18. Terrore e purezza

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Il grigio che da sempre avvolgeva Malfoy Manor, nonostante la primavera fosse alle porte, sembrava anche più cupo del solito. Era come se un alone di paura rendesse quella villa un posto fuori dal mondo, senza nulla in comune con esso. L'alto cancello di ferro era saldamente chiuso, e il parco tetro pullulava di persone incappucciate.
Il portone era sorvegliato, per impedire che qualcuno potesse scivolare dentro la casa indisturbato.
Tuttavia, se qualcuno ci fosse riuscito, sarebbe entrato in un grande ingresso, freddo e buio come tutto il resto, le pareti di pietra e un grande tappeto rosso sbiadito steso per terra. Non una luce, non una finestra.
Poi si sarebbe incamminato lungo un breve corridoio che conduceva su un'ampia scalinata: lungo quei muri, immensi finestroni gettavano all'interno una luce verdastra e un freddo gelido. Una solitaria torcia stava ad indicare la fine della scala, dove troneggiava una porta. Entrando, l'ipotetica persona riuscita a eludere la sorveglianza sarebbe stata catapultata in un salone, più scuro di tutto ciò che aveva visto fino a quel momento.
Lo stanzone aveva un soffitto estremamente alto, al quale era fissato un lampadario gigantesco e molto articolato. C'erano un paio di poltrone e un divano e, sulla sinistra, un fuoco scoppiettante, che tuttavia né riscaldava né illuminava l'ambiente. Sulla destra, invece, c'erano altre ampie finestre che davano sul retro del parco: alberi a non finire, piccoli sentierini e una grande fontana.
Sui divani si sarebbero notate due persone: un uomo, dai lunghi capelli biondo platino e un'aria sfinita, e una donna, con i capelli a tratti dello stesso biondo dell'uomo, a tratti di un castano scuro.
Lucius e Narcissa Malfoy.
Parlavano con aria grave, quasi stessero per andare al funerale di un loro stretto parente o caro amico. Ma quello di cui stavano discutendo era per loro molto peggio di un funerale, forse perché sbagliare anche la minima cosa avrebbe potuto significare dover assistere dall'aldilà al proprio.

«Quando...?» stava chiedendo la donna.

«Questa mattina» rispose lui, estremamente serio.

«Vi ha davvero... chiamati?»

«Sì, Narcissa».

«Che cosa significa questo, Lucius?» domandò lei, tremante.

«Significa che è tornato e che vorrà regolare i conti... con tutti quelli che non lo hanno cercato, noi compresi».

«Ma se... se ci schierassimo dalla parte del Ministero?»

«Lo conquisterà, e allora non ci sarà più via d'uscita».

«Cosa dovremmo fare, allora?»

«Aspettare e obbedire. È l'unica cosa che possiamo fare».

___

Draco era nella sala comune, con Pansy che cercava fastidiosamente di baciarlo.
Quei giorni stavano passando troppo lentamente. E poi aveva uno strano presentimento, come se stesse per accadere qualcosa di molto brutto. Ma non aveva niente di cui preoccuparsi. A parte la Mezzosangue, certo.
Era sicuro che ci fosse il suo zampino nella faccenda della scopa di Potter. Nessun altro lo sapeva. Beh, a dire il vero nemmeno lei, ma le sue risorse erano infinite, perciò non si stupiva nemmeno più.
Però aveva una fastidiosa angoscia, legata a quello stupido presentimento, che non lo lasciava tranquillo.
Altro che distrarsi, la situazione in cui era volontariamente finito stava diventando paradossale. Anzi, a pensarci bene lo era sempre stata.
E ora i giorni passavano con una lentezza straordinaria, però passavano, senza fermarsi, senza voltarsi indietro. Un giorno, poi un altro, poi un altro ancora. Era così che era arrivato quasi alla fine di marzo, anche se quell'ultimo bacio sembrava appartenere al giorno precedente, mentre era successo settimane prima.
E lui se ne stava lì, passivo, ad aspettare che la sua mente cancellasse quel ricordo, lo facesse diventare privo dei particolari e poi lo rimuovesse del tutto. Quello poteva anche succedere, ma il cuore aveva la capacità di ricevere, non di eliminare.

Come to me || Dramione Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora