𝑃𝑅𝑂𝐿𝑂𝐺𝑂

338 17 2
                                    

La notte a Manhattan trascorre in maniera frenetica: l'orologio del municipio segna le otto meno venti, il suono dei clacson delle macchine, il tintinnio dei bicchieri in equilibrio su un vassoio di un cameriere che girava intorno alla sala di un ristorante, le chiacchierate e le risate dei turisti davano quella musica tipica di città urbana.

Quella sera era caduta una spessa nebbia e le nuvole mandavano giù una pioggia così delicata da sembrare neve, il vento fresco ti faceva accapponare la pelle.
C'erano alcune persone che armate di ombrelli correvano a casa, altre invece, avevano trovato un posto al caldo in qualche posto assicurandosi tra una chiacchiera e l'altra con una bella tazza bollente, altri ancora percorrevano le strisce pedonali non appena scattava la luce verde per correre dall'altra il prima possibile.

Manhattan è uno dei distretti più famosi di New York conosciuta anche dai bellissimi monumenti, il famoso teatro di Broadway e dai posti più popolati della zona come Central Park e oltre la fortuna di essere presa come ambientazione di tantissimi film famosi.

I lampioni illuminavano il marciapiede ormai inzuppato come un biscotto affogato nel latte a colazione, lo scrosciare della pioggia batteva su un ombrello giallo di una donna, un colore allegro per quel tipo di giornata piovosa.
I capelli neri raccolti in una coda mal legata e spettinata per colpa dello sfregamento con le stecche metalliche dell'ombrello.
Sotto al cappotto stretto stringeva a sé una busta di carta con all'interno un po' di spesa cercando disperatamente di tenere la carta lontano dall'acqua.
Dall'espressione sembrava disperata, aveva una faccia stanca e affaticata il trucco era annacquato e sporcava quella pelle chiara, correva come se stesse scappando da un'apocalisse e alcuni passanti la guardavano in malo modo ma a lei non importava.

Una volta arrivata davanti alla macchina frugò nella borsa cercando di tenere quel sacchetto in equilibrio su un braccio, aprire la macchina mentre litigava con il vento che tentava di strapparle l'ombrello dalle mani, dopo aver buttato il sacchetto e l'ombrello nel sedile passeggero si tuffò al posto guida e accese il motore.
Oggi non era una buona serata.

...

In uno dei grandi appartamenti di lusso della città, tranquilla al caldo della stufa una bambina giocava sdraiata sul tappeto con i suoi giocattoli preferiti : un piccolo ranch di legno dall'aspetto vintage con protagonisti dei cavallini di diversi colori, per quanto fosse piena di giocattoli di età moderna, preferiva giocare con quelli, avevano un gran fascino per i suoi occhi.
Il padre glieli tirava sempre giù ogni volta prima di andare a lavoro.
Era un brav'uomo ma ultimamente era strano: tornava sempre molto tardi, stava spesso fuori, era sempre attaccato al telefono, sempre distratto ed era diventato meno affettuoso con lei oltre che a sentire come se la sua esistenza fosse un peso.

All'inizio aveva sempre uno sguardo sereno però quando la guardava negli ultimi tempi, vedeva uno sguardo serio e la mascella che si stringeva quasi in modo disgustato.
A volte si chiedeva se fosse lei la causa di tutto e sul cuore man mano cresceva un piccolo senso di vuoto.
Per fortuna sua madre Cassandra per lei c'era sempre e per colpa di queste modifiche o per fortuna, lei doveva fare i salti mortali per riempire i vuoti di suo padre.

Ora era lì, tranquilla e silenziosa, l'audio della televisione era la sua unica compagna essendo figlia unica, non sentiva il bisogno di un fratellino piuttosto avrebbe tanto voluto un gattino o un cagnolino di cui prendersi cura e dargli tanto affetto.
Dopo un po' sentì porta aprirsi e Cassandra fece il suo ingresso cercando di riprendere il fiato mentre inserì l'ombrello nella macchinetta per asciugarlo, per quanto si fosse sforzata di essere in ordine restava comunque in uno stato pietoso.

La bambina le corse incontro abbracciandola non appena si sfilò la giacca.
«Alice, tesoro rischi di prenderti un raffreddore con la porta aperta, dammi un secondo!»
Disse ridacchiando mentre allontanò la bimba in modo delicato per chiudere la porta alle spalle, dopo aver fatto la sollevò felicemente con ancora con un pò di fatica.
«Non ti ricordavo così pesante! Stai proprio diventando una signorina».
Esclamò orgogliosa guardando i grandi occhioni azzurri della bambina, si guardò intorno e insieme a loro non c'era nessun altro.
«Alice, per caso papà è tornato a casa?»
La piccola scosse la testa, a Cassandra salì un brivido lungo la schiena, dentro di lei sentiva un senso di pericolo, probabilmente la stava solo confondendo con la pioggia che si era presa e il freddo le stava facendo accapponare la pelle.
«Faccio una bella doccia calda e poi ti preparo da mangiare, va bene?»
La bimba annuì e tornò a distendersi sul tappeto.
Qualche ora più tardi dalla cucina uscì un profumo aspro e stuzzicante di una carne cucinata, sentendolo, il suo stomaco cominciò a brontolare rumorosamente.

𝐺𝑂𝐿𝐷𝐸𝑁 𝐻𝑂𝑅𝑆𝐸 || 𝑅𝑂𝑀𝐴𝑁𝑍𝑂 [𝑅𝐸𝑉𝐼𝑆𝐼𝑂𝑁𝐸] [✓]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora