• Lacrime amare (parte seconda)

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(...continua...)

«E pensare che mio fratello mi aveva spinto ad immaginarti in un modo del tutto diverso da come sei in realtà» esordì Ares, stanco di sentire il silenzio che rimbomba nelle nostre orecchie da quando eravamo entrati in quella residenza.

Deglutii a fatica nel sentire il suo tono di voce carico di stupore e meraviglia.

Il suono armonico prodotto dalle sue labbra era caldo e vellutato e mi fece sentire, ancora una volta, stranamente accaldata.

Voltai il capo leggermente, guardandolo di sottecchi mentre mi stringevo le mani al petto. «Cosa intendi dire?» chiesi, la voce tremante.

Sul suo bel viso comparve un sorriso sincero e caloroso. Si staccò dal muro a cui era appoggiato e iniziò a camminare nella mia direzione, parandosi di fronte alla sottoscritta. «Da come ti aveva descritta quando mi ha letteralmente supplicato di riportarti da lui, sull'Olimpo, mi ero preparato ad avere a che fare con una giovane donzella in difficoltà, pura e casta. In realtà, sei tutto l'opposto di quello che mi ero immaginato.»

Il mio sopracciglio destro scattò istintivamente verso l'alto, guardandolo con fronte corrucciata mentre spostavo le braccia, facendole pendere lungo i fianchi. «Non so se prenderlo come un complimento o un'offesa, ad essere sincera» ribattei, stizzita. «Le tue parole sono alquanto equivoche.»

Il suo sorriso si allargò e quello sciame di farfalle si risvegliò all'istante nel mio stomaco. «È un complimento, ovviamente.»

«Fatico a credere che ciò corrisponda a realtà mentre mi esce sempre più facile pensare all'aspetto negativo di quella frase» dissi in risposta alla sua affermazione, prima di voltargli nuovamente le spalle per iniziare a salire, ad uno alla volta, i gradini di quella scala.

«Sono serio» e anche il tono della sua voce lo era, così come l'espressione sul suo viso quando mi voltai nella sua direzione per incrociare i nostri sguardi ancora una volta.

Mi fermai con la mano adagiata sul corrimano in legno.

Io fissavo lui e lui fissava me mentre proseguì, dicendo: «Pensavo che fossi quel tipo di ragazza per cui non vale la pena passarci più tempo di una notte di puro e semplice sesso. Insomma, una ragazzina che nulla ha di più da offrire di un bel corpo da montare».

Mi sentii offesa e quel retrogusto amaro, che mi aveva lasciato le sue parole, mi rimase in bocca. «Gentile da parte tua considerarmi alla pari di una cavalla.»

Lui parve capire lo sbaglio che aveva commesso e quanto inopportuni risultassero quelle sue parole alle mie orecchie e cercò di rimediarvi.

Imbarazzato, si portò una mano fra i capelli neri, dello stesso colore delle ali di un corvo, e mi guardò con un mezzo e timido sorriso. «Va bene, forse non ho usato proprio un bel termine per farti intendere cosa volevo dirti, ma il punto è che hai carattere e non ti nego che mi piace passare del tempo con te, anche se ci conosciamo da appena mezza giornata» ammise, riuscendo a farmi accelerare i battiti cardiaci all'interno della mia gabbia toracica. «Mi metti in difficoltà e mi fai penare

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