SCENA I - La cella di Frate Lorenzo
Entrano FRATE LORENZO e PARIDE
FRATE LORENZO - Giovedì, dite?… Non c’è molto tempo.
PARIDE - Questa è la volontà del Capuleto,
il mio futuro suocero, e per me,
non avrei né motivo d’indugiare,
né di frenare questa sua premura.
FRATE LORENZO - M’avete confessato, tuttavia,
di non sapere quale sentimento
ha per voi la ragazza; e un tal procedere
non mi sembra normale. Non mi piace.
PARIDE - Ma lei non fa che lacrimare e piangere
la morte di Tebaldo, suo cugino,
e perciò non ho avuto molto tempo
per corteggiarla e parlarle d’amore;
e Venere, si sa, non può sorridere
in una casa dentro cui si piange.
Ora, frate, si dà che il padre suo
stimi che alla salute della figlia
sia pernicioso ch’ella resti immersa
così profondamente nel cordoglio;
sicché nella paterna sua saggezza
vuole affrettare l’ora delle nozze,
per arginarle l’onda delle lacrime,
che sarebbe da lei allontanata,
se non restasse sola con se stessa
a macerarsi con il suo dolore.
Ora sapete perché tanta fretta.
FRATE LORENZO - (Tra sé)
Così non conoscessi la ragione
per cui dovrebbe invece esser frenata!…
Entra GIULIETTA
PARIDE - Felice d’incontrarvi,
mia signora e mia sposa!
GIULIETTA - Così potrà forse essere, signore,
se sposa potrò essere.
PARIDE - Perché?
Così “potrà”, mia cara, anzi “dovrà”
essere appunto giovedì mattina.
GIULIETTA - Sarà quel che ha da essere, sì, certo.
Sacra massima è questa: non c’è dubbio.
PARIDE - Siete venuta qui per confessarvi
da questo santo padre?
GIULIETTA - Darvi risposta a una tale domanda,
sarebbe come confessarmi a voi.
PARIDE - Non gli nasconderete che mi amate.
GIULIETTA - Voglio piuttosto confessare a voi
di amare “lui”.
PARIDE - E a lui di amare me,
ne son certo.