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Daniel's pov.

<< Si può sapere che cazzo hai fatto???!!>>
Alex rientra in casa furibondo con me.
"Maestra ho una domanda: ma ad Alex che minchia glie ne importa di tutta questa storia?"
<< Hai preso quelle birre o ci devo andare da solo?>>
Chiedo disinvolto.
Ho solo voglia di sentire liquidi scorrermi lungo la trachea fino a perdere i sensi. Quella ragazza mi ha fatto perdere il lume della ragione oggi e se non deglutirò alcool penserò a questi ultimi 20 minuti per il resto della giornata, poi domani, dopodomani..
Alex sbatte le sue braccia lungo i fianchi in modo arrendevole.
<< Quella ragazza era tutto ciò che avevi di cui ti importava realmente, e l'hai lasciata andare via così.
Sei proprio una merda fattelo dire.>>
Mi insulta sperando di farmi rimuginare. Sorrido e capisco di dover fare una cosa: mettermi le scarpe e prendere una giacca.
<< Vado a prendere da bere. Non aspettarmi, fai quello che devi fare.>>
Liquido Alex senza preoccuparmi della sua reazione e mi incammino cercando un cazzo di minimarket che veda delle cazzo di birre.
Fa freddo e ho indosso un misero giacchetto di pelle di Alex.
Il mio abbigliamento fa schifo ai cani, spero non mi facciano storie al negozio perché verrò scambiato, come al solito, per un tossicodipendente alcolizzato di strada.
Dopo aver bisticciato con la cassiera riesco a rimediare ciò che volevo.
Ora non mi resta che cercare un parco abbandonato e bere in pace, tipico dei barboni.
Viaggio per altri tre quarti d'ora e finalmente mi metto svaccato su una panchina davanti al parco giochi abbandonato. Il posto non è dei migliori visto che mi fa immergere in qualche ricordo.
Ero vivace e intrepido da bambino, occhi chiari e riccioli d'oro.
Quel colore di capelli col tempo si è sbiadito, come la mia voglia di vivere.
Avevo 5 o 6 anni.
Ma non penso di ricordare più di tanto della mia triste infanzia se non quando venivo a divertirmi qui con quella bambina dalla pelle olivastra tendente al marroncino.
"State attenti mi raccomando."
Ci disse in contemporanea mia madre e la mamma di Bonnie mentre correvano sfrenati verso le due altalene.
Ogni volta ci capitava di dover fare uno alla volta visto che l'altra altalena era rotta. Un tempo ero gentile, e facevo salire sempre per prima lei. Eppure quella stronzetta non mi ringraziava mai, come se tutto le fosse dovuto. Bonnie la vedo sfocata nei miei pensieri ma ricordo che al contrario di me era una bambina tranquilla e tramendamente silenziosa, non facemmo mai dei discorsi (col tempo ha imparato a parlare, anche troppo). Però ora sò che avevamo una cosa in comune: la tristezza nel sapere che da lì a poco saremmo tornati a casa nel nostro incubo. Un giorno sì e uno no ci ritrovavamo a fare grigliate nel nostro giardino insieme a Bonnie e i suoi genitori. Mia madre era costantemente alla ricerca di compagnie amichevoli.. Lei e mio padre non erano una coppia affiatata. Litigavano in continuo e io subivo rimproveri da lui. Diventavo oggetto dei suoi sfoghi, e non ricordo se c'era dell'altro oltre alle urla e le botte continue, mi ricorreva ovunque e mia madre per mettersi in mezzo e difendermi prendeva la sua dose dopo di me.
Una volta, quando Bonnie arrivò in anticipo per poter stare in mia compagnia, mio "padre" ci chiese se volevamo giocare a nascondino mentre la mamma preparava da mangiare.
Ci sembrò un'ottima idea, nascondino era uno dei giochi che più adoravamo.
Nessuno dei due doveva parlare o intrattenere una conversazione. Solo correre e nascondersi.
Del mio donatore di sperma non ricordo nemmeno un fottuto capello.. Solo la sua voce che ogni tanto risuona nelle mie orecchie facendomi perdere il controllo.
Quando finimmo la partita a nascondino, dove ero io a dover contare, mi ricordo di aver trovato mio padre e Bonnie nella casetta di blocchi di plastica sul retro del grande giardino. Persero entrambi perché non fecero in tempo a fare "tana"..
Ma Bonnie non si lamentò di aver perso, aveva un visino inebito, disorientato..
Infatti mi disse di non voler più giocare a causa di un forte mal di testa. Ovviamente mentiva, o forse no.. ma non era l'unica ragione.
Ahh, se solo non fossi stato un bambino ingenuo e innocente avrei capito che qualcosa non andasse.
Bonnie dopo qualche giorno cominciò a venire meno spesso a casa mia, ma capisco solo adesso che quella povera bambina non aveva comunque via di scampo. Papà era sempre a casa sua in veste di tecnico professionista per ristrutturare le camere da letto.
Non so se questo era effettivamente il suo reale lavoro o se si era improvvisato un genio dell'edilizia, tipo hobby/ passione.
Che figlio di puttana. Un giorno di punto in bianco non lo vidi più tornare a casa dal lavoro e Bonnie e i suoi genitori si trasferirono a mia insaputa.. Ero solo un bambino, cosa ne potevo sapere.
Queste sono forse le uniche cose che mi sono rimaste impresse di quei tempi.. Ma con il passare degli anni convincevo me stesso e gli altri di non ricordare assolutamente nulla.
Ineffetti è stato così, altrimenti avrei riconosciuto la mia piccola amichetta. Ma a quanto pare anche Bonnie deve aver rimosso i bei momenti con il bambino dai riccioli d'oro..
Io e la mamma ce ne andammo via da Brooklyn. Non le chiesi mai perché papà non ci fosse, non mi interessava nulla di quel misero uomo. Lo odiavo infondo, ed ero felice di essere solo io e la mamma.
Poi arrivò quella volta in cui mi prese da parte per affrontare un discorso da lei stessa temuto.. "Danny, piccolo mio.. Il tuo pervertito padre vaga all'inferno non in paradiso." Mi metto a ridere da solo immaginando mia madre dire queste parole.
Cazzo sapeva di starmi per raccontare delle stronzate e di dovermi tenere nascosto questo "segreto" forse per sempre.
Comunque ce ne andammo ad abitare in un primo momento da mia zia, la mamma di Spencer. Poi, dopo qualche mese, quando mamma trovò lavoro in un'azienda commerciale, ci trasferimmo in un piccolo appartamento al centro di New York. Lì cominciarono i miei problemi.. Persone diverse, scuola diversa, casa diversa. Non ero bravo a socializzare e fare amicizie.
Ed ecco i risultati. Non ho veri amici, a parte Alex.
Conosciuto al liceo, Alex era il classico figo della scuola che tutte le ragazze volevano. Palestrato, giocava a football e quelle stronzate là.
All'inizio era vittima delle mie prese per il culo ma poi diventammo amici.
Dà lì cominciai a capire cosa significasse vivere da adolescente: non mi mancavano ragazze e scopate flash alle feste, ma ciò non mi distoglieva mai dallo studio. Ero il primo della classe, sempre.. Perché sapevo già di volermi creare una strada solo ed esclusivamente mia. Abbandonare una volta per tutte New York.. Questo era il mio intento.
Lo sarebbe ancora se non fossi uno disagiato avvilito dalla vita.
Non so più cosa significhi pensare al futuro..
Non lo so più da quando quella ragazza dai capelli e occhi chiari è entrata nella mia vita facendomi innamorare totalmente di lei.
So che sono la contraddizione in persona.. Poco fa l'ho letteralmente cacciata da casa dicendole che non la amo. Quando invece, l'altra parte di me (quella con ancora delle emozioni positive) sà che non è così e che la amo più di qualsiasi altra cosa su questo pianeta.
Ma l'ho lasciata andare.
Ecco cos'altro mi fa ricordare questo parco.
Ero venuto qui in occasione del compleanno di Alex con la mia Rosie.
No. Non è più la mia Rosie, ormai devo ficcarmelo in testa.
Ricordo quella sera come se fosse ieri.
Mi vengono in mente immagini di una Rosie brilla e impacciata che mi invita a salire su uno di quei cavalli arrugginiti.
Parlammo proprio di destino in quel momento.. Sembrava una principessa delle favole che blaterava di cose stupide come il destino. Era così bella.
Non era una Melissa e nemmeno una Louren.. Però la sua bellezza discreta mi spiazzava sempre. Anche oggi, era bella più che mai nonostante fosse a pezzi. Sono stato io a ridurla così.
Ma anche lei ha contribuito a ridurmi così, come sono adesso.
La odio cazzo. Il solo pensiero di lei che mi implora a tornare a casa e fare finta di niente mi fa venire la nausea.
Chi si crede di essere per venirmi a dare lezioni di vita?
Lei come tutti gli altri pensa di poter ammazzare la gente per poi risolvere chiedendo "scusa".
Me le sbatto nei coglioni le sue scuse.
<< Amico, avresti per caso due dollari?>>
La voce di un vecchio rimbambito mi risveglia dai miei pensieri.
Lo guardo disgustato. Avrà sulla sessantina ed è veramente ridotto male.
<< Non chiamarmi "amico" e no, non ce l'ho due dollari.>>
Rispondo e penso a quanto sia ripugnante. Ma lo sono anche io, quindi tutto apposto.
<< Allora posso favorire? Ti faccio compagnia.>>
Indica una delle bottiglie che ho comprato.
Un'altro alcolizzato. I dollari erano per l'alcol, non per il cibo come sospettavo. Al diavolo, gli passo la bottiglia che meno mi ispira.
<< Sembri piuttosto giovane per esserti ridotto così.>>
Commenta scrutandomi in modo imbarazzante. Che ha da guardare?!
<< E tu troppo vecchio per fare osservazioni del cazzo. Ti ho dato una bottiglia, non sei costretto a intrattenere una conversazione.>>
Ci mancava solo un tizio che puzza come solo Cristo sà a venirmi a rompere.
<< Scusa.. Volevo solo essere gentile. Dopotutto ti ho sfilato una bottiglia.>>
Non avevo bisogno di smancerie cordiali, però capisco che è una persona per bene.
<< Da quanto tempo sei per strada?>>
Domanda subito dopo. Vorrei dirgli ancora una volta di chiudere il becco e andarsene via, ma tanto non ci sono probabilità che ci stringa amicizia, perciò mi lascio andare.
<< Non sono di strada. A dire la verità sono ricco.>>
Butto giù qualche sorso.
Il tizio mi guarda scettico.
<< Si, e come no. Il presidente degli stati uniti è mio fratello.>>
Mi prende in giro. Rubo due secondi per lanciargli un'occhiata seria.
<< Non sto scherzando, dico davvero.>>
Ora è confuso ma sorpreso.
<< Ah. Sei giovane, sei ricco.. Non si direbbe.>>
<< Grazie. >>
Rispondo seccato.
<< Beh ma allora che diamine ci fai qui come un buono annulla figliolo.>>
La parola figliolo mi fa ribollire, per questo butto giù altro alcol.
<< Sono bipolare. Probabilmente insieme a questo avrò un qualche altro disturbo, che cazzo ne sò.
Sto qui perché credo sia il miglior modo per scappare dai problemi oltre al suicidio. No? Non dev'essere così anche per te?>>
Domando al vecchio.
Scuote la testa e guarda un punto fisso.
<< No. Il miglior modo è solo il suicidio. Questo che stiamo facendo noi è solo perdita di tempo.. I problemi ti verranno a prendere in un modo o nell'altro finché sei in vita ragazzo. Quindi le cose sono due: o ti togli dalle palle o prendi la vita per come è anche se fa schifo.>>
Rifletto mentre apro la seconda bottiglia.
<< E perché tu "perdi tempo"? >>
Forse sto facendo troppe domande ma anche se voglio convincermi che non mi interessano le sue pratiche saggie, sò che mentirei.
Gira lo sguardo e mi guarda, accenna un sorriso triste.
<< Perché io ho avuto tante occasioni che ho sprecato nella mia lunga vita, fino a ridurmi così.. I problemi mi perseguitano da sempre ma io non ho mai avuto il coraggio di affrontarli.
Ho perso la mia famiglia in un tragico incidente nel 2001. Un'incidente al quanto conosciuto.>>
Un brivido strano mi percorre la schiena.
<< Il World Trade Center.. Le torri gemelle>>
Dico sottovoce. Lui annuisce.
<< I miei figli si trovavano lì per svolgere uno stage e mia moglie li aveva accompagnati, quando in realtà sarei dovuto andare io con loro..>>
Ogni parola mi trafigge. Solo ora mi rendo conto che il vecchio ha subito le pene dell'inferno, nulla che possa si possa mettere a paragone con i miei di problemi..
<< Cazzo mi dispiace.>>
Riesco a dire. Mi sento una merda per averlo dato per scontato: un "ubriacone fallito", questo ho pensato.
<< Sono trascorsi parecchi anni e ormai ho finito le lacrime. Tutto ciò per dirti che non sono mai riuscito a tornare in carreggiata.. Ho buttato il dolore nell'alcol. Volevano aiutarmi ma rifiutai. La vita è come un gioco ragazzo, nessuno riuscirà mai a colmare il dolore, come nessuno potrà risolvere questi problemi. E sai perché? Perché sei tu a condurlo questo gioco. Puoi decidere se vivere o morire, con tutte le complicazioni che possono esserci. Io ho scelto di vivere così per mancanza di coraggio forse. Ma non ho mai scelto di morire per paura di finire nell'oblio, paura di dover dimenticare i momenti belli con la mia famiglia. È stupido lo so. Anche egoistico perché finisco per scroccare soldi o alcol a ragazzi come te con disinvoltura. Ma ormai sono troppo vecchio per poter rimediare, quindi mi lascio andare e aspetto che sia la vita stessa a scegliere per me.
Siamo noi a condurre il gioco, ma quello che la gente chiama destino esiste.. Semplicemente ci mette di fronte due o più strade da poter percorrere. E siamo noi a scegliere.>>
Quest'ultima frase mi piomba addosso come un secchio di acqua gelata.
<< E come fai a capire qual è quella giusta?>>
Mi sento un povero insicuro nel fare questa domanda a un senzatetto.
Però mi rendo conto che sono proprio persone come lui che hanno combattuto a pugni con il mondo più di altri.
Scrolla le spalle guardando dritto davanti a sé.
<< Non lo sai e basta. Puoi essere calcolatore, puoi lasciarti all'intuito.. ma non potrai mai sapere quale sia quella giusta finché non ne scegli una.>>
Che cazzo di risposta sarebbe?
<< È una totale stronzata.>>
Replico con un filo di delusione.
<< Non è una stronzata ragazzo. Ti faccio un esempio..>>
Il vecchio prende dalla busta le altre due bottiglie e me le mostra.
Che diavolo ha intenzione di fare?
<< Qui a destra abbiamo del Gin, e qui a sinistra del whisky.>>
Mi gratto la nuca sperando di capire cosa voglia dirmi con questa "dimostrazione".
<< Adesso dimmi: se avessi la possibilità di scegliere in base alla bellezza esteriore della bottiglia, quale sceglieresti tra le due? >>
Le guardo bene come un totale idiota ed indico il Gin.
<< Ok, hai scelto il Gin. Ma se invece dovessi scegliere in base a ciò che c'è dentro queste due bottiglie?>>
Senza pensarci due volte indico il Whyski.
<< Ecco vedi?>>
Sorride a mezza bocca.
<< Che cosa dovrei vedere?>>
Non capisco se sono io stupido o se è lui a non spiegarsi.
<< Il fatto che una bottiglia sia più bella di un'altra non significa che dentro ci sia alcol più buono. Mio figlio mi disse: "non giudicare mai un libro dalla copertina" .>>
A questo punto mi si accende una lampadina.
<< Nel tuo caso è stata sfiga. Se avessi scelto il whisky anche alla prima domanda, ti sarebbe andata bene. Ma non potevi saperlo che poi ti avrei chiesto di dirmi quale fosse più buono.
Stessa cosa la vita. Ci vogliono le palle per scegliere la strada peggiore. Ma da questa ne potresti trarre benefici.
Mentre se scegli la strada più facile, ovvero fregartene del mondo e darti all'alcol, non né trarresti nulla.>>
Sento il cervello fare qualche giravolta su se stesso. Adesso capisco tutto..
<< Hai una ragazza figliolo? >>
Placa si silenzio creatosi.
Con questa domanda mi mette ancora più in difficoltà..
<< Si.. beh.. ce l'avevo. Dopo oggi..
Sono già incasinato per conto mio e, nonostante lei mi abbia deluso, la amo.. ma ho deciso di chiudere per non trascinarla in basso con me. Ho fatto un' opera di bene, credo.>>
Mi guarda con sufficienza e scuote la testa.
<< Quella ragazza è l'esatto esempio che ti ho fatto prima.>>
<< Cioè? Che vuoi dire?>>
Nel frattempo il furbetto apre il whisky, ma glie lo lascio fare.
Dovrei assumerlo come terapista, altro che clinica De Marco.
<<Lei lo sa che hai questo disturbo?>>
Annuisco, purtroppo.
Assume una postura eretta e mi lancia un'occhiata compiaciuta.
<< Beh vedi? Lei poteva liberarsi di te per questo. Ma non lo ha fatto.
Tu, caro ragazzo, sei la bottiglia brutta che lei ha scelto. Ha rischiato perché evidentemente, nonostante tutto, vede del buono e del potenziale in te. Pensaci. >>
Cala di nuovo un ellisse e io penso a Rosie e al modo in cui quasi mi supplicava di tornare da lei.. Ha ricevuto da me un trattamento di merda. Se lo meritava, si.
Però vedevo quanto le faceva male sentirsi rifiutata dall'uomo che ama.
Forse l'ho trattata così perché infondo odiavo l'idea che lei, perfetta com'è, potesse amare uno come me.
Lei è sempre stata la sola e unica ad avere fiducia nella persona che sono realmente..
<< È ora che vada. Ti lascio da solo con i tuoi pensieri. Sono Dan comunque.>>
Mi porge la mano sporca carbone, ma glie la stringo lo stesso.
<< Daniel.>>
Dan prima di alzarsi faticosamente fa un lungo respiro per assaporare quest'aria fresca.
Lo guardo poi fare qualche passo ma scatto in piedi prima che lo veda scomparire, anche se è difficile visto che zoppica.
<< Ei Dan.>>
Si volta ed io sfilo due bigliettoni da 500 dalla tasca. Li guarda con aria desiderosa ma non accenna ad avvicinarsi.
<< Prendili. Comprati da mangiare e cercati lavoro.>>
I suoi occhi si fanno lucidi ed io mantengo un profilo serio, anche se dentro sorrido.
<< Allora non è vero che non li avevi due dollari, bastardello.>>
Resta ancora lì e allora mi avvicino io per infilarglieli sul taschino destro del suo cappotto.
Rido alla sua battuta e gli dò una pacca sulla spalla.
<< Io sarò anche giovane e tu vecchio, su questo non ci sono dubbi. Ma sei sprecato qui. E grazie per la sgrullata di capoccia.>>
Si asciuga gli occhi piene di rughe e sono contento di averlo aiutato.
Anche lui ha aiutato me in qualche modo, gli ho restituito il favore.
<< Grazie a te, Daniel.>>

Le parole di Dan mi rimangono impresse fin quando torno a casa.
Quella storia, la storia della sua tragica vita .. è stato assurdo per me ascoltarla, figuriamoci per lui che l'ha vissuta in prima persona. Mi ha fatto pensare a tutto: a me, a mia madre, al mio passato, a Rosie. A tutto quanto.
Sono io a condurre il gioco.
Ho solo pensato al nulla ultimamente.. Non mi sono minimamente chiesto come stesse Rosie, mia madre o anche Bonnie, nonostante ci abbia scambiato due parole.
A questo punto non so se sia vero che non mi interessi di nessuno di loro.
Mi sono immedesimato in Dan, pensando a come sarebbe la mia vita se finissi in un brutto circolo vizioso senza speranza, la paura di non riuscire ad uccidermi se così fosse.
Mi rendo conto che se avessi avuto l'età di Dan non avrei potuto fare granché per riprendermi.
Ma sono ancora giovane, e una speranza potrei anche averla.
Sono sempre stato un mezzo scettico per quanto riguarda l'argomento "destino" vagando tra il crederci e nel ritenerlo una cazzata colossale.
Ma se incontrare oggi Dan sia proprio stato destino?
Adesso sono io a decidere.
È come se il destino - in questo caso l'incontro con Dan- mi abbia lasciato la palla al balzo con due possibilità:
curarmi e fare il possibile per rimettere a posto le cose, oppure continuare come se oggi non fosse mai esistito.
Dan direbbe: "la prima è la bottiglia brutta e la seconda è la bottiglia bella, ma non saprai mai cosa c'è dentro. Devi solo sceglierne una".
E io credo sceglierò quella brutta.

Uncover 2 : Raccontami di una vita perfettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora