• Basta un solo sguardo (parte terza)

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(...Continua)

«Signorina Urania, non si distragga!» mi rimproverò duramente il professore d'arte, riportandomi bruscamente alla realtà che ci circondava.

Distolsi lo sguardo dal Dio che era nella sala, facendo appello ad ogni briciola di forza di volontà che avevo dentro di me, e mi voltai a guardare il professor Greco. Era furente di rabbia dietro la sua scrivania e mi guardava con fare minaccioso.

Sentii un'insopportabile bruciore agli occhi, dovuto più al fatto che una divinità fosse riuscita a mettersi sulle mie tracce più che alla figuraccia che il professore mi aveva fatto fare dinanzi a tutti, rimproverandomi in tal maniera, così severamente.

Deglutii a fatica, cercando di scacciare la sensazione sgradevole di avere un nodo che mi serrava la gola, e chinai il capo per nascondere le lacrime che premevano per essere liberate, ma a cui io stavo impedendo con tutte le mie forze di far sgorgare.

«Ora, ritorni in posizione!» sbraitò ancora una volta il docente, facendomi sentire ulteriormente mortificata.

Chiusi gli occhi di scatto, portandomi il braccio, che avevo tenuto fino a quel momento posato sul fianco, al petto.

Fu allora che, prima che sentissi le lacrime calde bagnarmi il viso, sentii la sua voce.

Per tutti gli Dei dell'Olimpo, non avevo mai immaginato che qualcuno potesse possedere una simile potenza, sensualità e trasgressività e trasmetterla semplicemente parlando.

«Che essere vile» borbottò il Dio, facendomi sollevare il capo di scatto solo per poter guardare con attenzione ogni singolo movimento del suo corpo mentre si avvicinava con fare arrogante e sfacciato al professore di quell'ora di lezione.

In quel momento, camminando con tanta sicurezza e grazia, non potei fare a meno di paragonarlo ad una pantera in agguato, in attesa che la sua preda si distragga per attaccarla e divorarla.

«E poi la gente si domanda perché io odi gli esseri come voi e quale sia il motivo che mi spinge sempre a cercare di eliminarvi» continuò dicendo, prendendo un pennello pulito e giocherellando con la punta morbida mentre avanzava in direzione del docente, sotto lo sguardo esterrefatto di tutti gli studenti presenti a quella lezione.

«Chi sei?» domandò quest'ultimo, irritato dalla presenza del ragazzo che non sapeva fosse talmente tanto potente che, se avesse voluto, avrebbe potuto privarlo della sua stessa vita senza che lui nemmeno se ne rendesse conto. «Vai fuori dalla mia aula!» continuò, strillando come se fosse stato un dissennato.

Il Dio si avvicinò alla cattedra e con noncuranza si sedette su di essa, guardando il professore che, nel frattempo, si era spostato per poterlo guardare negli occhi.

«L'unico che deve andare fuori di qui è lei, ma solo dopo aver fatto le sue scuse ad Urania» ribatté, pronunciando il mio nome con ironia, come se fosse una barzelletta super divertente.

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