Il Dio del Fuoco

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18 Luglio 2020.

Ci troviamo in una piccola città di Italia. Gli uccelli cinguettano, il vento soffia sulle persone e vige una calma assoluta, come se ci trovassimo in mezzo alla natura.

Un ragazzo biondino, con gli occhi azzurri, molto solare, Giuseppe, era disteso sul suo pianerottolo a godersi questa giornata estiva di splendido sole; pensava che nulla potesse sconvolgere questa calma quindi decise di appisolarsi un po'. Passate due ore, si sentì subito meglio e pieno di energie. Si alzò e andò in cucina a sgranocchiare qualcosa cercando di qua e di là. Andò dal fratello, che passava le giornate a guardarsi film, e gli chiese di giocare a calcio, giù nel piazzale; il fratello accettò volentieri perché entrambi adoravano il calcio: Giuseppe era un grande attaccante con un tiro formidabile e Alessandro era un abile portiere che parava l'imparabile. Appena finirono di giocare, il ragazzo salì in casa sudato e andò subito a farsi una doccia.

Terminata la doccia e avendo altro tempo libero,decise di uscire con la sua bici. Prese con sé: uno zainetto, qualche snack euna borraccia d'acqua, pronto ad una nuova avventura. Ebbe la splendida idea diallontanarsi dalla vita cittadina, andando verso la periferia e le campagne. Ilsole picchiava sulla testa e Giuseppe parse pentito di essere uscito. Slittavaper le strade, ad una velocità moderata, con la sua mountain bike rossafiammante, che con la luce del sole amplificava la colorazione. Arrivò in unposto sperduto, dove non c'erano più nemmeno strade ma solo alte erbacce, ormaisecche. Il ragazzo le attraversò e poi poggiò la bici per terra. A lui piacevaammirare l'orizzonte e pensare tanto alla "vita": riflettere sulla creazionedell'universo o a come si è sviluppata la società intorno a lui. Immerso neisuoi pensieri, e ormai con il calar del sole, notò in lontananza una piccolaluce rossa che emergeva dal terreno. Si incuriosì subito, ma sospirò, aveva un po' di paura ad andare là solo, perché tutto questo era molto strano per lui ma la curiosità fu talmente forte che ci andò. Entrò dentro quella foresta di erbacce e pian piano, schivando massi e spine, giunse di fronte a quella luce lampeggiante. Si avvicinò con lo sguardo e notò che era un libro. Rimase stupefatto, aveva tante domande per la testa: perché c'era un libro? Come ha fatto ad arrivare lì? Perché emetteva luce rossa?

La luce rossa si sollevò in alto ed entrò dentro Giuseppe. Lui rimase scosso, non capì cosa gli fosse successo, continuava a sentirsi normale ma quella specie di anima, o qualsiasi altra cosa fosse, ormai era dentro di lui.

Tutto ciò lo impauriva ma allo stesso tempo lo incuriosiva quindi decise di prendere il libro, metterlo dentro lo zaino, recuperare la bici e tornare a casa in fretta e furia, per iniziarlo a sfogliare.

La strada ormai era molto buia e il ragazzo aveva un po' di difficoltà a rimanere concentrato perché gli affluivano molto domande dalla testa senza una risposta. Decise di accelerare, anche se ciò era pericoloso perché questa strada non aveva nessun lampione che potesse permettere agli altri veicoli di notarlo. Inoltre, sfortunatamente, quando poggiò la bici per terra, in mezzo alla foresta di erbacce, il filo della lampadina della bici si tagliò e lui rimase senza luce. Tutto ciò lo preoccupava ma era determinato a risolvere questi enigmi. Ad un tratto, un camion non si fermò ad un segnale di STOP, Giuseppe se n'è accorse ma ormai era troppo tardi, e lo prese in pieno, scaraventandolo a quindici metri di lontananza dall'impatto e facendolo sbattere contro un muro. Il ragazzo era totalmente distrutto: le gambe erano tutte spappolate, e ciò significava che in caso fosse rimasto vivo non avrebbe mai più camminato, la spina dorsale si era rotta a metà per colpa dello schianto al muro e un'emorragia esterna fuoriusciva dalla testa.

L'autista, disperato, scese dal camion e con un senso di colpa che gli perforava l'anima, chiamò l'ambulanza per il soccorso al giovane. Non faceva altro che sperare che egli fosse vivo ma non dava nessun segno di vita.

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