KRISTIN
Ok, puoi farcela.
Inspirai profondamente e bussai alla porta della stanza, mi venne ad aprire dopo circa un minuto la sorella di mio padre, zia Adéla. Appena mi vide non mi lasciò nemmeno il tempo di entrare, mi strinse forte a lei con calore. Quando ci staccammo da quell'abbraccio che celava molte parole, la guardai in silenzio per qualche istante, aveva il viso stanco, forse anche di più di mio padre. Gli occhi erano cerchiati da grosse occhiaie violacee e la pelle era grigiastra e spenta, pareva quasi invecchiata dall'ultima volta che l'avevo vista.
Con la mano mi portò all'interno della stanza, c'erano due letti: il primo era spoglio, giacevano delle lenzuola stropicciate; pensai che fosse stato messo lì per i famigliari. Sul secondo invece, collocato accanto alla finestra, vidi mio nonno. Mi colpì subito il suo corpo attaccato a dei fili, era magro, apparentemente debole e diverso da come ero abituata a vederlo.
«Kristin...» Il nonno sussurrò il mio nome con un filo di voce.
Esitante mi avvicinai a lui, con mia zia che mi stringeva ancora la mano e il braccio. Non sapevo se quel gesto dovesse dare più sostegno a me o a lei, ma ne fui grata. Le gambe mi tremavano ancora e mi sembrava di camminare su una barca ondeggiante. Quella sensazione di instabilità mi spaventava, ma non mi fece demordere dal raggiungere mio nonno e sedermi accanto a lui.
«Vi lascio soli» mormorò mia zia, prima di liberarmi il braccio e andare via.
«Come stai?» chiesi al nonno, prendendogli la mano con dolcezza. Lui sorrise e restò a guardarmi per tanto, forse troppo tempo, con i suoi occhi castani e penetranti.
«Benino, mi tengono legato a questo letto, ogni tanto vengono e mi punzecchiano» mi spiegò, riferendosi probabilmente agli esami di controllo che doveva fare. «E tu come stai?»
«Adesso che sto qui con te, bene» affermai allegra, cercando di trasmettergli un po' di buon umore.
«Mi sei mancata tanto...» confessò con voce tremante.
«Anche tu» dichiarai e nonostante stessi sorridendo, le lacrime mi annebbiarono la vista per qualche secondo. Strinsi i denti per trattenerle, non volevo piangere davanti a lui.
«Mi dispiace per averti trascinata via da Dublino.» Si rabbuiò e spostò lo sguardo sulle nostre mani, doveva assurdamente sentirsi in colpa...
«Prima o poi dovevo tornare, non potevo restare lì per sempre.»
«Tornare per cosa? Non ti trovavi bene lì?» Tornò a fissarmi con quel suo sguardo curioso.
«Mi trovavo bene, è vero, ma la mia famiglia è in America, tu sei qui» specificai, accarezzandogli la mano. «Non potevo restare lontana dal mio sommo cavaliere ancora per molto.» Scoppiò a ridere, guardandomi con un pizzico di nostalgia.
«Quel sommo cavaliere ormai non c'è più, ha ceduto il posto al principe azzurro» commentò scherzoso.
«Il principe sarebbe Steven?» domandai divertita.
«E chi se non lui?»
Sorrisi, già chi se non Steven? Non riuscivo a immaginare un altro uomo accanto a me in quel momento. Lo amavo tanto, tantissimo e il nonno lo sapeva. Lo sapeva talmente bene che era stato lui il primo a suggerirmi di seguirlo in Irlanda.
«Vorrei tanto fartelo conoscere» dissi all'improvviso e con voce roca, avevo un nodo in gola che mi impediva di parlare perfettamente.
«Vorrei anch'io, ma purtroppo per ora mi toccherà restare su questo letto. Se un giorno tornerò a stare bene, portami in Irlanda con te, voglio vedere da vicino la città che ospita mia nipote» disse sognante.
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Quella rosa tra i capelli
ChickLitLui è il ragazzo perfetto, il fidanzato che tutte le donne vorrebbero avere al proprio fianco. È appassionato di grafica e l'azienda famigliare dove lavora inizia a stargli stretta. Lei è una ragazza dolce e allegra, il ballo è tutta la sua vita e f...