14 - Granger

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Era come se intorno a lei non ci fosse più niente.
Le carte si accumulavano su una scrivania che improvvisamente si era fatta scomoda, piccola.
E sterile.
Le persone le sfilavano accanto.
Alcune le parlavano, altre avevano smesso di farlo.
E lei anelava solo il silenzio.
Quel silenzio segreto dal quale si era fatta travolgere in un sotterraneo buio, freddo e tetro, che assurdamente per lei era diventato casa.
Rimpiangeva l'umidità pungente, il fuoco perennemente quasi spento, i barattoli di vetro impolverati, sistemati con un ordine che strizzava l'occhio alla mania.
Le mancavano la sua intelligenza, la sua ironia perfida, il suo parlare strascicato, le sue alzate di sopracciglio, la ruga sul naso.
E tutte le cose non dette.
Tutte quelle che avrebbe voluto dire.
E sentirsi dire.
Assurdamente le mancava lui.
Il mostro di cui tutti avevano avuto paura e verso cui tutti continuavano a nutrire sospetti.
Le mancava la caccia.
L'attenzione perenne per riuscire a non essere ritenuta una seccatura.
E soprattutto le mancava l'aria, sotto la maschera che era di nuovo stata costretta ad indossare.

Le circolari arrivavano sulla sua scrivania da settimane, si accumulavano come le foglie secche sotto un albero in autunno.
Come i pensieri da cui si ostinava a fuggire.
E lei non le guardava.
Le evitava come qualcosa di cui si conosce il potere.
Il potere di fare paura.
E lei, senza di lui, non poteva più averne, paura.
Non poteva più lasciarla trasudare dagli occhi, o farla scorgere nelle mani.
Non poteva più concedersi il lusso di sbottonarsi la giacca sancrata, lasciar intravedere la donna sotto il costume da avvocato, e prendere fiato.

Quando la segretaria le aveva abbandonato l'ennesimo plico sull'angolo della scrivania, pochi minuti prima, aveva scorto tra le pagine il bordo frastagliato di una busta rosa.
Forse era appena arrivata, o forse stava lì dentro da settimane.
Lei non lo sapeva, l'unica cosa che sapeva era che adesso sbucava fuori con un'impertinenza quasi fastidiosa, strappandole qualsiasi volontà di riuscire a scappare.
Aveva chiuso gli occhi, cercando di trattenere il respiro quel tanto che le permettesse di non farlo uscire tremante.
Perché sapeva cosa rappresentava quel colore.
Era una comunicazione del sorvegliato, rivolta al suo avvocato difensore.
Una comunicazione di Severus Piton, rivolta a lei.
Per un attimo sentì il cuore batterle talmente forte sotto le costole da temere per la resistenza dei piccoli bottoni cuciti sulla camicia di seta.
Poi si alzò dalla scrivania, rovistò frettolosamente nella borsa nell'affannosa ricerca di un pacchetto di sigarette che si rivelò essere giunto alla fine.
Sbuffò, Hermione Granger.
L'avvocato che non sbuffava mai.
Imprecò, Hermione Granger.
La donna che non imprecava mai.
Poi, con gli ultimi brandelli di una lucidità che si sentiva scivolare addosso, si risedette sulla sedia da ufficio che le sembrò fatta di ferro rovente.
Il tremore nelle mani ormai celato a stento.
Afferrò la cartellina di pelle marrone che portava i segni di segreti custoditi per anni.
Sempre diversi, e sempre uguali a se stessi.
Ma quella volta, in quella cartellina, di segreto c'era il suo.
Quello che parlava di un sentimento assurdo per un uomo assurdo.
Quello che parlava dell'eroe nero.
Quello che parlava dell'avvocato dalla grinta quasi divenuta leggenda, e dal tremore sepolto.
Vide le sue stesse dita allungarsi sulle cuciture, afferrale piano, per poi voltare la copertina e rivelare il primo foglio leggermente stropicciato.
Le catture di Jugson, Nott, Salwyn e Travers facevano bella mostra di loro tra la scrittura quasi infantile del suo puntiglioso sostituto.
I resoconti degli arresti erano farciti di particolari tanto inutili quanto ridondanti, in un gretto tentativo di mascherare il terrore per un uomo che stava mettendo alla prova tutte le migliori intenzioni di un ragazzino camuffato da impavido guardiano.
McLannet era un burocrate spocchioso, abituato a conquistarsi il suo piccolo spazio a suon di complotti e moine viscide, ma questa volta era diverso.
Non era pronto a Severus Piton.
Come forse mai nessuno lo sarebbe stato.
Tranne lei.
Che di colpo si sentiva più simile a quel mago sfuggente che a chiunque altro al mondo.
Che si sentiva al sicuro solo accanto a chi aveva sempre generato terrore.

Quando girò l'ennesimo foglio di un elenco infinito e i suoi occhi si abbatterono senza pietà sulla grafia allungata di Severus, per un attimo si sentì svenire.

Granger

Sulla busta c'era scritto solo quello.
E ad Hermione parve quasi di sentire la voce di lui pronunciare il suo nome.
Nel modo in cui solo lui lo pronunciava.
La parte razionale di lei rivendicava una rabbia celata a stento nello studio in cima alla torre, quando il mago nero l'aveva lasciata andare via senza dire una sola parola, lasciandola con un tale amaro in bocca da impedirle quasi di respirare.
La parte stupida di lei, quella che da giorni ormai sembrava urlarle a squarciagola qualcosa che si ostinava a non voler capire, le imponeva di fermare il tremore alle mani, di afferrare quella maledetta busta rosa, di strapparla e di scoprire cosa lui avesse avuto tanta fretta di dirle.
Il tagliacarte le ammiccava dal portapenne con la pericolosità di un pugnale e la tentazione di un pasticcino alla panna.
Quando lo afferrò tra le dita, una scarica elettrica le attraversò la schiena, dalla nuca all'osso sacro, per poi disperdersi sul velluto sintetico da quattro soldi della sua sedia da ufficio.
Tagliò la busta.
Le mani tremavano, ancora.
Concesse alle sue dita di temporeggiare un secondo, prima di estrarre la pergamena ingiallita che nascondeva l'odore dei sotterranei che tante volte si era scoperta a provare a ricordare.
Un profumo che le prese a schiaffi il respiro e quel poco di ragione che si ostinava a cercare da qualche parte, tra i pensieri sconnessi.
Lentamente aprì il foglio, perfettamente piegato in quattro parti, traditore di una delle tante, assurde manie dell'uomo di ghiaccio.
Respirò ancora, inalando tutto il fiato che le permetteva la capienza dei polmoni, così da drogarsi per un breve istante di un odore che le era mancato quanto l'ossigeno.
Poi lesse.
E smise di respirare.

Vieni a Hogwarts, adesso!

Di vento, di sabbia e di silenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora