1. Il ritorno a Camelot

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Prendo la mia borsa ed inizio a preparare lo stretto necessario per questo lungo viaggio di ritorno alla mia città natale dalla quale sono dovuta scappare, altrimenti avrei fatto la stessa fine dei miei genitori, cioè decapitati. A Camelot è bandito l'utilizzo della magia e chi ne facesse qualsiasi tipo di uso verrebbe punito con la pena di morte. Non si sa neanche il perché di questa legge, ma ovviamente le decisioni del Re non vanno e non andranno mai discusse.

Il Re di Camelot si chiama Uther Pendragon, sua moglie morì quando partorì il suo unico figlio, Artù Pendragon: viso angelico, occhi blu come il mare, un sorriso davvero contagioso, una bontà indescrivibile. O almeno, era così da piccolo. Come faccio a sapere tutte queste caratteristiche? Beh...eravamo amici: io avevo 6 anni e lui ne aveva 10. Purtoppo la nostra amicizia sarebbe durata poco lo stesso. La sua classe sociale è almeno sopra di 10 gradini rispetto alla mia, io sono figlia di una serva e non posso di certo essere amica di un reale. Solo che ad Artù da non interessava questo particolare, e, durante il suo tempo libero, usciva dal palazzo, passava dal fioraio e ogni giorno mi portava un fiore diverso da quello del giorno prima. Li ho conservati tutti quanti in una valigetta, mia madre ha fatto un incantesimo in modo tale che non appassissero. Ogni tanto li prendo, li annuso e sorrido...chissà se si ricorda di me.

Prendo la valigetta e la metto nella borsa, controllo di aver messo tutto, poi prendo la mia mantella, mi metto il cappuccio in testa, prendo la borsa e vado via. Non riesco a respirare in questo posto. Ora che ho diciotto anni sono finalmente indipendente e nessuno può più darmi ordini. Molto sul mio cavallo e parto. Camelot è lontana almeno un giorno da questo posto, così posso arrivare durante la notte, in modo tale che nessuno mi veda.

A quasi tarda notte, inizio ad intravedere le mura del castello, il mio cuore inizia battere all'impazzata. Casa dolce casa. Do un colpo di redini al mio cavallo ed inizia a correre veloce come il vento. Riesco a sentire l'aria che mi passa attraverso i vestiti e un brivido di piacere inizia a scorrere su tutto il mio corpo, l'adrenalina velocemente e i miei arti si rilassano. Quando sono quasi arrivata davanti al portone del villaggio noto che ci sono due guardie che lo sorvegliano. Vedo che le misure di sicurezza sono diventate ancora più sofisticate.

Inizio a rallentare e man mano che mi avvicino cerco di elaborare una scusa più credibile possibile per potermi far entrare dice una delle due guardie mettendo subito mano sulla spada che aveva legata alla vita. "Sono la nuova aiutante di Gaius, il medico di corte" Dico senza esitare un secondo, fortunatamente il medico di corte conosceva i miei genitori, quindi ho già trovato un posto dove alloggiare. Fecero un mezzo inchino e poi tutti e due insieme mi aprirono la porta. Entrai nel villaggio, direi che rispetto a quando ero solamente una bambina non è cambiato veramente nulla. Mi guardo in giro, guardo le varie case e sento le voci dei genitori che sollecitano i propri figli ad andare a dormire.

Nel dare un'occhiata in giro ad un certo vedo una porta sbarrata, per curiosità mi avvicino. L'odore è abbastanza familiare. Mi avvicino sempre di più, fino a quando vedo in un vaso una viola, erano i miei fiori preferiti. Più mi avvicinavo al vaso e più sentivo un potere molto potente, e poi capì che questa era la mia casa. Improvvisamente la mia felicità si trasformò in rabbia e tristezza, mi allontanai dalla casa e ripresi il mio cammino verso il castello fino a ritrovarmelo davanti. Lasciai il cavallo nella stalla e mi diressi verso il portone.

Questa è la prima volta che entro dentro al castello. Solo al Re, al principe, ai membri della corte e ai servitori è permesso entrare. Speriamo vada tutto bene. Sto girovagando nel castello alla ricerca della stanza di Gaius, ma niente. Questo posto è letteralmente un labirinto. Salgo ancora di un piano e provo ancora a cercare. Mentre giro per i corridoi sento un rumore di passi. "Chi va la?" Non ricevo risposta, deglutisco e poi il suo suono fece un eco per tutti i corridoi. Inizio ad andare dritto, stavo per girare l'angolo quando mi ritrovo una spada alla gola. "Chi diavolo sei" Dice una voce maschile con un tono molto serio, non mi ero ancora girata per vedere il suo volto. Ho solo alzato le mani in segno di resa. Ero spaventata all'idea di sapere chi mi stesse minacciando. Piano piano vidi che la spada si stava abbassando, così faccio un respiro, abbasso il mio cappuccio e mi volto.

Rimango pietrificata vedendo chi mi aveva minacciata. "Artù..." Mi blocco, non sapevo che dire. "In persona. Ora, ragazzina, dimmi perché ti aggiri nel castello a quest'ora" Che arrogante. "Sto cercando la stanza del medico di corte" Dico seccata. Non solo mi punta una spada alla gola, ma mi da pure della ragazzina. Ma come si permette? Mi scruta dal basso verso l'alto e poi si sofferma sul mio volto. Che cafone. Distolgo immediatamente il mio sguardo dal suo. "Ci siamo già visti?Hai un'aria familiare" A quelle parole mi irrigidisco, ma cerco di mantenere il sangue freddo "Non credo. Un volto come il vostro non lo dimenticherei" Rispondo con un tristezza. Disse facendomi strada.

Nel mentre che mi accompagna mi guardo intorno. Questo posto è meraviglioso. Annuisco. Sto per bussare ma sento Artù che si schiarisce la gola.
"Posso sapere almeno come vi chiamate?" Busso alla porta, i miei occhi si stavano riempiendo di lacrime "È tardi, lo avete detto anche voi. Buona notte" Dico con la voce rotta, mi inchino, apro la porta, la chiudo dietro di me per poi scivolarci contro.

Un Principe E Una ServaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora