Capitolo 5

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Dopo aver finito il nostro gelato, ho proposto a Cameron di fare una passeggiata. Forse sto sognando, mi ripeto, dopo i casi umani di ragazzi che ho incontrato durante la mia vita, avevo smesso di sperare, sperare in un qualcosa che forse, non ero destinata ad avere.
Lo guardo, e se sarà lui quel mio 'qualcosa'?
Con Cameron, un colpo di fulmine mi ha travolta, si è infiltrato dentro di me, mi ha invasa, ha circondato il mio cuore, rimasto solo per troppo tempo.

Spesso un colpo di fulmine non è che l'inizio di un lungo temporale.

"Quindi sei un'infermiera?" annuisco "sei un'eroina" mi dice sorridendo.

"Non è così che mi definisco, faccio solamente il mio lavoro" gli faccio un occhiolino rispondendogli con le sue stesse parole. Sorride.

"Come mai hai deciso di trasferirti proprio qui a Seattle?" mi chiede interessato.

"Un giorno, presi una cartina dell'America, chiusi gli occhi e con un dito iniziai a fare dei movimenti circolari, per poi puntare il dito in un posto preciso del foglio, aprii gli occhi e vidi Washington DC, e pensai, è lì che sarei andata. Mi laureai e partii. Eccoti spiegato perché proprio Seattle". Sorrisi al ricordo di quel momento.

"Wow, e qual è il tuo sogno nel cassetto Evelyn?"

"Il mio sogno nel cassetto l'ho realizzato, è il mio lavoro. Fare l'infermiera è stato un sogno che ho custodito per anni, più crescevo e più non avevo dubbi su cosa avrei fatto da grande. Ero così determinata a realizzarlo. Però, in compenso, mi è rimasta una meta nel cassetto. Da quando sono piccola ho sempre desiderato viaggiare, mi affascinava così tanto andare alla scoperta di nuovi posti, uno zaino in spalla e via! La mia meta erano e lo sono tutt'ora, le Hawaii. Dicevo sempre a mio padre che con il mio primo stipendio sarei partita alla ricerca di quelle fantastiche isole. Sono passati tre anni da quando ho iniziato a lavorare, e le Hawaii sono chiuse ancora nel mio comodino."

"Ma allora sei una piccola avventuriera coraggiosa" mi dice fermandosi a guardarmi.

Siamo uno di fronte l'altro, una ciocca bionda cade lungo il mio viso, faccio per prenderla ma Cameron mi precede. Mi guarda, si avvicina, i suoi occhi, fermi, dentro i miei. Riposiziona i capelli dietro il mio orecchio, per poi allontanarsi.
Rilascio un sospiro.
"Vieni, ti accompagno a casa" mi fà un cenno con la testa.

°°°

"Grazie per la bella serata" lo guardo imbarazzata "allora ciao" aspetto che mi fermi, che mi dica qualcosa, fallo, ti prego, ne ho bisogno. Ho un maledettissimo bisogno di sapere che stasera, i miei occhi non si poseranno per l'ultima volta su di lui.

"Ciao" mi risponde per poi ripartire sulla sua moto.

Il mio sguardo rimane fisso per terra, un senso di dolore si espande nel mio petto, una pressione mozza il mio fiato, i miei occhi si fanno leggermente lucidi, forse non era destino, continuo a ripetermi.

Cameron
Da quando sono riuscito a sopravvivere alla mia prima missione, ho capito, quanto la morte, è lí, ferma, ad aspettarmi.
Quando sei un soldato, ti rendi conto, che nella vita non puoi avere certezze, puoi solamente avere dei 'forse'. In questi anni ho evitato di far affezzionare a me le persone, perché se mi fosse successo qualcosa, non avrei tollerato il loro dolore nei miei confronti, non lo avrei accettato perché non voglio che la loro sofferenza sia causata dalle mie scelte; ma perché con lei, mi sembra tutto così sbagliato? Un ragionamento, un ideale, un pensiero che mai nessuno è riuscito a farmelo cambiare. Una scelta che ho fatto con fermezza nove anni fa, ma lei, è l'unica ad essere riuscita ad infiltrarsi, nel mio recinto, costruito con alti muri.
Ripenso alle parole di James "essere un soldato non vuol dire passare la vita da soli, è concesso anche a noi amare ed essere felici".
Faccio un inversione ad U, sfreccio per le strade della città, finché, non arrivo da lei.
Ed è cosí, che per la prima volta, metto da parte i pensieri ed ascolto il cuore.

Evelyn
Quando vedo Cassie dormire nella sua stanza, rilascio un sospiro di sollievo, non sarei riuscita a resistere al suo interrogatorio, non in questo momento almeno. Torno in salotto, sento il citofono suonare, chi diavolo è a quest'ora?

"Chi è?" chiedo tramite la cornetta

Seguono degli attimi di silenzio, sto per chiudere finché non sento..

"Evelyn" quella voce "Sono Cameron"

"Terzo piano, interno 12A"

Lo aspetto sulla soglia della porta.
Me lo ritrovo davanti con un leggero fiatone, avrà corso salendo le scale, penso.

"Evelyn" il mio nome esce dalle sue labbra come un flebile suono

"Cameron" ribatto

"Mi dispiace" sussurra

"Cos.."

"No aspetta" mi blocca, non facendomi finire di parlare "mi dispiace, non è così che volevo finisse la serata. Sono scappato, avevo paura"

"Di cosa?" gli chiedo sgranando gli occhi.

"Non sono mai stato un ragazzo che esternava le proprie emozioni, non sono mai stato bravo in queste cose. Ma ci provo, proveró a farti capire quello che sento, a farti sentire il casino, che è dentro di me. Ho avuto paura delle mie emozioni, di come mi fai sentire protetto ogni volta che mi guardi, di quello che sei riuscita a suscitare in me, in solamente cinque maledettissime ore. Non posso lasciarti andare, non voglio, se lo facessi non me lo perdonerei mai, voglio rivederti ancora e ancora. Voglio viverti" dice tutto d'un fiato

Il cuore batte al centro del mio petto. Batte. Forte.

"Evelyn, io non so come andrà a finire questa storia, ma voglio provarci, voglio arrivare fino all'epilogo di un libro, o almeno, voglio provarci" lo vedo avvicinarsi

"Evelyn, dammi una change" i nostri occhi gli uni dentro l'altro, mi guarda con una leggere preoccupazione, abbasso lo sguardo sui miei piedi, sorrido

"Si"

Spazio autrice: la storia pian piano va avanti, vi sta piacendo? Fatemi sapere. Un grazie immenso alle persone che commentano, facendomi i complimenti per la storia. Un grazie anche a chi legge e clicca una stellina. Grazie.

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