Chapter 5

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Quando Alice entrò insieme al docente il chiacchiericcio della classe si assopì e iniziarono a parlare più tranquillamente, i tavoli da studio rispetto alle altre scuole erano banconi fatti da tre o quattro posti ciascuno e le aule erano molto grandi e pieni di librerie contenenti libri di epoche a partire dal 400 al 1900, le finestre erano ampie e fuori si poteva vedere il giardino esterno.
«Prego signorina Clark, si sieda insieme alla signorina Osford e alla signorina Kendell».
La incitò il professore senza perdere la sua gentilezza, quando Alice prese posto il professore diede ancora qualche minuto di pausa, così potè estrarre il contenuto della sua cartella: quaderni a righe e quadretti per le varie materie, astuccio completo di cancelleria, post-it e una borraccia tutto con i colori e lo stemma della scuola dato tutto in dotazione.
«Hey, che ti è successo? Hai una faccia...» Disse Lisa avvicinandosi di più a lei, anche Mary dimostrò preoccupazione nei suoi confronti notando gli occhi gonfi e il viso arrossato, una cosa del tutto nuova ai suoi occhi, Alice spiegò con la voce tremante mentre Lisa le passò un fazzoletto e le massaggiò di nuovo la schiena.
«Cavolo è colpa nostra, non avremmo dovuto farti uscire da sola».
Mary guardò se avesse lividi visibili, per fortuna solo un grosso spavento.
«Qui i professori ci tengono agli studenti, i colloqui vengono fatti con estrema cura e pure un incontro con lo psicologo, il motto del nostro preside é "studenti felici, scuola felice"!  Ci tiene che veniamo ascoltati e in cambio ci chiede solo di essere bravi con lo studio per noi stessi a garantire la soddisfazione di auto-darci un futuro».
Spiegò, se lo avesse saputo prima della sua esistenza si sarebbe trasferita volentieri in questa scuola.
«Ragazzi al proprio posto prego».
Disse il docente, senza battere ciglio tutti tornarono ai propri posti.
«Oggi è il primo giorno dove si torna alla solita routine scolastica, essendo arrivati nuovi studenti direi che una presentazione per iniziare possa andare bene». Gli studenti erano abbastanza annoiati ma nessuno si lamentava, Alice iniziò l'ennesima ansia della giornata, si sentiva male, il fiato le tornò quasi a mancare ancora, il petto schiacciato e un dolore alle tempie ancora scossa per l'incidente di prima, Mary le disse che non c'era nulla di cui preoccuparsi e se la sarebbe cavata senza problemi sostenuta dal piccolo sorriso di Lisa.
«Signorina Clark, la prego di alzarsi e di venire a presentare, su coraggio». L'uomo le fece un sorriso di incoraggiamento e andò combattuta verso la lavagna.
Essendo abituata a stare in passerella ormai la sua camminata era rigida composta a differenza di quella di una persona normale, i ragazzi erano veramente tutti sorpresi.
Nessuno fiatava, la situazione era davvero imbarazzante, Alice non era abituata a tutta questa educazione, la sua scuola per quanto privata era davvero più spartana nei modi di fare.
«Prego il gesso è alla sua destra». Alice si fermò alla lavagna, prese il gessetto con due dita e scrisse il suo nome, la sua calligrafia era pulita anche se un po' tremante e cercò di scrivere abbastanza in grande per fare in modo che tutti potessero vedere quello che aveva scritto, il docente annuì soddisfatto non curandosi delle linee storte, alcuni compagni di classe fecero un sorriso divertito ma non cattivo.
«Prego signorina parta con le presentazioni e poi gli studenti potranno farle qualche domanda».
Alice prese un sospiro e si voltò verso la classe, mille volti che la fissavano, Mary e Lisa la guardavano facendole un po' di coraggio facendole un lieve sorriso.
Si sfiorò la tasca, all'interno c'era il suo cavallino di legno ben nascosto dagli occhi degli altri, il suo portafortuna.
«É un piacere fare parte parte di questa scuola, mi chiamo Alice Clark, mi sono trasferita qui da Manhattan e spero di trovarmi bene qui». Mentre parlava cercò di tenere un bel sorriso e uno sguardo amichevole, magari pensò che questo discorso avrebbe aiutato a fare amicizia e il risultato fù quello sperato, tutti i ragazzi alzarono le mani per farle qualche domanda tranne le sue due compagne di stanza che invece restarono indifferenti.
«Posso farti una domanda?» Chiese uno dei ragazzi, Alice lo guardò «Se è qualcosa di non troppo personale si». Il ragazzo rispose immediatamente «Come mai sei venuta qui? L'America è brutta?» tutta la classe ridacchiò, le uniche che non risero erano Mary e Lisa che fecero una smorfia divertita, anche Alice rise.
«Veramente sono venuta qui perché era la città in cui è nata e cresciuta mia mamma, l'inghilterra come posto mi piace molto».
Non le sembrava una buona idea raccontare del suo problema con il padre, era troppo presto e chissà come l'avrebbero presa, solo i professori per ora ne erano a conoscenza ma prima o poi sarebbe venuto fuori.
«Com'è essere una modella?» Chiese una ragazza guardandola entusiasta. «Un lavoro che per quanto non sembri è impegnativo sia da livello psicologico che dal punto di vista fisico». Un ragazzo voleva fare un'altra domanda ma il docente interruppe le conversazioni e iniziò con la lezione.
Una volta finito le lezioni della giornata le ragazze si ritirarono nelle camerate, la mensa sarebbe stata agibile solo dal giorno successivo per ora gli era stato dato un sacchetto per il pranzo e la cena, Mary la sera era chiusa in bagno per lavarsi i capelli, da quello che le aveva detto Lisa, la ragazza aveva una gran cura dei capelli.
«Fidati non la togli dal bagno neanche se scoppiasse un incendio!».
Disse Lisa mentre era seduta accanto a lei, dietro la porta della stanza si udirono le proteste di Mary che accesero ancora di più le burle della stanza.
«La capisco Lisa anch'io ci tengo ai miei capelli».
Lisa non gli interessava per niente della cura dei capelli, eppure erano così sani e luminosi, ci doveva essere una spiegazione dietro.
Durante la notte Alice nel suo letto iniziò a sognare:

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 25 ⏰

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