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Ci separava una porta, ma non l'avevo mai sentito più lontano.
Non avrei retto scuse, spiegazioni sconclusionate, occhi che mi avrebbero guardato come si guarda chi ha ancora pochi secondi di vita rimasti e nessuna speranza di salvarsi. Non avrei sopportato ancora una volta di essere la vittima tra tutti, perché lo ero giá stato abbastanza.
Non esisteva niente che non avrei fatto per stare una vita intera con Oliver, ma questa volta invece non esisteva niente che avrei potuto fare per riuscirci, e non dipendeva da me.
Era cosí che stavano le cose, ed il momento di aprire gli occhi e smettere di sperare assiduamente in qualcosa di troppo complicato era arrivato.
Ma nulla toglieva che lui fosse lí dove non avrebbe dovuto essere in quel momento, e la sua mano contro la porta iniziava a rallentare senza tuttavia fermarsi.
Il pensiero di avergli rovinato anche solo parte di una giornata importante mi nauseava.
Nonostante tutto, nonostante tutti i nonostante, avrei solo voluto fosse felice, o anche solo poterlo vedere stare bene, da lontano.
Feci forza con la schiena contro la porta per cercare di alzarmi e rimasi immobile per qualche secondo senza pensare, guardando chissà cosa.
La sua mano continuava a battere, ad intervalli, sul legno.
Esisteva altro suono, oltre a quello?
Aprii la porta, lentamente, e me lo ritrovai davanti, con gli occhi gonfi ed i capelli un po' in disordine.
Sentivo ancora la sua mano bussare alla porta, quando intorno a noi c'era il silenzio più profondo, nient'altro.
Era come se i suoi occhi si sarebbero potuti chiudere da un momento all'altro, lui cadere a terra, senza forze, ed io con lui.
Si guardò alle spalle e poi entrò senza dire assolutamente niente, ed il silenzio, il vuoto che si portava dentro, mi era ormai entrato nelle vene tanto che non ero in grado di muovermi.
Chiuse la porta senza fare rumore.
Non credevo che l'avrei mai potuto vedere in quel modo. Era difficile anche solo pensare ad un Oliver fragile, totalmente vulnerabile.
Per la prima volta eravamo alla pari. Come trovarmi davanti ad uno specchio, mi rivedevo in lui più di quanto avrei mai potuto immaginare, ed era una sensazione nuova, che mi faceva venire i brividi.
" Elio "
senza che me ne accorgessi, senza potermi fermare. Non c'era cosa peggiore che avrei potuto dire in quel momento.
E ancora fermi, immobili, senza dire altro.
I suoi occhi si fecero più vuoti, e continuarono a cercare dentro i miei.
Si buttò sulle mie labbra, mi prese il viso tra le mani e lo strinse con forza, e la sua debolezza scomparve, così, come non fosse mai esistita.
Le mie lacrime si mescolarono con le sue e continuarono a scendere, senza riuscire a fermarsi.
Mi sfiorò il collo, questa volta con più dolcezza, per poi scendere e fermarsi al petto.
Iniziò a sbottonarmi la camicia, a toccarmi dappertutto.
Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, il suo corpo era impazzito e non riusciva più a controllarsi. Non esisteva altro. Solo noi.
Il profumo di sempre.
E non capii più niente.
Si avvicinò al letto, mi ci spinse sopra e seguì il mio corpo.
Mi bloccai per un attimo, staccai le mie labbra dalle sue, e per un momento mi sentii perso.
" Cosa stai facendo? "
Ogni secondo che passavo lontano più di qualche millimetro dal suo corpo mi uccideva.
Avevo lo stomaco ribaltato, il petto mi faceva tremendamente male.
Era immobile, ancora una volta, si voltò e mi diede le spalle, si prese la testa tra le mani e la portò da una parte all'altra, con violenza.
E si girò verso di me, ancora.
Gli occhi erano gli stessi di quando l'avevo visto appena fuori dalla porta della stanza. Ma erano allo stesso tempo diversi.
" Non ho mai voluto niente più di questo "
Mi sembrava di soffocare.
Il suo scopo era davvero quello di prendermi, ferirmi e distruggermi del tutto in poco tempo. Non c'era altra spiegazione.
Si sarebbe sposato l'indomani, ed in quel momento era lì, con me, con la camicia ed i pantaloni sbottonati, ed aveva il mio profumo e le mie lacrime sulla pelle, con gli occhi che mi guardavano e mi sussurravano di baciarlo almeno ancora una volta. Se non mi fossi fermato io, lui non l'avrebbe mai fatto, di questo ero certo.
E me ne compiacevo, mentre mi sentivo colpevole e preso in giro allo stesso tempo.
Era parte del suo piano, e gli stava riuscendo benissimo.
Non disse altro, mi si sedette vicino e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il suo portafogli.
Mi mostrò la linguetta di una lattina, e capii.
Quando eravamo a Roma aveva comprato una Coca-cola, una sera.
Si era fermato in strada tentando di aprirla e per scherzo aveva iniziato a muovere la linguetta di latta avanti e indietro mentre sussurrava a tempo l'alfabeto. Il gioco delle iniziali, un classico.
Uscii la E, dopo un po' di esitazione su tutte le altre lettere.
Mi ricordo il suo sguardo fiero ed ironico, mentre sventolava al vento il trofeo di guerra.
Ma non pensavo l'avrebbe mai potuto conservare fino a quel momento, dentro al suo portafogli.
Cercava approvazione nel mio sguardo, come se dovesse essere del tutto certo che avevo capito.
Avevo capito, ma forse avrei preferito il contrario.
" Ci vediamo a mezzanotte". Dove? Non lo sapevo, l'avrei immaginato, l'avevo giá fatto una volta.
Si alzò in piedi e mi guardò ancora lasciandomi senza fiato, poi andò verso la porta, mise la mano sulla maniglia con lo sguardo verso il basso.
" Oliver ".

Until Later - CMBYN 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora