La luce del giorno che entra dalla finestra mi costringe ad aprire gli occhi.
Niente incubi. Avevo dimenticato cosa volesse dire una notte intera di sonno.
Nell’aria percepisco perfettamente la fragranza di cannella. Peeta.
Scatto in piedi e mi precipito in cucina.
E’ patetico che fossi convinta di trovarlo ancora qui, ma ammetto che una piccola parte di me ci sperava. In compenso trovo sul tavolo un vassoio pieno di focaccine e brioches. Sorrido.
Senza pensarci due volte ne afferro una a caso e me la porto alla bocca. E’ incredibile cosa Peeta sia capace di fare con acqua e farina. Ogni cosa sa di buono, di casa; proprio come lui.
Forse Capitol City non è riuscita ad arrivare così in profondità. Forse non sono riusciti a manomettere tutti i suoi ricordi come dicono i medici. Non potrebbe essere altrimenti.
Oggi ho deciso di starmene a casa.
Dopo quello che è successo ieri al lago, non me la sento di ritornare nei boschi. Non voglio farlo. Non prima di scoprire la verità; una verità che probabilmente arriverà mai.
Inconsciamente apro un cassetto alla mia destra ed estraggo un braccialetto di plastica grigia su cui scritto MENTALMENTE INSTABILE.
Lo portavo al polso nel Distretto 13 e anche dopo, quando mi risparmiarono l'esecuzione capitale per l’uccisione della Coin.
Me lo passo tra le dita.
Sto diventando pazza? Desiderare di sapere chi ha ucciso mia sorella, davvero mi renderà pazza?
Sospiro e ripongo il bracciale là dove l’ho trovato.
Giro i tacchi e mi sposto in salotto, dove l’ambiente è più caldo grazie al calore emanato dal camino. Deve averlo acceso Sae stamattina, penso.
Ogni tanto sento lo scricchiolio delle braci che in un certo senso mi rilassa. Allora chiudo tutte le finestre, rimanendo con il solo bagliore del fuoco ad illuminare la stanza e mi lascio cadere sul divano.
Katniss, la ragazza in fiamme.
Certo come no. Ora come ora, potrei rappresentare solo le ceneri di quelle fiamme.
E’ impensabile che, una volta, l’intera Panem abbia riposto il suo destino nelle mie mani. Cosa non fanno fare alla gente la disperazione e la paura.
Devono essere passate delle ore, perché il fuoco che prima bruciava imponente davanti ai miei occhi, ora è ridotto in brace.
Mi guardo intorno.
Il nero mi avvolge.
Mentre strizzando gli occhi per abituare la vista al buio, riconosco dei colpi alla porta che mi inducono ad alzarmi. E sbuffo quando vedo che è Haymitch.
E’ diverso dall’ultima volta che l’ho visto. Più trascurato.
Barba incolta, capelli lunghi e vestiti sporchi che emanano un fetore di alcol e vomito. Ridotto in queste condizioni, potrebbe far pietà a chiunque, ma non a me.
-Vuoi deciderti a farmi entrare? Qui si gela.-
Ignorandolo, mi scosto quel tanto che basta per farlo passare e richiudo la porta.
-Che è successo qui?- domanda, scrollandosi la neve depositata sul giaccone. –Hai dimenticato di pagare la bolletta, dolcezza?- domanda, con un ghigno divertito.
Sta nevicando. Non me ne sono nemmeno accorta.
-No- rispondo, seccata dalla sua presenza.
Apro le finestre che avevo precedentemente chiuso e guardo ipnotizzata i fiocchi cadere leggeri dall’altra parte del vetro.
-Cosa sei venuto a fare?- sbotto, voltandomi nella sua direzione.
-Una semplice visita di cortesia- dice mentre si siede con un tonfo sul divano, cercando di essere credibile.
Peccato –per lui- che non abbia creduto ad una sola parola.
-E va bene, va bene. Ho finito la mia scorta di liquore e Ripper è a Capitol City per fare rifornimento. In fondo i vicini di casa non si aiutano nel momento del bisogno?-
Sembra sincero, eppure c’è qualcosa che mi lascia pensare al contrario.
Vado in cucina e prendo una bottiglia di vino rosso dalla dispensa. Un suo vecchio regalo di benvenuto che non ho mai avuto l’occasione di stappare.
Ritorno nella stanza accanto e dopo essermi seduta vicino a lui, iniziamo a bere entrambi il liquido rosso direttamente dalla bottiglia.
-Hai visto Peeta?- mi chiede, secco.
Tutto si fa chiaro; ecco perché è venuto.
Annuisco. -E ha portato quelle- dico, indicando con un cenno della testa il vassoio sul tavolo.
-Un gesto carino- osserva.
-Già-
Sento la testa girare, ma continuo comunque a ingoiare avidamente il vino.
-Cosa siete adesso?- chiede improvvisamente, strappandomi la bottiglia dalle mani.
-Chi?- ribatto, confusa per la sua domanda a sorpresa.
-Tu cosa sei per Peeta? Una nemica?-
-Non.. non proprio- balbetto.
-Allora un’amica?- riprende, aspettando una mia reazione.
Sono confusa. –Beh, qualche tempo fa avrei detto di sì ma ora… non ne sono sicura.- La voce rotta.
Amica. Innamorata. Vincitrice. Nemica. Fidanzata. Vicina. Cacciatrice. Tributo. Alleata. Ecco cosa sono agli occhi di Peeta. Ma questo preferisco tenerlo per me.
-Qualche tempo fa? Quindi ora è diverso?- incalza Haymitch.
Non capisco. Dove vuole arrivare? Cosa sono queste domande assurde? E perché io sto continuando a rispondere? Sono in difficoltà e questo Haymitch l’ha capito.
-Va bene, cambio domanda-. Fa una pausa. –Adesso, lui cos’è per te?-
Non so che rispondere. Cosa rappresenta Peeta per me?
Sentimenti contrastanti lottano per avere uno la predominanza sull’altro. E inoltre uqesta conversazione non ha nè capo nè coda.
Passano interminabili minuti di silenzio, durante i quali non tolgo gli occhi dal camino nonostante in esso non viva più alcuna fiamma.
Mi mordo l’interno della guancia, giusto per controllare di avere ancora possesso del mio corpo; eppure mi sento paralizzata.
La risata rumorosa di Haymitch, mi riporta alla realtà come uno schiaffo in pieno viso.
-Come pensavo- inizia –Lo stai facendo di nuovo. Quando non vuoi mentire, ma nemmeno dire la verità, prendi la via di mezzo e ti chiudi nel silenzio dell’ostinazione-.
-Mentire? Via di mezzo? Ma di che stai parlando? Tu non sai proprio un bel niente su di me- sbotto. Le parole mi escono dalla bocca senza volere.
Sbuffa -Non riesci proprio a mostrare i tuoi sentimenti, eh?-
Lo vedo alzarsi, dirigersi verso l’ingresso e senza dire una parola, sparire dietro la porta che si richiude con un colpo assordante.
Intanto le parole di Haymitch continuano a ripetersi all’infinito nella mia testa.
Cos’è Peeta per me?
STAI LEGGENDO
Hunger Games Fanfiction
FanfictionQuello di cui ho bisogno per sopravvivere non è il fuoco, acceso di odio e di rabbia. Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una...