bambino voleva fare l'attore... mi sembra una buona idea, non c'è bisogno di andare così lontano per stare bene. Per capire di voler far davvero parte della vita di qualcuno. In quella casa che gli hai proposto, la tua presenza non l'hai inclusa, te ne sei accorta? Sembra un progetto sociale, il tuo: riunire padre e figlia, dar loro quello che tu non hai avuto. Brava, bel gesto, ma... che c'entra con l'amore?
Quando hai visto Marco con Ines, hai desiderato che fosse vostra figlia. Che foste una famiglia.
Con Sergio, non l'hai mai presa in considerazione, la possibilità di diventarlo sul serio.
Riesco ad ascoltare Sergio quanto basta per seguire il discorso, dannata vocina e i suoi paragoni!
Comunque, lui mi dice che vuole portare Ines in campeggio, ed è una cosa bellissima, una di quelle cose che lui si ostinava a dire di non essere capace di fare.
"Mi sarei perso l'unica cosa bella della mia vita."
"Ah, l'unica." commento, fingendomi offesa.
"No, è vero... mi sarei perso anche te."
Credo che la cosa importante sia trovare il proprio posto nel mondo, ed io penso di averlo trovato. ... Credo anch'io, mi sa.
"... e adoro il tuo naso, anche se è buffo..."
Con 'sto naso dove vuoi che vada...? Non è così male...!
Per un secondo il mio maggiolino diventa quell'auto d'epoca, davanti ai miei occhi l'immagine di Marco si sovrappone a Sergio.
Mi impongo di tornare alla realtà, battibeccando sulla sua battuta.
Come se potesse aiutare a distrarmi.
Poi Sergio mi bacia, e tutto torna al presente.
Quello in cui ho deciso di vivere l'amore come viene, senza dargli troppo peso.
... è per questo che stai con lei? No, sto con lei perché è divertente, perché prende le cose con leggerezza, e poi perché le vado bene così come sono, e non fa niente per cambiarmi.
Cerco di focalizzarmi su questo bacio, ma le cose peggiorano.
Anche quella sera, sarebbe dovuta terminare con un bacio.
Eppure, su quell'auto al drive-in, sarebbe stato superfluo.
Vi è bastato guardarvi negli occhi per capire di amarvi.
Ancora, la mia mente non ne vuole sapere di collaborare.
Forse dovresti iniziare a domandarti perché stai con Sergio. Hai sempre detto che ci stai bene, ma che vuol dire?
Zitta, zitta zitta.
No. Almeno finché non ti sarai data una risposta. Ma quella vera, Anna.
Una volta a casa, mi cambio e mi accomodo sul divano, armata di tè freddo, e mi decido a prendere quella cartina per studiarla meglio. Quella strana sequenza di numeri sembra familiare, ma non riesco a capire a cosa si riferisca.
Ah, ma quindi ora ti dedichi alla mappa? Non avevi detto che era inutile?
Mi fermo a fissare il foglio, una strana sensazione di turbamento mi pervade.
Forse è dovuta a ciò che ho vissuto - e rivissuto - sul maggiolino qualche ora fa?
Per il costante paragone che la mia mente mi ripropone sempre più di frequente, mettendo a confronto Sergio e Marco?
Le loro immagini si sovrappongono spesso, con il loro essere uguali, eppure completamente diversi.
Sergio spensierato ma tormentato, Marco più serio ma incline a lasciarsi andare.
Sergio pronto a rischiare ma parandosi la faccia, Marco sempre indeciso ma disposto a ferirsi se ne vale la pena.
Sergio apparentemente spavaldo, ma più insicuro di quanto vuol far credere, Marco corazzato dietro la giacca e la cravatta da PM ligio al dovere, ma sempre pronto a giocare e a piangere se necessario, perché è normale.
Dov'è la vocina che dovrebbe farmi notare come io mi stia trovando nella stessa posizione di Marco, quando si è trovato diviso tra me e mia sorella?
Non servo, l'hai già capito da sola.
Mi ritrovo a fissare il vuoto.
E io, chi devo scegliere?
Allora non hai scelto? No, aspetta aspetta aspetta. Mi sono persa dei passaggi? Non avevi detto che tra te e Marco fosse finita? Vuoi dirmi che non è così? Prendo i popcorn, questa novità sarà moooolto interessante da sentire.
Sergio e Ines stamattina partono per il campeggio, e io esco di casa di corsa per salutarli, il fascicolo del caso con la mappa stretto tra le mani.
Quando però arrivo davanti alla canonica, Don Matteo mi dice che sono già partiti.
Caspita, quanta fretta. Ci sono rimasta male, onestamente. Cioè, sembrano scappati come due fuggitivi, non sarà mica che...?
Ma no, che sciocchezza, adesso ho dubbi senza che intervenga la vocina?
Evviva, brindiamo, stai tornando in te!
Il mio cellulare squilla prima che riesca a ribattere alla mia testa, ma nel rispondere al solito call center, la cartina scivola a terra.
Don Matteo la raccoglie, così ne approfitto per chiedergli se ha un'idea riguardo a quei numeri scritti sopra, tanto prima o dopo l'avrebbe fatto il maresciallo.
Don Matteo, però, mi risponde che nemmeno lui ha capito a cosa possano riferirsi ma come Marco, sembra avere dei dubbi circa la colpevolezza della donna, che invece io credo sia l'assassina. Adesso che me lo fa notare, in effetti ci sono delle cose strane in questa storia.
Assurdo, sono perfino arrivata al punto di parlare del caso con Don Matteo, invece di dare ascolto all'uomo pigro che ultimamente si sta dando un gran da fare.
La giornata scorre tranquilla.
Marco non si è visto e Cecchini mi ha chiesto un giorno di permesso per andare all'estero, anche se non ho capito che accidenti significasse.
La sera, a casa, mi ritrovo da sola.
È strano, e quasi triste.
E pensare che una volta ti piaceva tanto stare da sola, ti era utile a riflettere. Cos'è, ora che vivi 'con leggerezza', non ti serve più?
Sta' un po' in silenzio, vocina, così mi riposo. Ché le giornate sono state lunghe e stancanti, nell'ultimo periodo.
Se lo dici tu.
La mattina, il mio cellulare squilla mentre sto finendo di prepararmi per andare al lavoro. Non sono nemmeno le otto, chi...?
Ah, Sergio!
Mi dice di volermi ringraziare ancora per quello che ho fatto con Ines, ma quando gli dico che non deve e che me l'ha già detto, aggiunge una cosa, sembra, inedita.
Che mi ama. Partendo poi con un lungo elenco di cose che ama di me.
Questa sua dichiarazione mi lascia di certo senza parole, ma non posso fare a meno di notare che la sua voce è strana.
La frase finale però mi mette addosso una strana ansia, ma quando gli chiedo se sta bene, mi dice di non preoccuparmi. La chiamata si chiude.
Lasciandomi con mille dubbi in testa.
Dovrei essere felice delle sue parole, ma... perché dette così, per telefono? Ci sono stati tanti momenti in cui avrebbe potuto dirmelo. E quella voce... perché era affannata, come se ammetterlo gli stesse costando parecchio e fosse stato portato a farlo da qualche circostanza in corso? Quasi... obbligato per giustificarsi?
Come te in quel furgone, te lo ricordi? Il cuore in gola, il terrore di non poter mai pronunciare quelle parole... Sergio ti ha detto di amarti, come hai fatto tu in quella occasione con Marco. Ma Marco, quando ha letto il tuo messaggio arrivato in ritardo, ti ha risposto. Anche se la prima era una bugia e lo sapevate entrambi. Tu, invece? Sei stata in silenzio.
Cosa vuol dire, quella telefonata?
Pensa, Anna, pensa...
Credi nelle persone anche quando ti sbagli.
Cosa vuol dire? Su chi mi sto sbagliando?
Una volta in caserma, poco prima delle 9, mi accorgo che Zappavigna e Ghisoni hanno indossato i giubbotti antiproiettile e stanno caricando le pistole d'ordinanza.
Alla mia richiesta di spiegazioni, Zappavigna mi informa che si tratta della scorta per un furgone portavalori. Strano, perché di solito non interveniamo, ma Ghisoni mi spiega che stavolta devono trasportare due milioni di euro.
Un momento... due milioni?
Quando domando il percorso fatto dal furgone, il respiro mi si mozza in gola.
Statale 27.
La mappa di Spoleto.
I numeri scritti sopra in rosso.
No, non può essere, no, qualcuno mi dica che mi sto sbagliando, che non è come penso!
Sembrano scappati come due fuggitivi...
Credi nelle persone anche quando ti sbagli...
Strano, perché di solito sei brava nel tuo lavoro...
Non può essere, non può avere ragione, non può avere ragione su tutto!
Faccio un ultimo tentativo, perché non ci voglio credere.
Avvio la chiamata a Sergio.
Rispondi, cavolo, dimostrami che sto sbagliando! Che non stai facendo quello che temo! Che sei cambiato, per Ines, per me! Che non ho odiato e litigato con l'uomo più impossibile che conosca mentre lui cercava solo di farmi aprire gli occhi! Rispondi!!
Ma Sergio rifiuta la mia chiamata.
E tutto diventa improvvisamente chiaro.
Spiego ai miei uomini che è stata organizzata una rapina, e dobbiamo sbrigarci, arrivare prima che sia tardi.
Ma un'ultima cosa prima di andare devo farla.
Un'ultima chiamata prima di tentare di arginare il danno che io stessa ho causato.
"Marco, sono io. Ti devo chiedere scusa... avevi ragione."
Nel viaggio adrenalinico verso il luogo in cui avverrà la rapina, ripenso a tutto ciò che ho vissuto con Sergio.
È stata tutta una menzogna, quindi? Mi ha solo usata, per tutto il tempo, come una copertura, per i suoi scopi illeciti? Sono diventata un'Anna diversa per lui, snaturando quella che ero sempre stata... è questo il prezzo da pagare per essermi lasciata andare? Annullandomi per qualcuno che non ha avuto nessun rispetto di me? Che mi ha solo sfruttata per il proprio tornaconto, colpendomi nei punti più deboli?
Quel paracadute che avevo sulle spalle quando mi sono lanciata dall'elicottero era forse difettoso?
Perché nonostante i tentativi, non si è aperto.
E io sto precipitando nel vuoto, senza possibilità di scampo.
Quando raggiungiamo il furgone, qualcuno inizia immediatamente a sparare una volta accortosi di noi.
C'è solo un rapinatore però, e non è Sergio, che probabilmente ha avuto paura e ha desistito, fuggendo.
Non che cambi molto, perché il suo coinvolgimento è ormai appurato, ed è colpa mia.
Ma forse un minimo di amor proprio gli è rimasto, oppure lo ha fatto per codardia, anche se non è il momento di preoccuparmene.
La sparatoria prosegue, fino a quando non succede qualcosa che non mi aspettavo.
Sento le gambe cedere, crollando a terra senza poter far altro.
Come fosse un film a cui qualcuno ha abbassato il volume, avverto dei suoni ovattati in lontananza senza riuscire a distinguerli, un dolore lancinante più o meno all'altezza della scapola, come non ne avevo mai provato in vita mia.
Avverto il sangue inzupparmi troppo in fretta la camicia, il fiato che si affievolisce ogni istante che passa.
Sto... morendo?
Ho finalmente capito tutto di noi...
Prima del buio, percepisco una figura sollevarmi appena da terra. Non capisco nemmeno chi sia.
Ma forse non potrò mai dirtelo...
I miei occhi quasi chiusi non mi consentono di metterla a fuoco, e molto probabilmente, chiunque sia, non sentirà nemmeno cosa sto provando a dire. Sono troppo debole, sento le forze che stanno per abbandonarmi, ma devo provarci lo stesso.
Marco...
Poi, più niente.
Marco's pov
È passata più di un'ora da quando Anna mi ha chiamato per dirmi che avevo ragione ad avere dubbi su Sergio.
Ora sono qui, in caserma, mentre aspetto notizie sull'operazione in corso.
Mi sembra di essere tornato a quei giorni in cui Anna era stata rapita. Il cuore in gola, la paura che possa essere in pericolo, l'impotenza dell'attesa.
Come allora, sono seduto da solo nel suo ufficio, intento a osservare una delle sue foto che continuo a conservare sul cellulare.
La mia Anna.
Sei proprio un idiota, Marco.
All'improvviso, avverto una fitta al petto, come se qualcosa mi avesse colpito.
Come un colpo di pistola.
Sbatto le palpebre, confuso, sfiorandomi il punto in cui ho sentito il dolore, prima di sedermi al posto di Anna.
Che strana sensazione... svanita in fretta com'è arrivata.
Il mio cellulare squilla.
Zappavigna.
Perché mi sta chiamando lui?
"Dottor Nardi, il Capitano... le hanno sparato... è grave..."
Quello che accade dopo non saprei raccontarlo con certezza.
So solo di essere arrivato in ospedale, il fiato corto, la disperazione.
Non riesco nemmeno a parlare, a pensare.
L'attesa interminabile mentre la operano d'urgenza.
Ha perso molto sangue... non sappiamo se ce la farà... possiamo solo aspettare... le prossime ore saranno determinanti...
Ora Anna è lì, distesa su quel letto, in terapia intensiva, attaccata a una macchina.
Io costretto a stare fuori, insieme a Don Matteo.
Cecchini arriva di corsa, devastato quanto noi.
Ci chiede come sta, aspettando una mia risposta che riesco a mala pena a dargli.
Il prete gli dice di chiamare Elisa, prima di allontanarsi con lui.
Io resto da solo, immobile, a osservarla oltre il vetro.
Non capisco nemmeno come mi sento.
Anna, la mia Anna sta lottando tra la vita e la morte, e avverto la profonda delusione verso me stesso farsi largo in mezzo al dolore.
Perché non ho fatto abbastanza per impedirlo. Perché è colpa mia. Se solo avessi insistito di più, se non fossi uscito dal suo ufficio dopo il litigio sulla mappa, se non le avessi mentito più volte, lei adesso non sarebbe lì.
La sua vita non sarebbe appesa a un filo.
E se dovesse... se dovesse...
Non risponderò di me, non mi importa se mi giocherò la carriera, se mi rovinerò la vita, ma farò di tutto per sbattere dietro le sbarre chi ha fatto sì che tutto ciò accadesse.
Perché si può cambiare, sì, ma il passato non si cancella, e come non si cancella il mio, di certo non si cancella quello scritto su una fedina penale.
Accetto di tornare temporaneamente in caserma con Cecchini a patto che resti Don Matteo a vegliare su Anna, in attesa che arrivi sua madre.
Lascio che sia il maresciallo a guidare, io non me la sento.
Ma stavolta non commetterò l'errore di quel giorno.
Chiamo Chiara.
"Che è successo? Che hai fatto stavolta?" chiede lei crucciata, non appena risponde.
"So che sai tutto quello che è successo e finora non abbiamo avuto modo di parlare," replico, con un nodo in gola, "ma avevi ragione, sono stato un idiota, esattamente come avevi detto tu quella sera, anzi, di più. Ma quello che posso giurarti è che io amo Anna, e... e so che è forte, ma... ma ha bisogno anche di te. Di tutti. Chiara, ti prego, vieni... Le-le hanno sparato, e... forse, se ci sei tu... Avete sempre superato tutto insieme, dovete superare anche questa..."
In caserma ci raggiunge anche Sara.
Anche lei è preoccupata.
Capiamo che i rapinatori possedevano i codici del furgone, e io suggerisco che potrebbe essere stato Cicogna a reperirli, visto che è un genio dell'informatica.
Lo convochiamo.
Mantenere la calma è difficile, ancor di più di quando interrogammo Lisi.
Perché la donna che amo è di nuovo in pericolo, più di allora, e non ho voglia di stare ai suoi giochetti e le strane accuse che muove solo contro Sergio. Sara lo lascia andare, ma a me non convince, c'è qualcosa di strano in quello che ha detto, però non sono abbastanza lucido da capire dove stia il problema ed esporre i miei dubbi.
Mentre osserviamo quell'uomo uscire dalla caserma, facendolo seguire, Sara mi esclude dalle indagini perché sono troppo coinvolto.
Anche Anna ci aveva provato una volta, ma se in quel caso avevo replicato, stavolta non ce la faccio. So che ha ragione.
La donna che amo lotta per la vita, e io io più che mai sarei pronto a sbattere in galera chiunque, con un minimo di prova che me lo permetta.
La mattina dopo, sono ancora in ospedale da Anna, dove ho passato quasi tutta la notte, quando Cecchini mi chiama dalla caserma.
Non capisco cosa voglia, visto che sono stato tagliato fuori dalle indagini.
Quando arrivo, scopro che Sara sta facendo fare dei rilevamenti nell'ufficio di Anna, e alla mia richiesta di spiegazioni mi dice che sospetta che Anna sia coinvolta nel furto dei dati.
Si scusa per le sue insinuazioni, ma io non ci vedo più. Anche Cecchini è sconvolto, negando fermamente la possibilità che lei sta paventando.
So che sta solo facendo il suo lavoro, ma non glielo posso permettere.
Ho giurato che avrei rimediato ai miei errori, e ho intenzione di mantenere la promessa, ora più che mai.
Sono sicuro che Anna non c'entri nulla con questa storia, e che Sergio abbia tramato alle sue spalle, usandola, approfittando della sua buonafede.
Sapevo che le avrebbe rovinato la vita, più o meno volontariamente, ma mi ero sforzato di vederci del buono, in lui, per Anna. Avevo provato a credere che almeno lui sarebbe riuscito a renderla felice, e speravo che smentisse tutti i miei dubbi.
Avrei voluto sbagliarmi, avere torto.
Mi sono fidato, sono stato onesto.
Ma ho amato, e amo fino in fondo la donna che ora lotta in ospedale.
Forse alla fine di tutto non cambierà nulla, ma non importa.
Ho già perso tutto quello che avevo, ma adesso potrei perdere Anna per sempre, ed è l'unica cosa che non mi posso permettere.
Perdere il lavoro non sarà certo la cosa peggiore che potrebbe capitare.
È per questo che mi assumo la responsabilità di ogni cosa, affermando che sapevamo già tutto, e che sono stato io a dire ad Anna di lasciare che Sergio piazzasse la scheda nel suo computer, per coglierlo sul fatto.
Le dico che è colpa mia e non di Anna, perché Anna si sveglierà, e magari mi odierà ancora, ma la sua divisa sarà ancora lì ad aspettarla affinché la possa indossare di nuovo, che sia a Spoleto o a Islamabad. Sempre a testa alta, fiera, coraggiosa. Intelligente, tosta, determinata, ma anche sensibile, emotiva, che davanti al male si sa ancora commuovere.
E tutte le innumerevoli qualità che la rendono la donna di cui sono perdutamente innamorato.
Cecchini's pov
Sono in ospedale con Elisa. È arrivata anche Chiara, stanotte.
Anna non si è ancora svegliata, dicono che possiamo solo aspettare e non c'è altro che si può fare.
Poche ore fa ho fatto una chiacchierata con Don Matteo.
Abbiamo parlato anche di mia moglie Caterina, di come lei se ne sia andata serena dopo aver vissuto appieno la sua vita.
Ma Anna no, lei ha un'esistenza intera davanti a sé, non ha vissuto, non può andarsene ora.
Non mi può lasciare ora.
Ora che ho ritrovato una figlia... anzi, due, con sua sorella Chiara.
Anna non può sostituire Patrizia e Chiara non può colmare la distanza con Assuntina, ma la loro presenza - quella di Anna, soprattutto - ha alleviato quel dolore, come Elisa fa con quello della perdita di Caterina.
Dio mi ha voluto donare un'altra famiglia, e io non la voglio perdere così.
Vado via solo quando arriva Marco. Torno in caserma, perché senza il Capitano tocca a me gestire il lavoro, e non ho mai sentito tanto addosso il peso della responsabilità.
Mentre mi allontano, faccio in tempo a notare il lungo abbraccio tra Marco e Chiara, prima che lei accetti di andare a casa a riposarsi dopo la lunga nottata di veglia.
Vedo anche Marco che si avvicina ad Elisa, ma non riesco a sentire cosa si dicono.
Li lascio soli.
Sperando di ricevere quella telefonata in cui mi dicono che la mia Anna, mia figlia, ha riaperto gli occhi.
Elisa's pov
Sono seduta su una delle rigide sedie fuori dalla stanza di Anna, mentre i medici verificano le sue condizioni.
È tutto così surreale.
È sempre stato questo il motivo principale per cui non volevo che lei diventasse un Carabiniere.
Perché temevo che prima o poi quella chiamata sarebbe arrivata.
Non che questo mi abbia trovata pronta, tutt'altro.
Mi sono sentita morire, come quel giorno in cui mi dissero che mio marito si era suicidato.
Adesso la mia Anna, la mia bambina è distesa su quel letto d'ospedale, per un motivo diverso, ma in un certo senso è come se anche lei avesse tentato di togliersi la vita.
Le avevo detto più volte di stare attenta con quel ragazzo, di tornare a ragionare, perché stava rischiando di buttare via tutto per orgoglio. Per una battaglia non sua. Per quell'amore che ancora provava per l'uomo che più l'aveva ferita.
Per provare a se stessa che è più forte, a prescindere, quando invece essere fragili è normale, ed è l'unico modo per superare il dolore.
Ma non ha voluto darmi ascolto.
E adesso ne sta pagando le conseguenze.
La cosa più terribile è che io non posso fare niente, sono costretta a stare qui, ad aspettare che mi dicano della sua sorte.
Con la paura di vedermela scivolare via tra le braccia senza poterlo impedire.
Ho superato la morte di Carlo per lei e per Chiara, ma non so se reggerei a un colpo del genere.
Una madre non dovrebbe mai sopravvivere ai figli, e anche solo l'idea è intollerabile.
Mentre asciugo le ennesime lacrime, Marco mi si avvicina, sedendosi accanto a me.
Allunga una mano, stringendo la mia. Ricambio il suo tentativo di conforto, perché ne ho un disperato bisogno. E anche lui.
Quanta strada abbiamo fatto da quella mattina in piazza, quando aveva cercato di farmi capire che mia figlia andava amata per ciò che era, perché perfetta esattamente così.
Avevo capito già allora che l'uomo che adesso mi siede accanto fosse perdutamente innamorato della mia Anna, e sapevo che lo era anche dopo che lei mi aveva raccontato, disperata, cosa lui aveva fatto.
Ha commesso molti errori, Marco, ma il suo cuore è puro.
Ho provato tante volte a farlo capire a mia figlia, cercando anche di metterla davanti alle sue responsabilità, perché anche lei sa bene di averne, ma sa essere fin troppo testarda. È fragile, troppo... a dispetto di quell'armatura apparentemente indistruttibile che indossa sempre.
Se la si osserva bene, ci si rende conto che non è metallo, quello che riflette la luce: è cristallo, trasparente, e basta davvero poco per ridurlo in polvere.
Quando è successo, lei ha cercato di riattaccare tutto come meglio poteva, fingendo di non vedere le crepe e gli spazi tra un coccio e l'altro.
Quelle crepe attraverso le quali Marco continuava a insinuarsi, inesorabilmente, spingendosi fin dentro il suo essere più profondo senza che lei riuscisse a fermarlo, né lo volesse.
Marco è sempre rimasto, e adesso è qui, giorno e notte, per lei. Non l'ha abbandonata un istante, anche se non ha niente da trarre in cambio.
Ora più che mai so che quando Anna si sveglierà, farò di tutto per convincerla a guardare col cuore a quell'uomo che non se n'è mai andato.
Perché il suo cuore batte per lei.
Non l'ho mai fatto, ma so che è arrivato il momento giusto.
Abbraccio Marco più forte che posso, riconoscendo in lui la stessa disperazione che provo io. Lo stesso amore.
Adesso anche io sono pronta a rivelargli ciò che nessuno dei due avrebbe mai immaginato quella mattina in cui abbiamo litigato, in piazza.
"Ho sempre saputo che fossi tu l'uomo giusto per mia figlia, il genero che ho sempre voluto avere, l'unico che la merita. E sono sicura ancora, e nonostante tutto, che sarà così."
Marco's pov
È sera.
La madre di Anna era stanca, anche se lei diceva di no, dopo due giorni passati accanto a sua figlia.
Ho dovuto insistere per convincerla ad andare a riposarsi un po', e per fortuna alla fine ha ceduto.
Abbiamo parlato a lungo dopo l'abbraccio, come mai avevamo fatto prima. È stato bello, è servito sfogarci e trovare l'uno il supporto dell'altra in un momento così difficile per entrambi.
Chissà, magari questo può essere un nuovo inizio per tutti.
Ho chiamato Chiara, pregandola di prendersi cura di sua madre, di non lasciala sola.
Lei mi ha ringraziato per ciò che sto facendo, perché nella mia posizione avrei potuto scegliere di essere egoista, fregarmene di tutto come Anna stessa mi aveva detto di fare. Ma anche lei sa che non ne sono capace, e non lo sarò mai.
Ho chiuso la telefonata da pochi minuti e sono di nuovo in piedi, a osservare Anna dal corridoio, oltre il vetro. La situazione non accenna a mutare.
Noto una figura giungere al mio fianco.
Sara.
È la prima volta che viene, da quando Anna è in ospedale.
La capisco, ha dovuto occuparsi lei del lavoro che sarebbe dovuto spettare a me, anche se ha voluto essere aggiornata sulle condizioni di Anna.
Dopo qualche istante di silenzio, mi pone una domanda a bassa voce.
"Perché ti stai prendendo la colpa al suo posto?" chiede, il tono intriso di dubbio.
"No no, non mi sto prendendo proprio la colpa di nessuno," affermo, senza staccare gli occhi dal letto.
"Ti rovinerai la vita e la carriera per lei..." evidenzia. "E lei non ti ama."
Io non rispondo, cercando solo di trattenere le lacrime che pensavo essere ormai terminate. Ma non per quello che ha detto, no. Per tutta questa situazione insostenibile.
"Stai facendo un grande errore." insiste Sara, ma questa frase una replica la merita.
"No no, l'errore grande grande l'ho già fatto," le spiego, rivolgendole uno sguardo eloquente per un istante prima di tornare ad osservare Anna, immobile, vicina eppure lontanissima.
"Sto cercando solo di ripararlo."
Ed è la verità.
Non mi sono assunto tutte le responsabilità perché voglio che Anna si senta in debito con me quando si sveglierà, al contrario.
Voglio solo portare a termine quanto mi ero prefissato: rimediare ai miei sbagli, quelli in cui anche la stessa Sara è coinvolta.
Non ci siam mai detti delle balle, non cominciamo ora.
Mentire ad Anna, quel giorno, mi aveva trasformato in ciò che avevo giurato di non diventare mai.
Mi ero ripromesso che mai, mai avrei tradito o fatto soffrire la donna che amo, e invece alla fine l'ho fatto...
E da quel preciso istante, avevo lottato prima per riconquistarla, cosa che ormai ho rinunciato a fare, e poi per far sì che la scelta che Anna stava per compiere e a cui aveva rinunciato, per me, sbagliando, possa ancora avere la possibilità di farla.
Aveva rifiutato l'incarico in Pakistan per restare con me, e io l'avevo tradita in troppi modi per avere il suo perdono, ma almeno così posso essere certo che quando riaprirà gli occhi, troverà ancora la sua divisa ad attenderla.
Quella che lei ha scelto sempre, sopra ogni cosa, per far trionfare la giustizia.
... e sei una che davanti al male si sa ancora commuovere.
Sara comprende che non cambierò idea, e anche il motivo per cui mi sto comportando come sto facendo.
Mi stringe la mano.
"Spero che si salvi," mormora, lasciandomi un bacio di conforto sulla guancia prima di andare via, gli occhi lucidi.
Resto nuovamente da solo, in attesa che mi permettano di entrare in stanza.
Non so nemmeno quante ore siano passate quando finalmente oltrepasso quella porta.
Vedere la mia Anna così, indifesa, inerme su questo letto mi provoca un dolore che non riesco neanche a definire.
La mia Anna, quella che non stava mai ferma, sempre in cerca di qualcosa in cui buttarsi a capofitto, piena di energia, quella del fare fare fare, sempre pronta a battibeccare con me.
Quella testarda come poche.
Che rideva alle mie battute, anche se tremendamente stupide.
Che mandava giù il mio brasato pessimo e l'arrosto troppo salato rimbeccandomi di essere un cuoco terribile.
Che detestava il calcio eppure guardava le partite abbracciata a me sul divano.
Quella che si illuminava come una bambina davanti a una vaschetta di gelato al cioccolato con le nocciole tritate sopra. Che divorava libri su libri e adorava i vecchi film.
La mia Anna, che adesso non accenna a svegliarsi dal suo sonno.
Le sfioro le dita con le mie, senza riuscire ad accettare anche solo l'idea che potrei perderla.
"Tu mi devi promettere che ti risvegli," mormoro. "So che non posso più far parte della tua vita... Io voglio che tu ti risvegli! Mi hai capito?" insisto a bassa voce, fissando i suoi occhi chiusi. Sperando in una risposta che non arriva.
Il terrore di non poter più perdermi in quelle iridi verdi. Di non poter più vedere il suo sorriso.
Non posso accettare il fatto che l'ultima volta che ho sentito la sua voce sia stato al telefono, mentre mi chiedeva scusa per non avermi ascoltato.
Non posso.
Ma lei non reagisce. Il filo della sua vita in mano a tre Parche crudeli che stanno ancora decidendo del suo destino.
"Anna... Anna..." tento ancora, senza ricevere replica che non sia il silenzio.
Non riesco a stare qui un secondo in più.
Vorrei urlare, implorare Dio di non portarmela via.
Sperare che il mio amore basti a mantenerla in vita.
Lascio le sue dita con uno sforzo immane, prima di allontanarmi verso la porta.
Sono a pochi passi quando una voce mi ferma.
Il suono più melodioso che potessi sentire, che chiama piano il mio nome.
"Marco... Marco..."
Anna's pov
Percepisco i miei sensi tornare a poco a poco.
Non so dove mi trovo, non riesco a capire bene cosa stia succedendo intorno a me, ma sento una voce che mi sta implorando di svegliarmi.
Non è la solita vocina che ha accompagnato la mia testa negli ultimi periodi di cui riesco a ricordare, no. È una voce maschile, ma non una qualunque.
La conosco bene, questa voce, adesso la distinguo nettamente.
Il mio nome, come fosse una preghiera.
C'è lui ad attendermi.
Marco.
Eccolo, il segno che stavo aspettando.
Forse non proprio quello che chiedevo e cercavo da tempo per perdonare l'amico, ma è il segno giusto.
E come il suo nome era stato l'ultimo che ho cercato di pronunciare chissà quanto tempo fa, ormai, è il primo che riaffiora sulle mie labbra.
Ancora e ancora.
Attraverso i miei occhi socchiusi, perché ancora troppo difficile e faticoso aprirli completamente, riesco a vederlo, metterlo a fuoco tra le ciglia.
Marco.
L'uomo a cui il mio cuore si rivolge ogni volta che si sente in pericolo.
Eccolo.
"Ehi! Anna... ciao! Amore mio..."
Un sussurro, leggero, come se avesse paura che, alzando il tono, potrebbe farmi male.
Amore mio...
Lo sento chiamare l'infermiera prima di tornare a me.
Sento le sue mani sfiorarmi con delicatezza, quasi timorose.
"Ciao... come stai?" mi domanda, e io riesco solo ad accennare un sorriso. Non ce la faccio ancora a parlare, ma non importa, so che capirà.
Lo sento tremare, gli occhi colmi di lacrime.
"Che bello, vederti così... ciao..." ripete ancora, come se non riuscisse a credere che io sia finalmente sveglia.
Nemmeno io me ne rendo perfettamente conto, ma una cosa la so per certa.
Quel paracadute che io pensavo fosse difettoso, si è aperto eccome, invece. Solo che io, nella paura di cadere, non me ne sono accorta.
Marco c'è sempre stato, ci sarà sempre, fedele.
Sì, fedele, nonostante l'infedeltà di una notte.
La mia coscienza aveva ragione. Ho perdonato tutto a tutti, mi sono fidata di tutto e di tutti, avevo concesso il beneficio del dubbio a chiunque, tranne che a lui.
Eppure eccolo qui, in questa stanza d'ospedale, con me.
Com'è sempre stato al mio fianco in questi mesi, silenzioso, nell'ombra, sempre pronto ad accorrere in mio soccorso ogniqualvolta fossi caduta. Non è mai stato lui a farmi inciampare, no. Anzi, è sempre stato il mio appiglio per rialzarmi, solo che non volevo capirlo.
C'era, c'è, e sicuro quanto è vero che io sono Anna Olivieri, Capitano dei Carabinieri, ci sarà ancora. Ma non da spettatore.
Questo tempo che ho passato rinchiusa nella mia mente mi ha fatto riflettere, comprendere molte cose su me stessa e sugli altri.
E il mio risveglio è un nuovo inizio, dopo ciò che voglio considerare solo un incubo, e di cui conserverò solo il buono.
Mattina.
La notte è trascorsa tra periodi di sonno e veglia, con mamma e Chiara a tenermi per mano, e il maresciallo ai piedi del letto. Marco sempre al mio fianco.
Hanno accettato di andar via solo all'arrivo di Don Matteo, per non lasciarmi sola.
Il parroco mi sta giusto raccontando tutto quello che è successo, e come sempre lui è arrivato prima di noi a risolvere il caso. Riderei, se non facesse male, perché certe cose non cambieranno mai.
Don Matteo mi sta ancora spiegando come Sergio si sia tirato indietro e abbia rifiutato all'ultimo di prendere parte alla rapina, per Ines, e per me.
Ma questo non cambia lo stato delle cose. Forse vuole davvero cambiare, e io potrei anche accettare di stargli accanto... solo, non come vuole lui.
"Sa, Don Matteo, la verità è che... noi donne a volte riusciamo ad essere veramente stupide," mormoro con quel poco di voce che riesco a tirar fuori.
"Coraggiose," propone lui, ma non è poi così diverso.
"Coraggiose, o stupide... il risultato non cambia. Ci crediamo, amiamo, rischiamo tutto... e veniamo illuse e tradite."
"Se c'è uno che ti capisce... quello è Gesù," risponde però lui, in tono dolce. "Anche lui è stato tradito, ma in quella notte buia, di solitudine, di dolore, lui ha pensato a noi, e a tutti i tradimenti di cui siamo capaci. Ed è allora che lui ci ha amato di più... ci ha voluto dare tutto se stesso. Ha spezzato il pane e ci ha dato il suo corpo, con il vino il suo sangue, e ci ha detto 'Amatevi gli uni con gli altri, come io ho amato voi'."
Non so bene quando ho iniziato a piangere, ascoltando le sue parole, ma Don Matteo non ha ancora finito.
Mi rivolge un sorriso comprensivo. "Ha visto, Capitano? Dal tradimento, è nato un amore più grande. Com'è possibile tutto questo, io non lo so... ma è così bello..."
Io ho bisogno di sfogarmi, anche se il groppo in gola fa tremendamente male.
"Sì, però con Sergio non ha funzionato... io ci ho creduto, davvero... e invece ho sbagliato... mi ha solo usata, e io ho ferito l'unico uomo che mi abbia mai amato veramente, che mi ha dato tutto anche quando continuavo a respingerlo..." confesso, tra le lacrime. Perché sono inciampata, come successe quella volta sulla strada di ritorno dal monastero, ma a porgermi la mano affinché non cadessi di nuovo c'è sempre stato una persona, e una soltanto.
"Vale sempre la pena di amare," dice il parroco, ma io lo sento appena.
Perché il mio respiro viene meno, all'improvviso.
"Anna, Anna!" esclama Don Matteo, preoccupato, scattando in piedi e chiamando gli infermieri.
Mi stringe le mani, mentre io sento di nuovo le forze venire a mancare.
Buio.
Mi risveglio frastornata qualche ora dopo, stando a quello che mi dicono.
Ho avuto una crisi respiratoria. Mi sono affaticata troppo, e il mio corpo non ha retto.
Hanno avuto qualche difficoltà a... riportarmi indietro, diciamo.
Ho fatto prendere un brutto colpo a tutti.
Stavolta davvero pensavano che non ce l'avrei fatta.
Quando glielo consentono, Don Matteo rientra in stanza, sollevato di ritrovarmi sveglia.
Dopo essersi sincerato che sono abbastanza tranquilla da poter sostenere una conversazione in piena coscienza, mi spiega che Sergio non è ancora tornato, e che bisogna trovare un modo per far sì che si presenti da solo, per prendersi le sue responsabilità ed espiare le sue colpe.
Lui ha un'idea, ma per metterla in pratica c'è bisogno dell'aiuto di tutti quelli che mi vogliono bene e che mi amano, perché non è un escamotage troppo felice. È rischioso, ma forse è l'unico modo.
Dice che ha già proposto la cosa a Marco, Sara e il maresciallo, ma che l'ultima parola spetta, per ovvie ragioni, a me.
Quando sollevo lo sguardo, quasi il desiderio del mio inconscio si fosse avverato, li vedo tutti lì, in piedi oltre il vetro.
La mia famiglia.
Chiara, Cecchini, e mia madre... abbracciata a Marco? Che mi sono persa?
Stanno sorridendo, uno più di tutti.
È a dir poco strano, sentire la notizia della propria morte al telegiornale.
Sì, è questa l'idea di Don Matteo.
E devo ammettere che i miei cari sono ottimi attori, perché ci hanno creduto tutti, soprattutto uno.
Che è tornato indietro, e adesso è lì, davanti alla mia bara vuota, avvolta nel tricolore.
Sta piangendo, mentre io lo ascolto attraverso la porta socchiusa della sagrestia.
"Perché? Perché?! È colpa tua! Tu... tu hai voluto vedere qualcosa di buono, in me, e io te l'avevo detto che non c'era niente di buono, in me... Non sono una buona persona, non sono un buon padre... Non c'è niente di buono, in me... Niente..." si sfoga.
È solo a questo punto che decido di palesarmi.
Fa male, sia sentire quelle parole che stare in piedi perché il dolore della ferita - e non solo fisica - è ancora troppo recente.
"E allora perché sei tornato?" mormoro, e lui si volta, incredulo.
La sua espressione cambia.
Mi abbraccia, anche se io resto immobile.
"Sei viva... guardami," mi prega, prendendo il mio viso tra le mani. "Era una messinscena..."
"È stato Don Matteo," sussurro, "ha detto che saresti tornato... per me."
Lui piange ancora, evidentemente sollevato, ma io ho bisogno di sapere la verità.
"Sergio, era tutto finto? Ti sei messo con me solo per la rapina?" chiedo, anche se una parte di me non vorrebbe sentire la risposta, che già conosco.
"All'inizio...! Mi sono avvicinato a te per piazzare la scheda, e poi invece è cambiato tutto... Sono cambiato io!" insiste, ma purtroppo le sue parole non hanno in me l'effetto che lui vorrebbe.
Perché mi ha usata fin dal primo minuto. Per lui io ero diventata un'altra, poco mi importa, adesso, se nel frattempo i suoi sentimenti per me sono mutati. Anche illudermi e usarmi sono stati un tradimento, come, anzi peggio di quello di Marco.
Entrambi sono tornati sui propri passi per senso di colpa, ma la verità è che Marco non ha mai voluto fare ciò che ha fatto, se ne avesse avuto coscienza non avrebbe mai commesso quell'errore che ci è costato la nostra storia, invece Sergio ha avuto tutto il tempo di poter scegliere, di cambiare idea, e non l'ha fatto.
Ha sacrificato il mio affetto al denaro, ritornando solo quando sarebbe stato ormai troppo tardi, se io fossi morta davvero come credeva lui.
Invece Marco non mi ha mai abbandonata, mai, e non solo accanto a quel letto d'ospedale.
È per questo che ho scelto lui, di nuovo. Ci sono ricascata.
Ma stavolta non posso accusare Marco di non aver capito niente di me, come quella volta nel mio ufficio, perché invece ha capito tutto.
Lui, soltanto lui.
È il momento di porre fine alla parentesi con Sergio.
"Anche io sono cambiata... grazie a te." mormoro, facendo scattare le manette ai suoi polsi.
"Ti dichiaro in arresto." affermo, sotto il suo sguardo incredulo.
Non si aspettava forse che sarei stata proprio io a farlo, ma è giusto così.
Sono stata io a tirarlo fuori di prigione, e sono stata di nuovo io a rimandarcelo.
Assumendomi tutte le responsabilità del caso.
Ho sacrificato tutta la mia vita per la divisa, e non avevo voluto aprire gli occhi quando avevo rischiato di perderla, perché accecata da un sentimento che non ha mai avuto il valore che io gli avevo attribuito.
Un fuoco di paglia servito solo a consumarmi.
Ho sbagliato, e me ne prenderò le colpe, quando verrà quel momento.
Lo lascio al maresciallo e i miei uomini per andare da Ines, perché anche lei ha subito un trauma terribile, in tutta questa storia.
Ma per il momento non ha bisogno di sapere che fine abbia fatto suo padre, in questo caso una piccola bugia a fin di bene è l'unica soluzione possibile.
Di certo, però, ha bisogno di qualcuno che le stia accanto, nel frattempo, e se vuole, sarò io a farlo. Insieme al suo tatuatore legale a cui vuole tanto bene nonostante i capelli.
Adesso però devo parlare con Marco.
Torno a casa a cambiarmi, perché la divisa mi dà fastidio alla ferita ancora terribilmente dolorante, e devo rassegnarmi ai giorni di congedo.
Ricevo però una chiamata da Cecchini, che mi chiede di poterci incontrare.
Poco dopo, bussa alla porta del mio appartamento con una borsa in mano, insieme a mia madre e a Chiara.
Li faccio entrare, incerta.
Ci accomodiamo sul divano, mentre io attendo, cercando di capire cosa stia succedendo e il perché di questa improvvisa riunione familiare.
È il maresciallo a prendere la parola per primo.
"Questo è Suo," dice, porgendomi la borsa.
Non ci posso credere.
"Ma... è il mio abito da sposa!" esclamo, tirandolo fuori. "Come ha fatto a riaverlo?"
"Sono andato dalle suore," mi spiega con un'alzata di spalle. "Me lo son fatto dare, e ho promesso che ad agosto io e Pippo le portiamo a Lourdes col pulmino."
Rido, accarezzando il ricamo sul corpetto.
"Perché lo ha recuperato?"
"Perché arriverà il momento in cui si sposerà, e quel giorno sarò io ad accompagnarla all'altare. Glielo avevo promesso!" afferma, risoluto.
Sorrido, comprendendo dove vuole arrivare.
Mia madre piange già solo all'idea.
Chiara mi si inginocchia davanti, prima di abbracciarmi forte.
"Se te lo lasci scappare, nonostante tutto, sei un'idiota," mormora al mio orecchio, facendomi scoppiare a ridere.
Perché so che questa frase l'ha già detta, anni fa, a qualcun altro.
Mi sa che la più saggia, tra noi due, è lei.
Infine, parla anche mia madre.
"Marco ti ama da sempre. Ti amava già quel giorno, quando mi ha fatto la ramanzina in piazza, e non smetterà mai. Ha sbagliato, è vero, ma tu meglio di chiunque altro sei capace di vedere il suo cuore, e capire. Ti amerà sempre, anche se tu domani stesso dovessi decidere di partire per il Pakistan o fare un altro colpo di testa."
Sento le lacrime pizzicare.
Beh, direi che questa è una benedizione in piena regola da tutti i fronti.
Per quell'amore che non si è mai spento davvero.
Annuisco, pronta ad andarmene.
Da Marco, ovviamente, a cui avevo già dato appuntamento in piazza.
Prima che io varchi la porta, però, il maresciallo mi ferma un'ultima volta.
"Anna... solo un'altra cosa. Marco si è preso la colpa di tutto, ha detto che è stata una sua idea, lasciar rubare i codici. Pensavo dovessi saperlo prima."
Il mio cuore salta un battito.
Cosa?! Ma è impazzito? Sta... sta mettendo a repentaglio il suo lavoro, la sua carriera, per me...? Per un mio errore?
Che cosa ho fatto, per meritarmi un uomo così?
No, Anna, la domanda giusta è: che cosa stai aspettando ancora? Corri!
Marco's pov
Sono in piazza con Sara.
Mi sta dicendo che si è fatta trasferire, ma che prima di andar via voleva salutarmi e ringraziarmi per tutto quello che ho fatto per lei in questi mesi. Per chiedermi scusa per i guai che ha provocato involontariamente.
Come me, non può cancellare cosa è successo quella notte, ma può rimediare anche lei a suo modo.
Non serve che io mi prenda la colpa per il furto dei codici, e nemmeno Anna avrà ripercussioni sulla sua carriera.
Spiega, sotto il mio sguardo incredulo, che ha parlato con Sergio e lui si è assunto ogni responsabilità.
E lei stessa ha garantito per noi.
Ci salutiamo con un lungo abbraccio.
È in quel momento che arriva Anna.
Sara spiega tutto anche a lei prima di congedarsi, ribadendo che è una donna fortunata.
Io e Anna ci spostiamo sotto il portico del Duomo.
"Come mai hai voluto vedermi?" le chiedo, soprattutto per via della sua fretta.
L'inizio del suo discorso mi suona familiare.
"Pensavo di morire," mormora, "e... l'ultima parola che sono riuscita a dire è stato il tuo nome. E... quando mi sono svegliata, eri proprio lì, accanto a me. Ci sei sempre stato... e io vorrei che ci fossi ancora. Ma non come collega, e nemmeno come amico, perché non sei mai stato solo questo." confessa, mentre il mio cuore trema alle sue parole. "Quando ho aperto gli occhi, è stato come risvegliarmi da un incubo. E vorrei che questi mesi passati possano essere solo un brutto sogno... da non dimenticare, per non commettere gli stessi errori, perché anche io ne ho commessi fin troppi, ma da poterci lasciare alle spalle. Perché ho capito che il nostro amore non può essere cancellato così, come se niente fosse... perché sì, c'è stato Sergio, nel frattempo, ma durante quel sonno mi sono resa conto del perché non fossi mai riuscita a dirgli ciò che lui avrebbe voluto sentire. Non sono mai riuscita a mentire su questo, perché il mo cuore non è mai stato suo. Perché è te che amo... Ti amo, anche se sei pigro, e il massimo dello sport che fai è guardare la Coppa Italia in tv seduto con me sul divano... Anche se fai un pessimo brasato e un arrosto davvero troppo, troppo salato, e non è colpa della ricetta come ti ostini a dire, ma sei lo stesso il miglior insegnante di cucina che io abbia mai avuto. Anche se credi di essere simpatico anche quando le tue battute sono fuori luogo, ma io rido lo stesso perché solo tu riesci a rendermi felice nei momenti più impensabili. E sì, hai commesso degli errori, da vero idiota, come dice Chiara, ma sei anche un pazzo, perché hai creduto in quel vestito da sposa, ed è stato un ulteriore segno, perché il maresciallo lo ha recuperato, me lo ha portato poco fa, e-"
Non riesco più a restare inerme di fronte a quel fiume di parole, con gli occhi pieni di lacrime ma chi se ne frega, piangere non mi rende certo meno uomo, ma più Marco sì.
E allora la bacio, di getto, interrompendo il suo discorso. Non importa cosa avrebbe ancora detto, potrà continuare in un altro momento, adesso che abbiamo tutto il tempo del mondo.
In questi istanti, l'unica cosa importante siamo noi due e questo che è il gesto d'amore per eccellenza, che ci unisce, stavolta senza più la paura che possa finire.
Un bacio in cui esplodono tutti i sentimenti che per mesi abbiamo trattenuto, insieme al bisogno che abbiamo l'uno dell'altra per guarire e sanare finalmente le ferite.
Anna's pov
Sento gli ultimi brandelli di nastro adesivo che tenevano insieme il mio cuore staccarsi.
Al loro posto, il lavoro certosino di un alato chirurgo-cupido ha ricucito insieme tutti i pezzi. È pieno di cicatrici, il mio cuore, è vero, ma batte ancora, più forte di prima.
E quelle cicatrici sono il segno di una battaglia vinta. Lì devono restare perché è giusto così, ma il dolore che ancora provocano può certamente essere curato con il giusto balsamo.
E le labbra dell'uomo che amo sulle mie sono l'unico dall'indiscutibile potere taumaturgico.
Non so dove questo viaggio in cui si perdono delle cose e se ne prendono altre ci porterà. Abbiamo percorso una strada particolarmente impervia, negli ultimi tempi, ma nessuna via è mai semplice.
Ci sarà sempre quel ciottolo che non vedi e in cui puoi inciampare, ma se quella strada la condividi con la persona giusta, tutto è più facile, e non importa se quella persona è imperfetta. Perché, in fondo, la persona giusta non esiste, la si diventa. Con il tempo, e con pazienza, gli angoli che non combaciano si smussano affinché possano adattarsi a chi ci accoglie fra le braccia.
Quello che so per certo, è che quel filo rosso che legava me e Marco non si è mai spezzato. Gli eventi hanno tentato, ma abbiamo capito che bastava solo avere fede. Aspettare, ascoltarsi.
Come mi ha detto Don Matteo, saltare quando si ha davanti l'ignoto fa paura. Ciò che conta davvero, però, è che quando salti con lei in quel precipizio, ti fidi.
E io mi fido dell'uomo che mi stringe tra sue le braccia, il mio porto sicuro, la mia casa: impossibile, migliore di ieri e peggiore di domani, ma si chiama Marco Nardi, ed è l'unica cosa che importa davvero.
Eccoci giunti al finale!
Beh, se non altro quello che avremmo voluto vedere tutti, e che ci hanno negato.
Penso abbiamo parlato abbastanza di tutte le incongruenze presenti nel corso di tutta la stagione, delle questioni irrisolte e delle contraddizioni perpetrate fino alla fine.
Cosa possiamo dire, speriamo di aver interpretato correttamente l'ultimissima scena tra Anna e Marco, e che nella stagione numero 13 tutto possa risolversi nel loro ricongiungimento. Perché un amore profondo come il loro non può svanire in un battito di ciglia.
Per il momento, io e Martina ci auguriamo che la nostra versione dell'ultimo episodio vi sia piaciuta, ma tenetevi pronti.
Perché presto arriverà un 'Don Matteo 12 - 2.0', ossia la stagione come avrebbe dovuto essere - secondo noi.
A risentirci presto presto,
Mari
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"Se non è così, ti prego, dimmelo adesso..."
Fiksi PenggemarAncora una volta, con una citazione della fiction - stavolta del PM - i nostri Anna e Marco, con un finale diverso per la loro storia. Il titolo potrebbe variare. Grazie sempre a Martina per il brainstorming!