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Sento qualcuno scuotere la mia spalla, sbadiglio e apro leggermente gli occhi.
«Ehm piccolina, non dovresti essere a casa?» e a quelle parole ricordo che mio padre mi ha quasi sparata.

Solo perché non ero un maschio?! Facciamo sul serio?! Che problemi aveva dell'avere una femmina?!

«Scusi, scendo immediatamente» mi alzo infreddolita e mi accorgo che qualcuno in quell'autobus mi sta ancora guardando come per dire 'come fa ad essere qui sola soletta?'

Se solo sapessero... .

«Dovresti tornare a casa» mi dice il conducente.

Ormai quella non è più casa mia.
È diventato il mio inferno.

Scendo e inizia a piovere e comincio a camminare senza meta.

Non so dove andare.

Ad un certo punto sento il mio stomaco brontolare.

Perfetto.

Mi guardo attorno per cercare un negozio e fortunatamente ne trovo uno aperto.
Entro dentro e vedo un bel po' di persone, so che non dovrei farlo ma ho fame e ho anche freddo.

Vado nella prima corsia e nulla.

Seconda, terza, quarta, quinta... .

Sono tutte cose biologiche o integrali e io le odio.
Arrivo nella sesta corsia e finalmente trovo una barretta di cioccolato alla nocciola.

«Finalmente...» dico fra me e me.

Devo rubarla, ora o mai più.

Mi giro e fortunatamente non c'è nessuno in questa corsia, guardo sopra e noto che le telecamere sono abbastanza lontane.

Prendo la barretta, dò un'ultima occhiata in giro e la metto dentro al pantalone.
«Mamma, ma cosa fa?» sento la voce di una bambina, mi giro e vedo sua madre a occhi sbarrati che urla «Quella bambina sta rubando!» e immediatamente suona l'allarme.

Cazzo.

«Fermati subito!» dice un commesso. E io scappo verso la madre e la bambina.
Corro per l'intero negozio e noto il reparto indumenti.

Bene.

Comincio a correre e prendo al volo un giubbino pesante per bambini, la taglia ora non ha importanza.

Continuo a correre senza fermarmi ma poi mi trovo una commessa che mi intralcia la strada dicendo «Restituisci tutto subito!» «No! Mai!» la scanso e continuo a scappare.

Vedo in lontananza l'uscita e continuo a correre più veloce che posso.

Sto per arrivarci quando poi «Mani in alto!».

Ci mancava soltanto la polizia.

Vedo un'altra uscita verso destra ma ci sono troppe persone.
«Piccola non fare storie, forza, ti riportiamo a casa» ma io indietreggio e conto fino a tre.

Ricomincio a correre e tutti mi guardano ma non ha importanza, io voglio vivere nonostante tutto.

Comincio a scansare tutti e scivolare anche sotto le gambe di qualcuno.
Mi manca il fiato cazzo.

Sto per arrivare all'uscita ma un poliziotto mi afferra per le braccia ma io dò delle gomitate e scappo verso l'uscita.

Esco e continuo a scappare ma inciampo.
Mi alzo e noto che mi sono sbucciata le ginocchia.
«Non voglio tornare lì» e continuo a scappare nonostante il dolore che provo.

Noto un parcheggio e mi nascondo dietro una macchina grigia.
Respiro affannosamente e vedo gli altri che continuano a inseguirmi.

Riprendo un po' di fiato e mi alzo ma ho un forte giramento di testa e svengo.

*

Mi sveglio in una stanza blu e vedo acqua, kit medico e la mia barretta.

Dove sono?

Entra una donna di colore nella stanza e si avvicina a me «Tranquilla, puoi fidarti di me» dopo di lei entra un uomo dal viso abbastanza lungo con gli occhi azzurri che dice «Di noi hehe» e si siede su una poltroncina vicino al letto.

«Si può sapere che ci facevi vicino alla macchina svenuta ieri sera?» mi chiede la donna con un tono abbastanza aggressivo «Oh andiamo Amanda, non essere aggressiva, è soltanto una bambina» risponde l'uomo.
«Fatto sta che dovrà tornare a casa, dopo chiamo i servizi sociali» risponde nuovamente la donna.

«No per favore! Non fatelo!» dico nel panico.
«Non voglio tornare in quel luogo buio, per favore» dico implorando entrambi.

«Per me può restare» dice l'uomo sorridendo.
«Sei impazzito Elijah?! Non possiamo tenere una bambina!» dice la donna arrabbiata.
La guardo male e dubito che andremo d'accordo.

«Non vuole tornare a casa punto e basta» e dopo questa frase la donna se ne va dalla stanza.
Sembrava gentile all'inizio.

L'uomo si avvicina a me e si presenta «Elijah Kamski, molto piacere, qual è il tuo nome?»
Non voglio dirgli il mio vero nome.

Anzi, non lo voglio nemmeno più il mio vero nome, lo aveva scelto mio padre.

«Ella, mi chiamo Ella» stringo le mani.

«Molto piacere Ella, ora ti porto qualcosa da mangiare e oggi ti riposerai, domani ti insegnerò delle belle cose» mi dice l'uomo per poi alzarsi e lasciare la stanza.

Mi stendo nel letto e mi copro con le coperte e noto che ci sono le tende chiuse.
Scendo dal letto e pian piano mi avvicino all'enorme finestra.

Apro lentamente la tenda e noto che c'è la neve.

Quella notte...quella fatidica notte... .

Cole, perché te ne sei andato? Perché mi hai protetta? A quale scopo? Per soffrire così?! Che ho di speciale?

Sospiro e mi siedo a terra e noto di avere un pigiama pulito.
Guardo fuori, e mi perdo a guardare i fiocchi di neve scendere dalle nuvole bianche.






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