Capitolo quattro.

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Harry chiuse Novecento e lo poggiò sul tavolino della veranda. Senza nessun accenno di rabbia. Nonostante quel passo gli avesse evocato malinconia per il ricordo dell'addio di Ben, non riusciva a provare ostilità per le pagine di quel libro. Sapeva che l'avrebbe riaperto e riletto tante altre volte.
Prese tra le dita la Camel blue che aveva poggiato sul bordo del tavolo, ormai ridotta a poco più che un mozzicone. Raccolse l'ultima boccata, con gli occhi socchiusi, ed espirò forte, nel buio della notte. Questo sì, lo fece con rabbia, tanto che il fumo si sparse parecchio lontano. Andando quasi a offuscare, ai suoi occhi, il riflesso della luna sullo specchio d'acqua. Rivolse un ultimo sguardo al lago, e a quella strana locanda che s'intravedeva, ancora illuminata, sotto di lui. L'indomani sarebbe certamente andato a visitarla, anche perché da qualche parte avrebbe pur dovuto mangiare qualcosa. E a parte quella piccola taverna, non sembravano esserci altre possibilità. Avrebbe potuto alzare la cornetta del telefono della stanza per chiedere qualche dritta al portiere notturno, ma se lo immaginò intento nella lettura del suo Tex Willer, con quel fare brusco e sconsolato, e pensò che fosse meglio lasciar stare. 

Rientrò in camera e chiuse per bene la porta della veranda. A quell'ora faceva fresco e voleva evitare di incappare in qualche spiffero notturno. Non aveva sonno ma si sentiva stanco. 
Andò in bagno e si lavò con cura i denti. Ripose lo spazzolino e il dentifricio nel bicchiere e aprì la saponetta confezionata fornita dall'albergo. S'insaponò per bene la faccia e si risciacquò con abbondante acqua fresca. Dopo essersi seduto sul bordo del letto, si tolse le scarpe da ginnastica e le sistemò di fianco al comodino. I pantaloni e le calze li gettò a terra. 
Si buttò sul letto senza nemmeno scostare le lenzuola. Dalla parte opposta alla finestra, come faceva anche a casa sua. E come aveva sempre fatto quando gli era capitato di dormire in un letto matrimoniale da solo. Odiava dormire vicino alla finestra. 
Si mise le mani dietro la nuca e fissò per qualche istante il soffitto, cercando di rilassare la muscolatura che sentiva tesa e contratta. Soprattutto quella della schiena. 

Non ci mise molto ad addormentarsi. 
Sul tavolo della veranda, le casse del computer portatile, che Harry aveva dimenticato di spegnere, continuavano a diffondere musica nel silenzio. 

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Arriverà presto il fatidico incontro!












Tempi sospesi] Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora