KRISTIN
Finalmente il mio lavoro su internet stava iniziando a smuoversi e le prime richieste grafiche che mi arrivarono furono da parte di una pasticceria. Dovevo realizzare un logo e creare un design accattivante per le loro pagine sui social e per i bigliettini da visita. Come prima cosa illustrai vari modelli per il logo, quello che mi convinceva di più rappresentava un cupcake al cioccolato con panna e fragoline di bosco. Lo sfondo lo colorai con un turchese vivo e per la scritta utilizzai due font: uno in un corsivo semplice e leggibile, l'altro in stampatello.
Soddisfatta inviai la prima bozza al proprietario della pasticceria e, in attesa di una risposta, preparai altre ipotetiche versioni. Era da tutta la mattinata che graficavo senza sosta, forse perché non volevo pensare alla mia vita sentimentale e concentrarmi sul lavoro sembrava la soluzione giusta per distrarmi. Stavo così per aprire l'ennesimo documento, quando la porta di casa si spalancò e il viso lentigginoso di Leah comparve davanti a me, costringendomi a prendermi una pausa.
«Ciao» mi salutò la mia coinquilina, accomodandosi di fianco a me un po' stremata per il freddo. La vidi poi strofinarsi le mani arrossate e leggermente screpolate.
«Sei stata all'università?» domandai, pur sapendo la risposta.
«Sì, più o meno. Tu cosa stavi facendo? Ti disturbo?» chiese poi timidamente. Le sorrisi e spostai per qualche secondo il portatile.
«Stavo creando un logo, ma non mi disturbi affatto.»
«Bene, perché ecco... volevo...» indugiò per qualche secondo e poi tutto d'un fiato esclamò ciò che la stava tormentando già da diverso tempo: «Volevo chiederti scusa per essermi comportata con te in malo modo in questo mese e mezzo, specialmente l'altro giorno, quando mia madre è venuta a trovarmi. Sei sempre stata carina e non mi aspettavo quelle parole da parte tua...» Forse intendeva ciò che le avevo detto dopo la visita di sua madre.
«Tranquilla, so che non ce l'avevi realmente come me» la interruppi, cercando di mettere fine al suo imbarazzo.
«Non so come tu faccia a essere ancora gentile...» Le sorrisi paziente.
«All'inizio me lo chiedevo anch'io, ma credo di aver compreso un po' di cose sul tuo conto, e forse sarà anche per gli ultimi avvenimenti se non riesco a provare rancore nei tuoi riguardi» dissi con sincerità, apprezzando il suo tentativo di avvicinamento.
«È che non riesco ad aprirmi con tanta facilità, però le tue parole mi hanno fatto riflettere. Tu mi hai detto di parlare a mia madre, di dirle quanto sia importante per me la scrittura. Ci ho provato diverse volte, ma lei ha bloccato le mie parole sul nascere. Quello perché gliel'ho permesso io. Ho lasciato che decidesse del mio futuro, perfino dell'indirizzo universitario.» Si bloccò con il respiro in affanno e dalla borsa estrasse un volantino spiegazzato e me lo passò con un sorriso che non le avevo mai visto prima. «Oggi, dopo le lezioni, ho deciso di iscrivermi a un corso di scrittura creativa. È da mesi che volevo farlo, finalmente ho trovato il coraggio e volevo condividere la mia scelta con qualcuno che ha mostrato del reale interesse per la mia passione...»
«Io?» domandai titubante.
«Sì, sei la prima persona a cui lo dico» rispose entusiasta. Quelle parole mi fecero sentire un po' in difficoltà, ma era dell'imbarazzo positivo. Ero contenta di essere riuscita anche se per poco a rompere qualche piccola barriera tra noi.
«Dai! Credo che tu abbia fatto benissimo a iscriverti, quando inizierai il corso?»
«A maggio, tra meno di due settimane, non vedo l'ora, ma non so davvero come farò a dirlo ai miei genitori...»
«Perché hai così tanta paura?»
Sospirò prima di rispondere, per lei non doveva essere semplice, lo capivo, spesso anch'io facevo difficoltà a tirare fuori determinati argomenti, ma quando lo facevo poi stavo meglio, mi sentivo più libera e più consapevole di ciò che volevo.
«Mio padre lavora presso una grande multinazionale qui in Europa e vuole che io intraprenda la sua stessa strada. Non lo biasimo per questo, perché è normale avere delle aspettative brillanti sul futuro dei propri figli. È anche per questo che sono stata costretta a iscrivermi a Economia, per riuscire a realizzarmi come volevano loro. Come volevano loro, ma non come desideravo io. È sempre stato così, fin da quand'ero piccola.»
Chiuse gli occhi, martorizzando il braccialetto d'oro che indossava e poi prese a descrivere con frasi mormorate sottovoce quello che da tempo sospettavo.
«Sembra una di quelle storie già sentite, eppure la mia vita è così, incastrata in delle dinamiche che non mi appartengono, vorrei fare la scrittrice, ma per mia madre non va bene. Dice che non farò mai soldi...
Quand'ero piccola volevo iscrivermi a pianoforte assieme alla mia migliore amica, volevo imparare a suonare su quei tasti bianchi e neri, ma lei non voleva e mi ha iscritto all'ennesimo corso di lingue. Prima il tedesco, poi il francese e perfino il cinese.
È stato così anche per lo sport: equitazione per un anno e per gli altri otto anni successivi scherma. Le amicizie doveva sceglierle lei, così come il mio abbigliamento.
E ora... mi ritrovo in questo appartamento per mia scelta. Almeno in questo sono riuscita a far valere il mio volere, ma lei deve rinfarciarmelo continuamente...» disse con rabbia.
«Certe volte la detesto così tanto... È mia madre e non dovrei odiarla, ma vorrei che imparasse ad accettare le mie scelte. Non mi interessa se pensa di essere impeccabile, non me ne faccio nulla dei suoi consigli, dei suoi soldi o di quell'insulsa confezione di praline al cioccolato che mi porta ogni santo mese.» Restai ad ascoltarla in silenzio, mentre vedevo il suo sguardo mutare e farsi sempre più rabbioso.
«Non è mai, mai affettuosa con me. Perfino i baci che mi dà sono freddi, i suoi abbracci impostati, le sue parole dure, non c'è niente di lei che mi ricordi casa, affetto, calore, amore materno... Niente!» urlò con disprezzo.«Ok, non devi dirmi altro se ti fa stare male, non sei obbligata» le sussurrai con dolcezza, volevo che si sentisse al sicuro, che non era necessario continuare quella conversazione, la comprendevo, avevo capito.
«Non fraintendermi, lei non è cattiva» aggiunse all'improvviso, quasi come se, rendendosi conto di essere stata troppo cruda nei riguardi della madre, volesse giustificarla.
«Non lo penso infatti, non penso che lei sia cattiva, a modo suo vorrà agire per il tuo bene» provai a esaminare la situazione.
«È proprio questo il punto, non ho bisogno di una guida costante; avverto la sua pressione fissa sul mio collo e non riesco a liberarmene» spiegò a bassa voce, toccandosi con le dita le spalle. «È troppo il peso che sento, è irruento, fastidioso, non mi lascia vivere come vorrei!»
«In parte posso capirti, nessuno mi ha mai messo sotto pressione, nessuno perché lo facevo già da sola quando ballavo e partecipavo alle gare di tango. Non ero mai felice del risultato, non mi sentivo degna, volevo sempre di più, non mi accontentavo di essere "brava"... Ma tutto quel continuo mettersi sotto esame a cosa serviva?»
«Tu però facevi del male solo a te stessa, lei invece fa male a me.»
In quell'istante la sua pareva l'espressione di chi non aveva mai avuto l'opportunità di vivere una vita normale e non programmata da chi in teoria avrebbe dovuto solo amarla e proteggerla. Parlava e nei suoi occhi ci vedevo riflesso del dolore buio, che ti si attacca addosso e non riesci a sconfiggere.
Istintivamente l'abbracciai, forte, talmente tanto che potevo sentire la spigolosità delle sue ossa. Non si mosse, forse perché sorpresa e un po' pietrificata dal mio gesto, non riusciva nemmeno a ricambiarlo, probabilmente perché incapace di farlo, ma non importava. A piccoli passi le avrei fatto capire che la vita non era quella che aveva vissuto sulla sua pelle, le persone non erano tutte come sua madre o suo padre, esistevano le eccezioni e io lo sarei stata per lei. L'eccezione che le avrebbe riscaldato quel cuore ormai gelido.
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Quella rosa tra i capelli
ChickLitLui è il ragazzo perfetto, il fidanzato che tutte le donne vorrebbero avere al proprio fianco. È appassionato di grafica e l'azienda famigliare dove lavora inizia a stargli stretta. Lei è una ragazza dolce e allegra, il ballo è tutta la sua vita e f...