Capitolo 10

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La osservai aprire gli occhi nella penombra e accorgersi di ciò che era accaduto. La sorpresa nel vedermi con un coltello in mano così vicino a lei.Notai che cercò di allontanarsi e il terrore nei suoi occhi mi fece impazzire di passione, ma dovevo aspettare. Il suo vestitino leggero lasciava così poco alla fantasia, ma non ero come certa gente. Sapevo aspettare, io.

Uscii a prendere il suo amichetto e lo trascinai nella stanza. Era ancora svenuto. Per essere grande e grosso era piuttosto deboluccio. Lei si agitò nel vederlo a terra e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Si dimenò come per liberarsi, ma riuscì solo ad avvicinarsi a lui e avvicinare la sua testa a quella di lui. Quella scena così intima mi fece solo perdere le staffe. La presi di forza per le braccia e la gettai sul letto assicurandola lì in modo che rimanesse seduta. -Spiegami perché dovevi proprio andare pure  con lui. Sei davvero assurda eh- dissi guardando il corpo di lui steso sul pavimento freddo -E purtroppo mi toccherà ucciderlo davanti a te- si dimenò in segno di protesta io mi avvicinai a lei e sorrisi  -Tranquilla, non ti farei mai del male. Noi ce ne andremo lontano e vivremo felici e lontani. Questa storia rimarrà solo un terribile ricordo- La osservai e notai che non mi stava guardando, ma guardava il corpo a terra. -Come desideri- dissi alzandomi e andando verso di lui e delicatamente gli graffia con la punta del coltello la gamba e giunto al ginocchio gli diedi un colpo col manico del coltello. Se non fosse imbavagliato lo avrebbero sentito ovunque. Sorrisi nel vedere la sua espressione di dolore e stupore. Si guardò intorno come un animale in gabbia poi i suoi occhi si posarono su di lei che lo osservava con due lacrime che le segnavano il volto. Avrei voluto baciarla così tenera e fragile faceva scaturire un me un senso di protezione. I loro sguardi erano incollati l'uno sull'altro e io ne ero nuovamente fuori come se fossi ancora sull'auto e loro dentro la casa. Poi lui si voltò mi guardò e mi si buttò addosso facendomi cadere il coltello. Cercò di afferrarlo, ma lo presi e gli ferii un dito facendolo arretrare -Non ci provare mai più o marcirete qui in eterno- dissi. Presi il coltello e guardai lei. Era livida di rabbia. Se avesse potuto mi avrebbe ucciso. Mi diressi verso di lei e mi misi di fronte -Non odiarmi. Il tuo sentimento è solo passione repressa- dissi prima di baciarle la bocca attraverso il bavaglio. Mi avvicinai al suo collo e assaporai con un bacio il sapore della sua pelle, ma lei muovendo la spalla mi diede un colpo al mento -Stronza- dissi allontanandomi. La vidi guardare subito lui che aveva chiuso gli occhi. Ecco il punto debole di lui. Lei. Il mio cervello pensò di farla mia in quell'istante solo per toglierla a lui, ma era ancora sporca. Riflettei. L'avrei lavata e domani sarebbe stata mia. E lui l'avrebbe odiata per essere venuta a letto con me. Mi avvicinai a lui e gli tagliai un dito -Domani lei sarà in tutto per tutto mia e tu morirai- dissi andando a cercare una fascia per medicarlo -Non morirai prima di vedere lei godere grazie a me e capire che tutto ciò che pensi di lei sia sbagliato. Non ti ha mai amato, ama me, deve solo capirlo.- dissi uscendo dalla stanza.

 Ribollivo di rabbia. Se non fossi convinto del nostro amore temerei che a lei importi davvero di quel mezzo uomo. Presi una catena e la legai intorno al lavandino e controllai arrivasse alla vasca. Poi ci infilai l'anello di una delle manette. L'avrei lavata, ma dovevo tenerla legata sapevo che non si sarebbe arresa. Pensai al suo corpo sporco di quell'individuo. Non era una bella visione nel mio immaginario, ma l'avrei lavata da tutto quello schifo. Tornai nella stanza e non li vidi, quando mi voltai lui mi saltò addosso facendomi cadere il coltello lei lo prese e cercò per quanto poteva di tagliare la corda dura. La vidi livida di rabbia e con mia grossa sorpresa riuscì a tagliare la corda che le legava le mani e mi piantò la lama nella mano destra. Urlai dal dolore mentre cercavo di divincolarmi poi la vidi accanto a lui che tentava di liberarlo. 

Era così piena di rabbia che quasi non la riconobbi. Era sempre stata una combattente, ma mai avrei creduto sarebbe stata lei a vincere. Lei era la guerriera. Non Nate, non Roberto, non Giacomo. Lei era la vera guerriera che si era solo fatta scudo per non uscire allo scoperto. Che stratega. Quando lui fu libero si alzò leggermente, credetti mi avrebbe tirato un pugno e invece lei lo precedette colpendomi il labbro. Sentii il sapore ferroso del mio sangue. Lui cercò di fermarla, ma lei si divincolò e senza esitare mi diede un calcio nelle palle. Sentii un dolore così forte da piegarmi e piangere. Lei mi legò e infine prese un comodino e ruppe la finestra. Assurdo fosse così piena d'ira da essere più scaltra del suo amichetto. Uscì e poi la vidi tirare fuori il cellulare . Cazzo mi aveva fregato. Cercai di muovermi, ma tra la mano e i testicoli non riuscivo a muovermi. Tornò e si avvicinò al mio orecchio -Un'ultima cosa- disse prima di piantonarmi nel piede il coltello più volte -Se per caso la polizia farà tardi morirai qui lurido verme- disse alzandosi. 

La guardai allora per la prima volta. Era così forte che non aveva mai avuto bisogno di dimostrarmelo e io l'avevo sottovalutata, che idiota che sono. La osservai baciarlo e stringersi a lui, come a chiedere protezione, ma non ne aveva assolutamente bisogno ed ora, a mio discapito, lo avevo imparato. Guardai il mio piede grondante di sangue  lui uscì e l'aiutò ad uscire. Stavano per andarsene poi lei si voltò e tirò fuori un preservativo. Il mio sangue allora ribollì. L'avrei uccisa cazzo! Mi alzai zoppicando e lentamente uscii dalla finestra ignorando il dolore. La vidi sorridergli da lontano. Mi credeva a terra. Dovevo essere più furbo di prima. Lei si stava allontanando da lui. Stava andando verso la mia auto. La seguii e la vidi aprire il baule fu allora che mi lanciai addosso a lei. Era sorpresa. Gli occhi spalancati dallo spavento e dallo stupore. Tentò di urlare ma posai le mie labbra sulle sue e la baciai con forza. Lei si divincolò, ma nonostante il dolore restavo più forte di lei. Posai la mano sulla su coscia e fu allora che lei tornò quella di sempre. Mi diede una testata facendomi indietreggiare e mi tirò un calcio nelle palle. La vidi avvicinarsi a me. Il suo corpo controluce sembrava quello di un angelo della morte. Mise il piede sul mio cazzo e premette con forza e tutto il peso del corpo.  Urlai dal dolore stavo morendo dal male e persi i sensi

Tornando a sorridere- un oscuro passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora