"Uffa, che presa a male,
sto in giro tutto solo con il cane"Byul calciò via un sasso che le ostruiva il percorso, continuando ad avanzare con lo sguardo sulle sneaker bianche.
Era tutto così complicato.
Voleva davvero amarla, donarle tutto il suo cuore, essere l'unica e sola per lei.
Allora perché non ci riusciva?
Continuava a commettere errori nella loro storia, solo errori, inciampava sui suoi stessi piedi ogni volta.
Era così concentrata a non fare errori in ciò che faceva che ne commetteva in ciò che le diceva, e viceversa.
Forse non era destino.
Insomma, erano fidanzate da quasi due anni, ed erano state migliori amiche una vita intera prima di arrivare a quel momento: sembrava così surreale, che non si erano accorte che stesse andando tutto a rotoli.
La loro storia stava marcendo come le mele nella fruttiera nella cucina della nonna.
Ci voleva qualcuno che curasse quelle mele e togliesse la parte cattiva, e credeva di sapere cosa fosse quella parte.
Lei stessa era quello che non andava in quella mela.
Era sempre lei che dipendeva dall'altra, e mai il contrario.
A volte si sentiva solo un peso per tutti.
-Dovevo finirla mesi fa...
sussurrò, nel silenzio del parco, soffocando una risatina amara.
Era tutta colpa sua, vero?
Non avrebbe mai esagerato così tanto senza motivo; era ovvio che questa volta avesse fatto il passo più lungo della gamba.
Era lei ciò che non funzionava nella loro relazione.
Ed era per questo che non meritava un angelo come la sua ragazza.
La piccola palla di pelo all'altro capo del guinzaglio la riportò alla realtà, strattonando leggermente la corda che lo legava.
La guardò scodinzolando, con sguardo interrogativo; sembrava che le dicesse "mamma, che c'è che non va?".
-Oggi non mi va, Bakie.
Il cagnolino, vedendo la faccia triste della sua padrona, fece un verso deluso, come se fosse preoccupato per lei: riusciva a capire Byul meglio di tutti, anche della sua ragazza.
Byul si inginocchiò accanto a lui, e si lasciò leccare amabilmente la faccia; almeno Daebak non la giudicava così tanto, come facevano tutte le persone attorno a lei.
Sulla sua faccia comparse un sorriso amaro, ricordando cosa era successo poco prima a casa.
Non capiva cosa non andasse in lei, perché non riusciva a mantenere una relazione stabile?
Eppure la amava, eccome se la amava.
Il suo cuore bruciava ogni giorno per lei.
Ogni volta che la vedeva era come riscoprirla per la prima volta.
Ma per lei...per lei non era lo stesso.
E faceva male saperlo.
Daebak si lasciò accarezzare dietro le orecchie, ansimando con la lingua di fuori.
Il parco attorno a loro era vuoto, come la mente di Byul: vuota e senza colori, ferma su un pensiero che non voleva andarsene.
Il vento attraversava le chiome degli alberi, scuotendo leggermente i rami e creando un rilassante fruscio appena incontrava le foglie attaccate ad essi.
Il silenzio era assordante, in quella mattina di novembre.
La ragazza si strinse nel suo giubbotto di jeans, e si calò il cappellino sulla testa: faceva così freddo... forse era meglio se restava lì, a perire da sola, tanto nessuno avrebbe avuto rimpianti, scoprendo che miss rovina-relazioni, Moon Byul Yi, era passata a miglior vita.
Si sedette su una panchina, gelata come un ghiacciolo, e sospirò, con la voce tremante.
Il cielo era di un bianco opaco, e Byul alzò la testa per osservarlo.
Che giornata insulsa.
Detestava quando il cielo non aveva colore: bianco, non azzurro, non blu.
Bianco.
Il nulla assoluto.
Quello che sarebbe restato della loro relazione se solo fossero riuscite a dirsi la verità in faccia.
Lo sapeva, riusciva a vederlo, che ormai il suo sentimento non era più ricambiato, e allora perché si ostinavano a mantenere un rapporto che non esisteva più?
La sua mano strinse, forse troppo forte, la sua coscia: una lacrima solitaria le solcò il viso, e si schiantò sui jeans, silenziosamente.
Perché?
Perché doveva sempre essere lei a soffrire?
Era sempre lei la vittima delle scelte del destino, non era mai quella che abbandonava, quella che perdeva interesse nelle cose, quella che se ne fregava di tutto.
No, non lo era, perché sapeva cosa voleva dire subire.
Subire un abbandono ti spezzava il cuore, letteralmente.
Molte volte potreste pensare che "spezzare il cuore" sia solo un modo di dire, una figurazione per esprimere la sofferenza, e invece lei poteva assicurarvi che era vero.
Era tutto vero, il dolore che provava al petto ogni volta che soffriva per lei.
E sembrava proprio che le si spezzasse il cuore, ogni volta.
Altre lacrime si aggiunsero alla prima, bagnando i jeans, e le sue povere guance pallide.
Si sentiva così dannatamente vuota, che ormai niente era più importante.
Voleva solo un po' di amore, tutto qui, era così difficile donargliene un po'?
-È così difficile, Yongsun? Eh?
mormorò al vento, singhiozzando.
Si accasciò sullo schienale della panchina, e rimase a contemplare il nulla.
Dio solo sa dove trovò il coraggio di tornare a casa.
Da lei.
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Uffa [Moonsun]
FanfictionTW//MENZIONE DI AUTOLESIONISMO, DEPRESSIONE. ispirata alla canzone "Uffa" di Galeffi. [primo libro della serie "Come un castello di carte da gioco"]