12. Vendetta

384 18 39
                                    

La settimana successiva a quel bacio fu di quanto più tormentato e confuso ci si possa immaginare. Sia per Draco che per Hermione.
Lui continuava a saltare le lezioni, a guardarsi bene dallo stare con i suoi amici per evitare che si potessero accorgere di qualsiasi cosa, a non andare nemmeno a pranzo, e a starsene rinchiuso in dormitorio.
Lei era perennemente distratta, sembrava non sentire chi le parlava, che fosse professore o amico, e questo doveva ripeterle sempre le cose più volte.
Aveva la testa totalmente tra le nuvole e non trovava più la scala per scendere.
Ginny era molto sospettosa nei suoi confronti, anche perché lei stessa era in un periodo non propriamente tutto rose e fiori, con la storia del diario preso a Malfoy ancora irrisolta. Lei, il suo ragazzo e suo fratello erano arrivati alla conclusione che non fosse stato Malfoy a dare il diario a Ginny, o di sicuro non l'avrebbe ripreso, una volta trovatolo. Il problema era perciò scoprire da chi provenisse.
E ogni volta che Hermione sorrideva con aria persa, lei tirava una gomitata a Harry che a sua volta la tirava a Ron e il terzetto si metteva a fare ipotesi sull'argomento riguardo cui Hermione stesse pensando, che la portava via dalla realtà, nel suo mondo fatto di Stanza delle Necessità, Malfoy, baci e carezze.
Tuttavia quando entrava in Sala Grande non aveva il coraggio di guardare al tavolo dei serpeverde, era troppo rischioso farsi beccare a spiare da quella parte.
Perciò l'unica volta che ebbe l'occasione di farlo, si accorse che lui non c'era.

Erano passati sette giorni esatti da quell'avvenimento paradisiaco e le acque si erano molto calmate.
Ma non per Malfoy. Nella sua testa vorticavano impetuosi i ricordi di quel bacio che però iniziavano a infastidirlo.
Non capiva perchè si fosse lasciato andare in quel modo. Dove aveva lasciato la sua dignità di Purosangue? Nelle labbra di una Sanguemarcio? La cosa non gli andava giù.
Voleva voltare pagina, dimenticarsi tutto quello. Dimenticarsi di lei.
E starsene chiuso fisicamente e psicologicamente dentro se stesso non aiutava per niente.

Così finalmente si decise a uscire, e il tempo gli venne incontro: era ormai marzo, c'era un cinguettio allegro degli uccellini sulle centinaia di imponenti alberi del parco, le cui foglie erano ormai di un verde acceso; l'acqua del Lago Nero non sembrava più tetra, bensì cristallina, baciata da un sole splendente.
A Draco vennero in mente gli occhi della ragazza, come il sole, nei suoi, come la fredda acqua del Lago, che veniva riscaldata e fatta risplendere.
Cancellò subito quel pensiero. Lo innervosiva.
Si sdraiò sull'erba morbida, incrociò le braccia dietro la testa e chiuse gli occhi.
Si sentì cullare da quell'atmosfera così piena di pace.
Probabilmente si addormentò, perché al suo risveglio il sole stava tramontando e accanto a lui c'era l'ultima persona che, in quel momento e con quelle considerazioni in testa, avrebbe voluto vedere: Hermione Granger.

«Per Salazar, che ci fai qui?» disse, scattando in piedi.

«Questo posto non è di tua proprietà, sai?» lo schernì lei, usando le stesse parole di lui, di quando si erano visti l'ultima volta in biblioteca.

Lui alzò gli occhi al cielo e disse: «Beh, voglio stare solo».

«Che...? Ti sei pentito di quello che abbiamo fatto?» chiese lei con un filo di voce.

«Non... pentito, Granger» disse lui con quel suo solito tono altamente sprezzante. «Solo voglio starmene in pace a pensarci».

Lei non sembrava voler lasciar perdere. «Credi che non possa funzionare?»

Lui restò perplesso, come a giudicare troppo banale e scontata quella domanda. «Ma è ovvio che non può funzionare!» esclamò con aria indispettita.

Hermione non se l'aspettava. Credeva che anche lui provasse qualcosa di serio nei suoi confronti, ma a quanto pareva si sbagliava.

«Come sarebbe?» la sua voce era più acuta di quanto avrebbe dovuto essere. «Insomma, ci siamo baciati» disse sottolineando l'ultima parola.

Come to me || Dramione Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora